venerdì 27 febbraio 2015

La meccanica del cuore - Mathias Malzieu




"Uno, non toccare le lancette.
Due, domina la rabbia.
Tre, non innamorarti, mai e poi mai.
Altrimenti, nell'orologio del tuo cuore, la grande
lancetta delle ore ti trafiggerà per sempre la pelle,
le tue ossa si frantumeranno,
e la meccanica del cuore andrà di nuovo in pezzi."


Bene. Come promesso, eccomi qui. Ho finito di leggerlo questa mattina, dalla parrucchiera, circondata da persone che cliccavano di brutto su tablet e cellulari mentre io, quieta, mi lasciavo trasportare dal ticchettio dell'orologio di Jack, il protagonista del romanzo.

Little Jack è un bambino non desiderato, figlio di una prostituta, e come tale viene partorito in una notte gelida, la più fredda del mondo, in una casa su una collina, dimora di una donna bizzarra, un po' strega e un po' levatrice. Appena sguscia fuori dal grembo di sua madre, la scoperta: Jack è nato col cuore congelato e solo un intervento d'urgenza di Madelaine, la levatrice, può salvargli la vita. E' in quell'istante, appena l'orologio di legno che la donna gli collega al cuore inizia a ticchettare, che la meccanica del cuore batte il primo di una lunga, tormentata serie di rintocchi.
Jack non viene accettato dalla madre; non viene adottato come gli altri bambini bastardi della casa, non va a scuola né ha amici della sua età a causa di quel rumoroso cuore malandato. Non può provare emozioni forti, anche una sola di esse rischierebbe di ucciderlo, ma un giorno, quando ha dieci anni, Madalaine lo porta in città per la prima volta ed è in quei pochi minuti che il suo cuoricino meccanico - o forse quello freddo, di carne e sangue, che giace subito sotto - riconosce nell'aria un ritmo diverso dalle notti quiete della casa sulla collina, dalle storie di Madalaine o dal profumo dozzinale e sporco delle prostitute che vanno e vengano ogni giorno: quello dell'amore e delle nacchere di una ballerina, dita di fata e labbra imbronciate da bambola.
Da quel momento Jack è deciso: farà di tutto per far innamorare di sé la graziosa ballerina, perfino attraversare l'Europa e l'umiliazione pubblica pur di riavvicinarsi a lei, a qualunque costo. Finché...

Finché, esatto. Perché più in là non mi spingerò.
Ci sono colpi di scena. Un paio, almeno. Uno traballante, l'altro discretamente riuscito. Lo stile di scrittura è scorrevole; Malzieu colpisce più per le sue doti indiscusse di paroliere che per quelle di narratore, che restano comunque decisamente superiori a quelle di un altro (a parer mio sopravvalutato) celebre paroliere, Alessandro Baricco.
Eppure, La meccanica del cuore non mi ha convinta del tutto. Le premesse erano ottime, ma poi qualcosa verso metà della storia è deragliato e dalla trama un po' gotica delle prime cinquanta pagine si giunge a qualcosa di completamente diverso, un romanzo d'amore che non risparmia un paio di descrizioni fin troppo esplicite (non gradite dalla sottoscritta). C'è da dire che la trama poi si riprende con un colpo di coda e cambia completamente strada nelle ultime 20/30 pagine, a parer mio molto buone proprio perché scevre dall'eccessivo zucchero delle precedenti. Ora che ne parlo a freddo, però, mi rendo anche conto che il libro rappresenta non solo le età di Jack e del suo cuore, ma anche quelle dell'uomo e dei sogni che lo infestano: all'inizio sono confusi ma sinceri, poi brucianti nell'adolescenza... fino a marcire, se non vengono realizzati, depositandosi anno dopo anno sul fondale delle speranze infrante.

Un romanzo breve ma intenso, discretamente ben scritto, crudo e realistico sul finale: una fine amara per i miei gusti, che può piacere o meno - come tutti i finali.
Consigliato da me medesima, anche perché, bene o male, si tratta di poco meno di 150 pagine: un viaggio di pochi giorni. Un viaggio che - più passano le ore da quando l'ho finito, più me ne rendo conto -, che vi sia piaciuto o no, non dimenticherete.

E voi avete letto questo libro? Che ne pensate?

mercoledì 25 febbraio 2015

Foto dal finestrino - Ettore Sottsass




Ci sono libri che ti entrano dentro.
Frase banale, forse ma non fatta. Non per questo libro.
75 pagine. 26 foto. Copertina azzurro lacrima, quieto e nostalgico come il suo contenuto.

L'ho adottato l'altro giorno, mentre mi aggiravo per la mia libreria preferita - L'altro luogo a Sarzana, in provincia di La Spezia (un po' di pubblicità non fa mai male: siete i migliori, dico sul serio!). Stranamente non ero riuscita a trovare nulla che mi appassionasse, ma un attimo prima di uscire il cuore mi ha dato uno strattone: stupida, voltati, guarda su quello scaffale!
Gli ho dato retta ed eccolo lì, ciò che stavo cercando: il chicco di riso nero - o azzurro, in questo caso - nel sacco bianco, quello che nessuno degna di un secondo sguardo. Quello che chiunque scarterebbe... tranne me. L'ho raccolto fra le mani e l'ho portato via con me. Pagando, ovviamente. E, lungo la strada, mi ha bisbigliato molte storie.
Ciascuna accompagna una delle 26 più belle foto di Ettore Sottsass, architetto purtroppo passato oltre l'orizzonte degli eventi nel 2007, a poco più di 90 anni. Negli anni '90 ha girato per tutto il mondo, cogliendo i dettagli così come io ho colto questo fiore azzurro dal suo scaffale di legno: una foto qui, una lì, e accanto ha annotato una riflessione o una poesia che quell'immagine gli suscitava.

Iran, Italia, Messico, India, Hong Kong... quest'uomo ha visto il mondo, ma - cosa più importante - ha visto il mondo oltre il mondo, quello fatto delle cartacce che la gente butta per strada, dei vetri di bottiglia trasformati in smeraldo da un raggio di sole. Non c'è persona al mondo che avrebbe saputo rendere la stessa giustizia alle stesse immagini. Ciascuno di noi è un microcosmo a sé stante, ciascun paio di occhi può vedere un'angolazione diversa dello stesso panorama: Ettore Sottsass ha visto tutte le angolazioni possibili e ha ritratto questa sua visione "picassiana" con pennellate semplici, gentili - azzurre come una lacrima.

Non lasciatevi scappare questa chicca della fotografia, della letteratura, della poesia: questo libro è la chiave che apre qualsiasi serratura di qualunque cuore.

martedì 24 febbraio 2015

La mia prefazione al libro "Una porta nel borgo" di Carmelo Stelitano



Qualche giorno fa un caro amico e collega scrittore, Carmelo Stelitano, autore di diverse raccolte di poesie e vincitore di molti concorsi letterari di poesia, mi ha chiesto di redigere l'intera raccolta e scrivere la prefazione per la sua nuova silloge: "Una porta nel borgo".
Panico. Emozione.
Mi ci sono messa anima e corpo, ma non vi dirò di più, perché tutto è scritto qui sotto, nella prefazione integrale che vi riporto. Spero che la apprezziate. Spero anche che la apprezzeranno i lettori del libro, la cui uscita è prevista in aprile e del quale curerò la presentazione.
Spero.



Marguerite Yourcenar

E’ da qui che inizia il viaggio.
Da una frase trovata per caso, rovistando tra libri usati simili a cumuli di macerie. E’ a questo che la guerra dell’ignoranza ha ridotto il mondo, un mondo un tempo ubertoso che oggi declassa la cultura alla stregua di polvere da nascondere sotto il tappeto.
Capitali di questi regni della vergogna sono proprio le biblioteche che la Yourcenar tanto ammirava, oggi relegate in strade secondarie, lontane dagli occhi di una gioventù che disprezza tutto ciò che non è immediato, ciò che non si può cliccare o tweettare.
Se ripenso alla mia adolescenza, mi è impossibile sradicarla dal fertile terreno che la biblioteca ha rappresentato per me: mi riferisco a quella di Sarzana, la città dove mi sono diplomata. Era il mio rifugio. Non avevo niente al di là dello studio, capite? Né amici – non all’inizio, almeno – né un’esistenza felice. Studiare era l’unica cosa che mi facesse sentire viva. La biblioteca era l’unico luogo in cui potevo rilassarmi, dove “mettere in pigiama la mente”, per dirla alla Stephen Littleword.
E’ per questo che, quando Carmelo mi ha messo in mano un fascio di fogli chiedendomi di scrivere la prefazione di questa raccolta di poesie, ho accettato. Perché in quel manoscritto ho ritrovato tutto ciò che gli anni mi avevano fatto perdere. Perché ci sono libri più caldi e confortevoli di qualunque pigiama.
La Alice che si è seduta quel pomeriggio alla scrivania con una tazza di tè in una mano e i fogli di Carmelo nell’altra non è la stessa che scrive oggi. E’ questa la magia dei buoni libri: mentre li leggi cambiano continuamente, ora stupendoti, ora facendoti arrabbiare, ora rallegrandoti, e alla fine ti rendi conto che quella che è cambiata davvero sei proprio tu.
Mano a mano che leggevo mi rendevo conto che non era solo la voce di Carmelo a parlarmi attraverso le pagine, ma anche la mia. La Alice del liceo gridava molto, sorrideva poco, ma non tremava mai… ed era lei a parlarmi, forte e chiaro attraverso gli anni: Alice e Carmelo, due ragazzi separati da mezzo secolo di storia, entrambi innamorati di una biblioteca, delle aule silenziose, del profumo dolce dell’inchiostro. E mi sono resa conto, con stupore, che nonostante la biblioteca di cui parlava Carmelo nel manoscritto fosse quella del mio paese (abito a Santo Stefano dai tempi della terza media), io non c’ero mai stata. Dovevo rimediare.
  Così, sono partita. Un filo di rossetto, la giacca sulle spalle e via, in macchina verso il borgo. Il manoscritto di “Una porta nel borgo” sobbalzava dolcemente sul sedile accanto a me. E’ stato nel parcheggio che ho letto le ultime pagine, quelle in cui Carmelo ha diligentemente riportato la storia della nostra chiesa. Leggendo delle confraternite cadute in rovina per aver donato ogni risparmio per la costruzione della chiesa mi sono commossa, ho sperato e gioito quando l’ultimo mattone si è seccato al sole di trecento anni fa, scrivendo la parola fine a una serie di sacrifici protrattasi per decenni.
Lì, nel parcheggio di Piazza Garibaldi, ho imparato cosa significa essere santostefanese, ma ancora mi mancava un pezzo fondamentale del puzzle: vivere Santo Stefano, dopo averne letto la storia.
Sono partita dal titolo: “Una porta nel borgo”. Ho cercato quella porta, vagando per quelli che affettuosamente Carmelo ricorda come borgo dritto e borgo storto, sentendomi più simile alla vecchia Alice di quanto non mi capitasse da anni. Da sempre la gente mi chiede se io sappia dov’è il Paese delle Meraviglie, ma solo quel mattino ho sentito la risposta stretta fra le labbra.
Ogni anfratto del borgo profumava di affumicato, di paioli di rame allineati al sole, di lavanda secca. Più camminavo, più sentivo l’anima del paese penetrare dentro di me, le poesie di Carmelo gridare dalle pagine che tenevo strette al petto. E’ una sensazione che auguro a tutti: sentire voci che sussurrano, vedere volti che sfumano all’alba come sogni notturni. Santo Stefano era deserta, ma per me, Alice nel Paese delle Meraviglie, pulsava di una vita medioevale, le donne con la cuffia bianca in testa, gli uomini in maniche di camicia seduti a cassetta sui carri trainati dai muli. Quegli odori pungenti mi hanno accompagnata fino al cuore del borgo, in quella che Carmelo chiama ancora Piazza Castello; ed ecco, alla mia sinistra, apparire la porta.
Troverai dei gradini, mi aveva detto lui. Scenderli mi ha dato una sensazione strana, come se dal quieto silenzio del borgo piombassi nella realtà rombante della Cisa. Guardando le macchine sfrecciare verso Aulla mi sono sentita fortunata: quei guidatori non avevano che un metro d’aria per strombazzare la loro rabbia, a me è bastato fare pochi passi per tornare dove tutto è pace, dolce e calmo come la carezza di una madre.
E’ questo l’effetto che vi farà leggere questo libro: tornerete a casa. Vi consiglio di farlo come ho fatto io, con calma, bevendo un buon tè, magari facendo una passeggiata su in paese. Forse mi imiterete e rimarrete un po’ qui, o forse no. Forse vi accorgerete che la biblioteca è aperta, come me, e allora vi farete coraggio ed entrerete… o, forse, no.
Non esiste un modo giusto per leggere delle poesie. Ma se vi chiuderete la porta della biblioteca alle spalle, se vi chinerete a sfiorare la copertina di un libro o due, allora scoprirete che il punto di arrivo è a un soffio da quello di partenza. Tutto sarà ciclico, ritmico e naturale come il battito del vostro cuore.
A voi, così come Carmelo ha fatto con me, lascio in dono la primavera di queste pagine. Mai l’inverno dello spirito paventato da Marguerite Yourcenar è stato più distante.

Alice Bassi






lunedì 23 febbraio 2015

Lunedì...





Viaggiare.
Una parola magica, capace di proiettarci già verso un altro dove o un altro quando; viaggiare nel tempo e nello spazio, nell'infinitamente piccolo e nell'infinitamente grande. Diventare la frusta di Ramses, lo schiavo frustato, il primo uomo a poggiare il piede su Marte; il proiettile che uccise J. F. Kennedy; la specie non ancora scoperta che vive nel buio glaciale a migliaia di metri sott'acqua.

Quando è lunedì, e soprattutto questo particolare lunedì, vorrei fare tutte queste cose e mille altre... ma non ne ho la forza. Sono giù di morale, mi aggiro come un fantasma per casa; il sole non mi scalda e la penna trema tra le dita. Troppo spesso nelle ultime settimane mi sono sentita così, e la cosa peggiore è che non so nemmeno da dove sia venuta tutta quest'angoscia. Non dovrei parlarne qui, non dovrei annoiarvi, ma queste sono pagine pure per me, nulla di tutto questo verrà mai pubblicato; sono solo le mie memorie, disperse nella rete che moriranno col tramonto dell'uomo e la vittoria della pietra sul computer.

Entrare nel paese di Narnia. Viaggiare in compagnia di Frodo, riscoprendosi a fissargli troppo intensamente le pieghe della camicia sotto il collo. Cavalcare al fianco di Merida, scoccando frecce verso l'infinito.

Libri e film, musica, fumetti e videogiochi, un mix di avventura e sogno che ci permette di dimenticare le pene del presente e traslocare, almeno temporaneamente, altrove. Non riesco a leggere molto in queste sere, forse perché La meccanica del cuore di Malzieu, pur partendo bene, non mi sta trasmettendo alcuna emozione, ma questo è un problema facilmente risolvibile; non riesco a scrivere un granché e questo è un grosso problema per me. Scrivere è la mia identità: non si tratta solo di un passatempo, o di un sogno. Alice è scrivere, il che porta a due dirette conseguenze: da un lato, la mancanza di fiducia in me stessa quando non scrivo; dall'altro, la perdita d'identità quando non scrivo. E' dura riuscire a spostare il baricentro della mia identità. Eppure mi chiamo Alice: dovrei essere abituata a perdermi e viaggiare. Invece, niente.

Accendo un incenso, mi spruzzo una nuvola di profumo; quando il cervello inizia a divorare se stesso, esco a fare una passeggiata. Il mondo ha sempre una meravigliosa capacità di sorprendermi, ma l'altro mondo, quello di fogli appallottolati e aspettative autodistruttive, mi aspetta sempre oltre la porta di casa mia. Quel mondo è come un mostro informe, sa che non deve rincorrermi: sarò io a tornare da lui, prima o poi. Per mangiare, dormire, supplicare le mie dita di battere i tasti giusti sulla tastiera del PC. Per indossare la maschera. Ma questa è davvero la mia maschera? O forse la maschera è quella che indosso fuori, quando vado al lavoro e conto i minuti che mi separano dalle prossime ore a casa, ore di speranza e dannazione in cui forse potrei scrivere un po'?

Forse questo è un post troppo personale, o forse no. Ma sono nuda, di fronte a voi, come ogni scrittore. Scrivere è mettersi a nudo. No, questa non è la mia maschera. Io voglio scrivere per tutta la vita. E' solo che ho paura. Sono terrorizzata dall'idea di non farcela.

Prego e attendo i vostri consigli: come vi rilassate? Cosa fate quando l'ansia prende il sopravvento?

domenica 22 febbraio 2015

Per aspera ad astra: cosa significa?





Domenica: un giorno uggioso, lame di pioggia sul vetro, il letto troppo caldo, la vita troppo fredda. Per me non è mai stata una giornata di festa, bensì un pre-lunedì, un preludio all'inizio di un'altra settimana di fatica.
Che allegria, neh?

Ma!
Per stemperare quest'atmosfera scolorita vorrei parlarvi del nome del blog, Per aspera ad astra. Buffo, no? Sono mesi che scrivo, che chiacchieriamo insieme, eppure non ho mai spiegato né il significato di questa frase, né - molto più importante - cosa rappresenta per me.
Vediamo di rimediare ;)

"Per aspera ad astra" significa, letteralmente, "attraverso le difficoltà, verso le stelle": un invito a puntare sempre in alto, dunque, senza farsi abbattere dalle avversità della vita. Può sembrare un consiglio banale, ma ci sono sassi che, se spaccati, rivelano un prezioso smeraldo.
Questa frase è lo stesso. Un sasso, una citazione fra mille altre, ma per me, la Alice che non ha mai conosciuto il Paese delle Meraviglie, significa molto di più che mettercela tutta: anche la mia vita è solo una fra le tante, un sasso in una ghiaionata, ma per me è l'unica che abbia significato, nel senso che non ne vivrò mai un'altra: sono io, solo io, da quando nasco a quando muoio. La mia vita può intrecciarsi con mille altre, ma non perderà mai colore, né assorbirà il sapore delle altre. E di asperità, in questa vita, ne ho incontrate non poche.

Tutti viviamo momenti difficili, certo; in tanti hanno avuto un'infanzia complicata, un'adolescenza da incubo... certo. Ma per me il passato è come una radice nascosta, minacciosa: allunga le sue propaggini nella terra, frugando e strisciando sempre più verso il presente. Qualche volta, mentre fuggo nel bosco in cerca del Paese delle Meraviglie, quelle radici spuntano fuori e mi attanagliano le caviglie; sono caduta molte volte, ma proprio quando iniziavo a venire trascinata all'indietro, ho puntato gli occhi sulle stelle, le magnifiche nebulose siderali, e quelle hanno incendiato le mie iridi di nuovo fuoco.

Le stelle, l'universo... sono più che una passione per me. Adoro l'astrofisica, l'astronomia; sedermi su una collina ad attendere che faccia buio, un bicchiere di carta in mano, il profumo di caffè bollente nelle narici. Non c'è una sera, quando torno stanca e demoralizzata dal lavoro, in cui io non alzi gli occhi al cielo e tracci col dito i vecchi disegni delle costellazioni. Allora mi sento meglio. Casa è lassù, il Paese delle Meraviglie è lassù; forse su un esopianeta - i pianeti morfologicamente simili alla Terra e quindi candidati per ospitare la vita, se solo non fossero così irraggiungibili con i mezzi tecnologici attuali -, forse in un luogo fantastico al di là del nostro universo, dove le leggi della gravità non hanno alcun significato e la gente cammina a testa in giù, proprio come la Alice del cartone Disney pensa che facciano le persone dall'altra parte del pianeta.

Non è facile condividere una passione simile con qualcuno; non conosco nemmeno qualcuno che ami la fantascienza come genere letterario, eppure io non leggerei altro. Talvolta è dura, ma queste sono solo piccole asperità: il vero premio è lassù, tra le stelle, dove spero con i miei romanzi di poter, un giorno, brillare.

E voi?
Qual è la vostra passione? Ce n'è qualcuna che non riuscite a condividere con nessuno?

sabato 21 febbraio 2015

Il pacco delle meraviglie!




E' arrivato!
Il pacco Amazon è arrivato, è arrivatoooooooo!
Cioè, sono andata io a prendermelo grazie al pessimo servizio di GLS, ma sono quisquilie, fanfaluche! Sono troppo contenta per voler radere al suolo ogni loro filiale *_*

Ecco i miei tesori arrivati a destinazione (si capisce che, a parte il sequel di Osama Game, sono nel mio periodo "vittoriano"?) e sono bellissimi, profumati d'inchiostro e carta porosa, succulenta, una vera goduria!
Il mio preferito, il mio cocchino del quartetto è quello in alto, le lettere di Vita Sachville West e suo marito Harold Nicolson *_* dai, non lasciatemi sola a gioire, possibile che a nessuno piaccia la letteratura dell'epoca vittoriana e post-vittoriana? Gita al faro? Mrs. Dalloway? Tenera è la notte?

C'è qualcosa di magico, contemplativo e pacifico in queste pagine, nelle descrizioni accurate, nella scelta squisita degli aggettivi. Leggete qui:

"Quando ci siamo sposati, tu eri più vecchio di me, e assai meglio informato. Io ero molto giovane, molto ingenua, e non sapevo nulla dell'omosessualità. Non sapevo neanche che una cosa del genere esistesse, né fra uomini, né fra donne. Avresti dovuto dirmelo. Avresti dovuto mettermi sull'avviso. Avresti dovuto raccontarmi di te, e avvertirmi che una cosa del genere poteva succedere anche a me. Ciò ci avrebbe risparmiato un sacco di dolori e malintesi. Ma io, semplicemente, non lo sapevo.

(lettera da Vita S. West ad Harold Nicolson - 1960)" 

Non è magnifica? Oh, io l'adoro *-*
Tra l'altro la tematica dell'omosessualità è molto presente nel circolo di amici di Virginia, Violet e Vita (per non parlare della sorella di Virginia, Vanessa, per completare il quadro di V - anche questa lettera, sentite?, il suo suono velato, liquido ma nostalgico...) e soprattutto nel triangolo fra loro tre, un triangolo d'amore che viene ritratto proprio in Broderie Anglaise di Violet Keppel Trefusis, dove ciascuna delle tre amiche viene rappresentata da un alter ego, ciascuno dei quali scoprirà la verità su se stesso e su ciò che alberga veramente nel cuore degli altri due nell'arco di un solo pomeriggio, tre amici e amanti seduti in salotto di fronte al profumato tè inglese delle cinque...
Ah, che meraviglia!

E voi? Avete mai letto questi libri, vi piace l'epoca vittoriana? Ovviamente non parlo della figura femminile castrata che c'era all'epoca, quella dell'angelo del focolare, ma l'atmosfera in generale, la letteratura, la pittura? Parigi e Londra, due capitali che si sfidavano a colpi di penna e pennello, due meteore ardenti nella notte?

venerdì 20 febbraio 2015

Una buonanotte dolceamara




Credo che la foto esplichi tutto il mio pensiero XD
A parte scherzi, avrei voluto scrivere un bel post anche oggi, magari qualche riflessione o una recensione di qualche raccolta di poesie, ma sono state diverse le cose ad andare storte lungo la giornata e a questo punto sono talmente stanca e piena di sonno da non riuscire a partorire due frasi messe di fila >_<

Perdono!
Amnistia!
Prometto che domani mi rifarò, anzi, se volete lasciarmi un commentino dicendomi quale libro o film avreste sempre voluto vedere ma sul quale avete sempre nutrito qualche dubbio, sarò felice di farci sopra una recensione, sempre che io lo abbia letto/visto ovviamente :D

Che poi, fra le domande più banali da potervi porre, finora non ve l'ho nemmeno chiesto: che libro state leggendo in questo momento?
Io mi sto dedicando a La meccanica del cuore di Malzieu, direi dalle parti del realismo magico, trama interessante: un bambino nasce con un difetto cardiaco, o meglio, con il cuore completamente gelato. Madelaine, la sua levatrice, decide di tenerlo con sé dopo che la madre lo ha ripudiato e gli applica un congegno meccanico al cuore in modo che l'orologio lo aiuti a battere. Tutte le emozioni forti sono mortali per lui, comprese la rabbia, la paura... e, soprattutto, l'amore. Ma al cuore non si comanda, e...

E devo finirlo. Cioè, sono ancora a metà, quindi non potrei davvero dirvi più di così XD
Per ora mi sembra ben scritto, digeribile e scorrevole, forse non proprio il mio genere di libro ideale ma comunque piuttosto interessante: aggiunge una spruzzata di fantastico alla bigia insalata metropolitana di tutti i giorni.
Vi farò sapere come sarà quando l'avrò finito, sicuramente ci scriverò sopra una recensione!

Ah, P.S.: Quei GENI di Gls non sono venuti e così il pacco che aspettavo da Amazon è rimasto in giacenza alla centrale. Ora, non dico di venire nelle tempistiche previste, non oso chiedere tanto, ma almeno evitare di scrivere che non ero in casa quando nessuno si è mai presentato sarebbe carino. Cooomunque, domattina se starò meglio - ho un po' di febbriciattola - andrò a ritirarlo di persona alla sede in città! Per dirla alla Medioman, vediamo chi si stanca prima!

A domani Fedeli Lettori, spero tanto di trovare qualche commento al mio risveglio :) so che sono appena agli inizi ed è normale avere poche persone che scrivono, ma fra poco scivolerò nel mondo dei sogni sperando che presto si trasformino in realtà!

Buonanotte a tutti!

giovedì 19 febbraio 2015

Si ride e ci s'infuria.



Ho la febbre ç_ç groan.
E' solo la terza volta quest'anno (yeeh) e ormai mi sto chiedendo se non farei un favore al mondo a spararmi un colpo in fronte, ma!, sorvolando sui miei istinti pseudo-suicidi, ci sono anche cose che mi fanno venir voglia di gridare dalla gioia: AMAZON! DOMANI ARRIVA IL PACCOOO *_*

Cioè, l'altra sera ho visto un programma dove un tizio si comprava un quadro di Vermeer per qualcosa come 5 milioni e mezzo di euro mentre io mi emoziono per un pacco di libri sui quali ho risparmiato tutto il risparmiabile, però va beh, a ognuno le sue gioie *_*

Me felice! Me gioiosa et gaudente!
Faccio un solo acquisto così importante ogni diversi mesi e ora finalmente è giunto il mio momento *_*
Ho comprato un sacco di libri, a parte un videgioco per il Nintendo 2DS (non giudicatemi) che non è mai uscito in Europa - The world ends with you - ma del quale ho letto meraviglie:

- Osama game, il gioco del re: la fine? di Kanazawa
- Broderie Anglaise della Trefusis
- Una stanza tutta per sé della Woolf
- Vita e Harold, lettere di Vita Sackville West e Harold Nicolson (1910-1962) della S. West

Yeeeeeeeeeh!
Inoltre ho anche approfittato della promo sui dvd di Amazon e mi sono accaparrata a tipo 5 euro l'uno o poco meno Un topolino sotto sfratto, Cattivissimo Me (mai visto ma dicono sia tanto bello) e Chi ha incastrato Roger Rabbit?, più un paio di DVD per conto delle mie carissime amiche Maura e Sabrina!

Non vedo l'ora che domani arrivi il pacco, strappare il cartoncino, immergerci dentro le mani e tirare fuori questi magnifici reperti come suppellettili preziose da aggiungere alla mia collezione. A voi capita mai? Di sentirvi leggeri, una dama dalle vesti di vapore, magari solo per un minuscolo chicco di luce nelle vostre vite?

A proposito: sono a quota 33 poesie, un romanzo finito, diversi racconti lunghi e brevi scritti e sto iniziando a lavorare al nuovo romanzo. Spesso ho paura di non farcela, di non riuscire a sostenere il peso di tutta questa responsabilità - peggio, di non essere più in grado di scrivere. E se non diventassi mai la Alice che ho progettato per tutto questo tempo? Se non raggiungessi mai il sogno che coltivo fin da bambina?
Ci sono giorni in cui mi sembra di annaspare in un lago di fango, il nero scivola dentro di me fino a lasciarmi una cannuccia al posto della trachea per respirare, ma sempre più frequenti mi sorprendono i giorni di gioia, giorni in cui tutto mi sembra possibile e la paura di un tempo una buccia fredda abbandonata per strada. Guardo fisso davanti a me, non mi volterò; "non andartene docile in quella buona notte" scriveva Dylan Thomas, ed è quello che farò. Non cederò alla paura. Lotterò, giorno dopo giorno, un pugnale stretto tra i denti e la penna in pugno.
Alice, la mia peggior nemica e migliore amica, non ha alcun potere su di me.


"Non andartene docile in quella buona notte,

I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
Infuria, infuria, contro il morire della luce!

Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
Perché dalle loro parole non diramarono fulmini
Non se ne vanno docili in quella buona notte,
I probi, contro l'ultima onda, gridando quanto splendide
Le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
S'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce!"

D. Thomas

mercoledì 18 febbraio 2015

Julie & Julia




E dopo esserci sollazzati con fior fior di recensioni impegnate, eccoci alla svolta light: Julie & Julia (regia di Nora Ephron, 2009), un film da guardare alla Bridget Jones, con patatine, pigiamone e eyeliner sfatto a fine giornata.

Trattasi di una storia, o meglio di due storie che si intrecciano, tratte dal romanzo Julie & Julia. 365 giorni, 524 ricette, una piccola cucina di Julie Powell e My life in France di Julia Child e Alex Prud'homme: due donne, separate da cinquant'anni di storia e migliaia di chilometri di distanza, lottano per combattere il grigiore insapore della propria vita e affermarsi per ciò che le appassiona: la cucina nel caso di Julia Child, aspirante cuoca degli anni '50 destinata a diventare leggenda; e Julia Child per Julie Powell, telefonista per il call center della società che si occupa di ricostruire la zona colpita dall'attentato dell'11 settembre 2001.

Julie voleva fare la scrittrice, ma dopo aver buttato giù una buona metà del romanzo... beh, si è stufata. Continua a trovare nuovi alibi, ma la brutale realtà è che non ha mai finito niente nella sua vita e ora si ritrova imbottigliata in un impiego amministrativo opprimente e senza prospettive, mentre le sue "amiche", superficiali e frivole, hanno tutte sfondato nei loro settori.
Dopo aver vagliato diverse possibilità, Julie decide di iniziare a scrivere un blog ispirato a Julia Child, il suo idolo, e al suo libro di ricette: in 365 giorni di tempo dovrà realizzarle tutte e 524 e questo diventerà non solo il suo hobby, ma anche il suo rifugio, la sua passione e il passaporto per una vita di successo. Seguirà un'infilata di divertenti situazioni rocambolesche, come nelle migliori tradizioni dei film del medesimo genere (da Il diavolo veste Prada a Il diario di Bridget Jones), da gustare con una ciotola di patatine e i calzettoni di lana comodi comodi mentre il vostro gatto vi guarda con rimprovero.

Ottima l'interpretazione di Amy Adams nel ruolo di Julie, stranamente mi ha convinta meno Meryl Streep con la sua Julia Child un po' svampita, ma forse la vera Julia era davvero così e io non l'ho apprezzata per mancanza di conoscenza del personaggio storico. Svampita o no, Julia è una donna molto innamorata del marito che, con il suo costante supporto e a causa del suo lavoro nei servizi segreti americani, è costretta a trasferirsi a Parigi. Qui tenta di trovare un hobby che la sappia emozionare.

Dopo vari tentativi poco entusiasmanti, finalmente Julia approda alla cucina, ma l'ambiente che la accoglie non è affatto caldo e rassicurante: l'insegnante della scuola è una donna ruvida e scortese che la umilia in ogni modo, ricordandole costantemente quanto sia priva di talento. Julia, determinata a diventare una Cuoca con la c maiuscola, si iscrive all'unico corso professionale avanzato, disponibile solo per uomini e per mesi combatte contro ogni avversità, studiando la lingua francese e riuscendo a eccellere in cucina alla pari con i suoi colleghi maschi. Conosciute due amiche coinvolte nella stesura di un libro di ricette francesi destinato agli americani, impiega poi i dieci anni successivi in questo nuovo progetto, anni difficili fatti di traslochi, del dolore di non riuscire ad avere figli, ma anche del supporto incrollabile dell'amorevole marito (Stanley Tucci, ottima interpretazione - come sempre - ma coppia pessimamente assortita: dai, come marito e moglie sono assurdi insieme, ammettiamolo!).
Le due storie s'intrecciano sempre più fino a quando...


Beh, ormai lo sapete. Fino a quando non vi ritroverete alle nove di sera, un po' malinconiche, un barattolo di gelato e la copertina coi cuori sulle gambe (non necessariamente depilate, ndr). Allora forse troverete questo film e lo guarderete, e allora riderete, ingoierete bocconi eccezionali e altri amari, ma tutti contribuiranno a creare il sapore unico che ha la vita di queste donne - la vita di ogni donna. La vita.

Non sarà il film impegnato da gVande cVitico letteVaVio, ma a me è piaciuto :)

E voi? L'avete visto? Avete film del genere da consigliarmi, per quando sono morta cerebralmente dopo una giornata di lavoro (guardacaso, a un call center anch'io) e trentordicimila impegni?

martedì 17 febbraio 2015

Folle indecisione: acquisti librosi!





Clicco?
Non clicco?
AAARGH!
Amazon vuole il mio male ç_ç
Dovete sapere che la mia sugli acquisti online è una tecnica infallibile ma deleteria, nel senso che aggiungo al carrello tutto ciò che vorrei, poi piano piano, piano piano, mese dopo mese compro un libro o un film, o magari un paio... il problema (naturalmente) è che ogni volta che vado su Amazon finisco per individuare qualche altro libro che vorrei (naturalmente), imperccioqquindi (come c'era sempre scritto sul mio vecchio tomo di storia al liceo) finisco col ritrovarmi con una lista infinita di roba super bellissima che vorrei sempre smaltire. E c'è di più, perché quando finalmente riesco a mettere le zampine su alcuni libri, mese dopo mese, ne ho già talmente tanti da leggere (naturalmente) che, per quanto io sia veloce, si crea una piramide del tipo unico-oggetto-visibile-dallo-spazio-oltre-la-muraglia-cinese.

Ma!
Tornando a noi.
Questo mese i miei cocchini, i miei favoriti, sono:

"Broderie Anglaise" di Violet Trefusis
"Una stanza tutta per sé" di Virginia Woolf
"Vita e Harold. Lettere di Vita Sackville-West e Harold Nicolson (1910-1962)" di V. S. West
"Osama game - il gioco del re: la fine?" di Kanazawa che in tanti mi avete chiesto di leggere per aggiungere la recensione a quella del precedente romanzo dello stesso autore >_<


Ne ho già spostati fuori dal carrello in attesa un sacco... ma questi li vorrei ç_ç mica qualcuno di voi ha letto Broderie Anglaise o quello di Kanazawa e mi sa dire se ne vale la pena?
E' un periodo che sono super coinvolta dalla letteratura vittoriana e post-vittoriana, in special modo il triangolo amoroso e letterario le cui punte vedono brillare Virginia Woolf, Vita Sackwille-West e Violet Trefusis... ho sempre amato questo genere letterario e soprattutto quel periodo letterario, inoltre ho scoperto che la mia eroina fra le tre - Violet Keppel Trefusis - è sepolta nel Cimitero degli Allori a Firenze, ci devo troppo andare! Sapevate che lì hanno sepolto anche Oriana Fallaci? Qualcuno c'è mai stato?

Passo e chiudo... e mi sa che clicco XD

Pomi d'ottone e manici di scopa - Mary Norton




La mia navicella spaziale non è l'unico mezzo di trasporto nell'universo dei libri: c'è chi usa, come Miss Price, un manico di scopa o il vecchio pomolo di un letto d'ottone.

L'autrice è Mary Norton (sì, la stessa della saga degli Sgraffignoli, ndr), il cui stile è un inconfondibile mix di magia, humor inglese e fluidità di narrazione. In questo libro non solo ritroviamo la leggerezza e l'abilità descrittiva della Norton di Sotto il pavimento, ma ne saggiamo anche l'abilità di storiografa e le tinte fosche, laddove la sua penna s'immerge nell'inchiostro più nero della seconda metà del libro.

La storia, dalla quale è stato tratto anche un celeberrimo film in tecnica mista con Jessica Lansbury, è quella che tutti conosciamo, con qualche differenza rispetto alla pellicola: tre bambini (splendida l'idea dell'incipit: i personaggi vengono presentati come un bambino di circa 6 anni, uno di circa 10 e una "più o meno della tua età", catapultando così immediatamente il lettore nella trama) vanno a trascorrere alcuni mesi da una zia, in una tenuta in campagna dove le giornate passano uggiose fino a quando l'integerrima Miss Price, una giovane donna del paesino, non fa la sua comparsa.
Fin da subito i bambini scoprono la realtà che si nasconde dietro la facciata di integrità e perfetta educazione della donna; ella infatti è una strega apprendista e per far sì che i bambini non rivelino il suo segreto gli fa dono di un incantesimo: ogni volta che lo gireranno avvitandolo sul suo perno del letto di uno dei tre bambini - il piccolo Paul - questo li porterà ovunque, nel tempo così come nello spazio.
All'inizio i tentativi dei bambini sono maldestri, ma dopo le avventure più variegate il terzetto, insieme a Miss Price, giunge addirittura nel medioevo durante il periodo dell'incendio di Londra, avvenuto nel 1666. Qui conoscono Emelius, un sedicente negromante che dopo aver passato del tempo nel futuro con loro verrà indagato per stregoneria e condannato a morte sul rogo.
E' allora che i bambini e Miss Price...

Eh, sì. Coitus interrumptus. In altre parole, ve lo dovete comprare per gustare l'ultima parte, a mio avviso la più fantastica, intensa, meglio descritta proprio per la ricostruzione storica e per la cruda realtà dell'epoca.
Ricordo che anche il film mi piacque molto da piccola, purtroppo però l'ultima volta che provai a vederlo un paio di anni fa - nonostante io ami i film d'animazione di ogni genere - non riuscii ad appassionarmici più di tanto per le troppe scene animate frammiste a quelle con attori in carne e ossa, simili a quelle di Mary Poppins (la memorabile sequenza dei pinguini, ndr).
Quindi, voto massimo al libro, che come quasi sempre supera di gran lunga la trasposizione cinematografica. Sono pochi gli esempi contrari (ovviamente sempre secondo i miei gusti), al momento me ne sovvengono solo due: Into the wild e Trainspotting. Del primo ho apprezzato infinitamente di più il film, del secondo una cara amica mi ha detto la stessa cosa: buon film, libro noioso. Almeno, secondo lei.

E voi? Ci sono film che avete preferito ai libri? Avete mai letto questo capolavoro della Norton?










lunedì 16 febbraio 2015

Il curioso caso di Benjamin Button - F. S. Fitzgerald



Curioso a dir poco.
Punto primo, il fatto di averlo scovato su uno scaffale per bambini. D'accordo, parliamo di una novella che un ragazzino può tranquillamente amare e dalla quale può anche trarre qualche insegnamento, ma vedere Fitzgerald insieme a Bianca Pitzorno (pur con tutto l'amore che nutro per quella donna) mi ha un attimo destabilizzata.
Punto secondo: è scritto da Fitzgerald. FITZGERALD. Nel '22! Cioè... mister Il grande Gatsby, mister Maschiette e filosofi, mister ruggenti anni '20 tra cocktail, piume tra i capelli delle signore, ubriacanti feste in maschera in casa di giovani artisti. Fitzgerald. Su uno scaffale per bambini insieme a Storia del gallo Sebastiano e La magica medicina (titoli che peraltro amo). Lui. Boh. Trauma.

A parte questo, il racconto, dal quale è stato anche tratto un film con Brad Pitt e Cate Blanchett (decisamente peggiore del libro, a mio gusto) è godibile e ricalca lo stile inconfondibile dello zio Francis, un ritmo come di vecchie canzoni di Cole Porter, per intenderci. Let's do it, You've got that thing. You do something to me. E' un ritmo frivolo, leggero ma cadenzato, quasi musicale.

La trama non potrebbe essere più semplice: un uomo, in attesa di diventare padre, finalmente riceve la tanto attesa chiamata. Corre in ospedale, ma tutti lo trattano in maniera scorbutica e con il terrore negli occhi, chiedendogli se non si vergogna per la cattiva luce nella quale ha gettato il nome dell'ospedale. Pazzo di paura, l'uomo arriva finalmente nella stanza dove riposano tutti i neonati... e lo vede: suo figlio è molto diverso dai bei bimbi implumi nelle altre culle. Non è affatto un bimbo, meno che mai implume.
E' un vecchio.
Da qui partono le peripezie di Benjamin Button e della sua famiglia, che da quel momento in avanti si troverà suo malgrado al centro dei pettegolezzi della nazione. E le sorprese non sono finite: infatti, più passano gli anni, più Benjamin sembra ringiovanire. E' così che, mano a mano che sente le forze scorrergli sempre più nelle vene, Benjamin infila uno dopo l'altro tutti quei risultati normali per qualunque bambino, ragazzo e adulto (solo che qui siamo nell'ordine dell'adulto, ragazzo e bambino), dal lavoro, alla scuola, all'amore della sua vita, per non parlare dei figli. Gli anni continuano a passare e Benjamin ringiovanisce sempre più. Finché...

Già. Finché.
Fitzgerald ha stravolto tutto, tutte le regole e gli schemi prestabiliti non solo dalla società benpensante ma anche della fisiologia umana, eppure la sostanza - ed è qui che sta la genialità dell'opera - è sempre la stessa: non importa da che parte s'inizia la vita, se dalla nascita o dalla morte, dalla giovinezza o dalla vecchiaia, perché in ogni caso ci sarà sempre un momento in cui, per un verso o per l'altro, cesseremo di esistere e torneremo nel nulla. La paura dell'ignoto resta invariata, e questo perché è l'ignoto stesso a pervadere sempre la nostra esistenza, che invecchiano o ringiovaniamo.
Il curioso caso di Benjamin Button è anche un inno alla tolleranza per il diverso e le peculiarità di ciascuno, un invito coraggioso per l'epoca in cui è stato scritto quando ancora metà del tessuto sociale - parlo delle donne - veniva ancora ritenuto inferiore agli uomini, per non parlare della feroce lotta all'omosessualità che si conduceva in quegli stessi anni ai danni, per fare un esempio a me molto caro, della storia d'amore fra la prorompente e geniale Violet Trefusis e Vita Sackville-West, entrambe grandi amiche di Virginia Woolf.
In più occasioni la gente insorge contro Benjamin, dicendogli in malo modo che dovrebbe smetterla di comportarsi così, di ritenersi speciale rispetto agli altri, ma la verità è che non è lui a essere diverso come prodotto del proprio pensiero: non cogito ergo sum, bensì sum ergo sum. Benjamin non può essere altri che se stesso, così come tutti noi: è inutile colpevolizzarci per le nostre manchevolezze o i nostri pregi, tutto ciò che possiamo fare è, come fa Benjamin, accettare noi stessi e abbandonarci allo scorrere del tempo realizzando ciò che desideriamo con passione e ardimento.

Ricordo che qualche anno fa vedetti anche il film, ma non mi piacque affatto. Un vero peccato, perché il materiale era ottimo e ci si poteva cavare fuori qualcosa di veramente unico, ma ne rimasi talmente tanto delusa che quasi non avrei nemmeno comprato il libro, se solo non mi fossi soffermata sulle prime righe... righe che sono diventate pagine, una dopo l'altra, finché - senza fiato - l'ho finito. Bello, bello veramente. Lo consiglio a tutti.

Riflessioni di oggi, riflessioni di ieri

Pioggia. Cerchi di caffè sui fogli sparsi sulla scrivania. Aidan fa le fusa sul letto accanto a me (il MIO letto, ndr). E io, pensierosa, scrivo.
Di me e di voi, lettori fantasmi, echi di tasti battuti dietro un computer. E' solo un giorno che ho ripreso in mano il blog e già non posso farne a meno. Mi aiuta a disintossicarmi, in un certo senso; c'è un tarlo orrendo dentro il cervello di ogni scrittore, una vocina fredda che non smettere di ripetere quanto sia stupido scrivere se nessuno ti legge o ti pubblica. Certi giorni ferisce come una lama.
Oggi va meglio. Scrivo qui perché mi va, perché lo decido io. Scaccio le voci e ingurgito altro caffè.
Sto pensando alla nuova recensione: Il curioso caso di Benjamin Button. Ho trovato il libro in un luogo dove non sarebbe dovuto essere: in uno scaffale di libri per bambini. A voi non capita mai? Vi aggirate in libreria, sfiorando le coste dei libri; d'un tratto un titolo vi trafigge al muro come falene e voi non potete far altro che salvarlo, sì, perché a casa vostra sarà al sicuro dalla polvere e dall'abbandono: voi lo amerete.
Dio, quanto sono arrugginita. A forza di revisionare il mio romanzo, ora nelle mani della Neri Pozza in attesa di valutazione, ho dimenticato come si fa a scrivere di getto. Vorrei che le mie mani diventassero enormi e mi strappassero via tutta questa pelle, allora la farfalla Alice potrebbe spiccare il volo di nuovo. Sei sveglia, farfallina? O qualcuno ti ha convinta a dormire per sempre, le belle ciglia nere, la peluria dorata sulle gote?


domenica 15 febbraio 2015

La tela animata - Le tableau




L'ho appena finito di vedere.
Sono senza parole.
Mentre io cerco di raccogliere idee e pensieri, rievocando alla mente i disegni e i concetti stupefacenti di questo film d'animazione del 2011 scritto e diretto da Jean-François Laguionie, vi riporto la trama:

"Un castello, un bosco, giardini: le cose lasciate incompiute da un pittore in un quadro dove vivono tre tipi di personaggi: i Completi, interamente dipinti, gli Incompleti, privi di qualche colore, gli Schizzi, appena abbozzati. Ramò, un giovane Completo, crede che solo il Pittore possa riportare l'armonia terminando la sua opera, e decide di partire per cercarlo. Lungo il filo dell'avventura si snodano domande: che ne è del pittore? Perché sta distruggendo le sue opere? Qual è il suo segreto?"

Ho lasciato il thread in attesa per due ore prima di scrivere la riga che state leggendo. Perché ho cenato, sì, ma soprattutto perché mi sono rivista il film dall'inizio. La prima volta ho seguito la trama, la seconda ho cercato di cogliere tutti i significati nascosti, le sfumature di colore e pensiero, ma se c'è una verità su "La tela animata" è che la realtà è poliedrica e per cento persone che lo vedono, e per cento volte che ciascuna di loro lo vede, vi scoverà sempre un dettaglio in più, un richiamo artistico, un insegnamento.

Occhio, perché spoilero di brutto.

I temi affrontati sono moltissimi: dal bullismo, alla discriminazione verso gli esseri ritenuti inferiori e imperfetti, alla violenza, agli indesiderati della società che sono letteralmente invisibili, tanto da passare inosservati in mezzo ai Completi. Le barriere sociali si sbriciolano però sotto i colpi delicati dell'amore fra un Completo e un'Incompleta, pronti a tutto per trovare una risposta alle loro domande e riuscire finalmente a vivere insieme in libertà.
Sarà proprio Claire, l'Incompleta innamorata del Completo Ramò, a farsi portavoce di una grande realtà sull'amore: quando si è innamorati per davvero non si perde nulla della propria identità, ma questa viene integrata, completata in un certo senso, e dall'unione delle due persone ne nasce una terza, l'entità-coppia che desidera solo essere libera e indivisa.
Lolà, per contro, un'Incompleta amica di Claire e protagonista del film, esprime un desiderio differente: riconosce la sacralità dell'amore e della coppia, ma lei non cerca l'amore fra gli uomini intorno a sé; lei vuole cercarlo altrove, al che Claire, lugubre, risponde che non esiste un altrove, tutto ciò che è reale consiste nel castello, nella foresta e nei giardini, nient'altro.

E' però proprio Lolà, alla ricerca di una risposta che soddisfi la sua curiosità sulla condizione degli Schizzi e degli Incompiuti, a dimostrare all'amica che non solo i confini di ciò che è reale sono estremamente più ampi, ma addirittura che non ci sono confini.
Sia lei, che Ramò, che Plume, uno Schizzo il cui amico è stato ucciso dalla follia barbara dei Completi, partono per un viaggio che li condurrà prima attraverso la temuta foresta che si estende tutt'intorno al castello e ai giardini (qui ci ho visto un richiamo alla morte: anche quella è un luogo di passaggio che tutti temono e reputano orribile), oltre la quale però si estende un luogo meraviglioso, un luogo dove "la realtà è sottile", come direbbe Stephen King; qui, dove Lolà dichiara di sentirsi "leggera, leggera", il gruppo raggiunge i limiti del quadro e si spinge oltre la realtà, oltre la vita e la morte, in un luogo al di là del tempo e dello spazio.
Piombano così nello studio del loro creatore, dove altri quadri vivono la loro infinita realtà quotidiana senza sapere nulla né del fatto di essere personaggi di un quadro, né del fatto che esistano altri quadri al di fuori del loro. Lolà prova a farli ragionare, ma nessuno crede alla sua voce pura, innocente, la stessa voce dei bambini e dei pazzi ai quali nessuno dà credito nemmeno nel nostro mondo.

Animati ciascuno dal proprio intento - diventare un Completo, riportare in vita un amico, difendere la persona amata o semplicemente scoprire perché "siamo tristi, perché gioiamo", come si chiederà Lolà - i personaggi proseguono nella loro ricerca del loro Creatore, l'unico che possa far cessare le ostilità nei quadri e colmare le differenze fra Completi, Incompleti e Schizzi. Nei quadri che attraversano vengono toccate altre importanti tematiche, come quella della maschera, dell'arte che imita una realtà infinitamente più incantevole ma sfuggente (il buon vecchio Platone insegna: il mondo delle idee is the best), della memoria che inganna; sono molti i "falsi pittori" che, all'interno dei loro quadri, pensano di essere gli unici, autentici artisti e autori di ciò che dipingono, mentre tutto ciò che possono produrre è solo una copia di qualcosa che il vero Creatore ha già dipinto.
Ho anche notato che tutti i quadri sono connessi, i protagonisti sbucano ora da una finestra, ora da un lucernario, e questo perché l'artista quando dipinge pensa di star producendo quadri diversi, mentre in realtà, se anche lui avesse la possibilità di vedersi dall'alto di una mente superiore, si osserverebbe illuminare ora questo, ora quel centimetro di un disegno più grande, un'unica tela che sta portando, opera dopo opera, centimetro dopo centimetro, alla vita.

Nonostante i protagonisti si ritrovino oltre i confini della vita come l'hanno sempre conosciuta, la Morte li insegue di quadro in quadro, soprattutto nei momenti più lieti: anche in questo c'è una grande verità, perché nulla come un momento felice è in grado di richiamare un episodio triste o un pensiero terrorizzante, specialmente per una mente depressa o semplicemente delicata. Ma l'amicizia, l'amore, il senso di lealtà e il coraggio possono sconfiggere la Morte, una Morte che si rivela essere fasulla, nient'altro che un mantello gonfiato dalle paure delle persone.

Bellissimo il riferimento a Prometeo e al dono del fuoco agli uomini quando finalmente, alla fine, agli Incompiuti e agli Schizzi viene fatto il dono della pittura e dei colori con i quali finire se stessi e addirittura venire ammirati come più colorati e perfetti dei Completi; ma la ricerca non si ferma qui, non per Lolà, la quale preferisce continuare a cercare, fino a trovare finalmente il suo Creatore... e scoprire la verità: lui non ha mai abbandonato le sue creazioni, gli ha semplicemente dato "l'essenziale", perché "spesso un disegno è più bello di un quadro finito". C'è quindi anche un richiamo al libero arbitrio e a ciò che tutti noi possiamo fare, nel nostro piccolo, in piena autonomia e responsabilità.
E la ricerca si ferma?
Oh, no.
La ricerca non si ferma mai per Lolà, unica Incompleta felice di rimanere tale, la quale continuerà a cercare altre risposte ai perché del mondo: "Voglio cercare il Creatore del mio Creatore!"

Ancora decine e decine i richiami e i temi interessanti da sviluppare, ma direi che per oggi la lezione di storia dell'arte/filosofia/boh è finita qui XD
Veramente, consiglio a tutti questo film, che tra l'altro al momento è compreso in una bella promo su amazon, tanto per gradire (il mio portafoglio non gradisce, la padrona sì, Ndr).

Fatemi sapere che ne pensate!

La figlia del nord



Fluttuando nella mia navicella spaziale, sono giunta ai margini di una galassia nuova: quella del fantastico, della fiaba per adulti che sradica la mente dalla grigia quotidianità per accompagnarla su una nuvola soffice, lontana da tutto.
Avevo sempre snobbato il genere in sé, non tanto perché non mi piacciano le fiabe (per adulti o meno), quanto piuttosto per una sorta di scetticismo nei confronti dello stile di scrittura, per me fondamentale per invogliarmi a leggere un libro, che ho in genere individuato nei romanzi appartenenti a questo filone: un minestrone di descrizioni del tipo tripla porzione di lasagne della nonna e caratterizzazione dei personaggi pari a quella di un cocktail di gamberi.

Poi, un bel giorno mi sono resa conto che avrei dovuto dare qualche possibilità in più a questo genere e la mia migliore amica Maura, l'instancabile sostenitrice di tutto ciò che appartiene al filone del fantastico, mi ha consigliato questo libro.
Bello.
Ma con riserva.

La storia è una rivisitazione in salsa glaciale (l'ambientazione oscilla fra varie terre, quasi tutte a temperatura artica, primo punto a favore) del mito di Amore e Psiche: Rose, la protagonista, è una nata a nord. Secondo un'antica leggenda i bambini nati mentre la madre era rivolta verso un preciso punto cardinale saranno caratterizzati da certe peculiarità, un po' come nel nostro oroscopo o tema astrale. E allora Rose, nata rivolta a nord, sarà una bambina emblematica, con una gran voglia di esplorare e l'argento vivo addosso. Un po' amandola, un po' temendo la sua temerarietà, Rose cresce fino a quando, un giorno di gelo polare, proprio mentre i suoi genitori si stanno preparando a perdere una delle sorelle di Rose per una terribile malattia, un orso bianco bussa alla porta della vecchia casa di famiglia... starà a lei ascoltare la sua proposta e decidere non solo per la propria vita, ma anche per quella di sua sorella. L'orso bianco sarà lapidario: ha una sola settimana per scegliere.
Rose è combattuta, ma è a questo punto che, con un colpo di scena (solo per lei, perché noi sapevamo la verità fin dalla prima pagina), scopre la verità sulla propria nascita e prende la sua decisione. Da questo momento l'eco del mito di Amore e Psiche ritorna più forte che mai, sia nelle sue tinte diurne che in quelle, più fosche, notturne.
Molte le prove alle quali verrà sottoposta, di curiosità come di coraggio, fino a quando una notte la tentazione di scoprire la verità sul suo nuovo ospite sarà troppo forte, e allora...

Beh, e allora andrete in libreria e lo acquisterete *-*

Quindi, la trama è abbastanza ben strutturata: c'è il mito di base rivisitato, un buon contorno e alcune leggende "artiche" che ben s'intrecciano alla trama principale.
I personaggi oscillano tra l'essere ben delineati (la protagonista Rose e sua madre, ad esempio, con le loro caratterizzazioni opposte, sono ben tratteggiate) e il poterli tranquillamente scambiare l'uno per l'altro, e questo è un grosso punto a sfavore. La mia amica non l'ha notato, per carità, magari sarò io troppo pignola, ma per quel che mi riguarda ogni personaggio deve possedere un proprio punto di vista e un proprio linguaggio e modo di agire a seconda della propria personalità, cosa che qui manca completamente.
Per fortuna la scrittrice utilizza l'espediente del punto di vista poliedrico, intitolando ogni capitolo col nome del personaggio protagonista e cercando di cambiare quindi il punto di vista dell'Io narrante, ma senza grande successo.

Lo stile di scrittura: semplice, scorrevole, un bel punto a favore. Il vero problema è che il romanzo non è costante: inizia bene, scorre senza particolari avvenimenti per diverse pagine, poi finalmente s'impenna e a quel punto sì che trascina via, in un mondo di ghiaccio, abiti del colore della luna e orsi bianchi vittime di un potente incantesimo.

Altro problema: non c'è un colpo di scena, né una svolta nella trama. Di nessun genere. Tutto è interamente lineare e prevedibile, dalla prima all'ultima pagina. E' impossibile trovare il minimo accenno di suspance, tranne per un particolare che non vi rivelerò, a dire il vero piuttosto intrippante.

Eppure, per qualche motivo, continuerete a leggerlo. Vi ritroverete a desiderare quelle tiepide ore pre-notturne in cui potrete godervi queste pagine di neve e amore non rivelato fin quasi alla fine, quando la protagonista avrà collezionato non solo una robusta dose di avventure e viaggi, ma anche qualche insegnamento... anche se, dai, non si può certo parlare di Bildungsroman.
Rose non impara molto da tutto ciò che le succede, non subisce una vera evoluzione... insomma, è sempre lei, la vecchia Rose, con qualche anno di più e un lungo viaggio alle spalle.

Quindi, un libro "nì", o meglio, "so".
Lo consiglierei? Sì, ma solo agli amanti del genere che non si aspettano emozioni particolari.
Leggerei altro dell'autrice, Edith Pattou? Beh, direi di sì.

A voi è piaciuto? Cosa ne pensate?

Il vero inizio del viaggio

Sono mesi che non scrivo sul blog. Male, male.

Vero è che ho avuto qualcosa come 832489849 impegni a cui far fronte, soprattutto lavorativi, ma ora vorrei tornare a occuparmi di questo piccolo spazio siderale fra letteratura e scienza, uno spazio tutto per me e per chi vorrà seguirmi nel viaggio.

Andiamo con le succose novità dall'anno scorso:

- Ho inviato il manoscritto del mio primo romanzo alla casa editrice Neri Pozza. Ebbene sì. Ansia senza fine, ma l'ho fatto. L'HO FATTO. E spero di vincere o almeno arrivare tra i finalisti del loro concorso letterario, se ne saprà qualcosa in autunno.

- Ho iniziato a seguire un corso di tedesco alla scuola internazionale A.C.I.T. di La Spezia. Figo, neh? In realtà sto adorando alla follia questa lingua e non vedo l'ora di poterla parlare fluentemente!

- Ho scritto un numero imprecisato di poesie e racconti, per non parlare del nuovo romanzo, che ho iniziato a imbastire. E' ambientato sulla Route 66, la mitica Strada Madre di Steinbeck, quella che attraversa come un'arteria pulsante gran parte dell'America, da Chicago a Los Angeles. Se qualcuno l'avesse percorsa, vi prego, raccontatemi la vostra esperienza. Sempre che qualcuno mi legga, al momento. Yu-huu? C'è nessuno?

- Ho deciso di scrivere una lista dei libri che leggerò nel 2015. Fra poco inserirò una apposita sezione del blog e potrete divertirvi a spulciarla e commentare i vari titoli :D

- Ho redatto un libro di poesie per un autore locale, ho presentato il suo libro, ne ho scritta la prefazione e presto presenterò anche la sua seconda silloge. Mi sembra, a ogni presentazione, di avvicinarmi un po' di più al mio sogno, una bolla calma che fluttua lassù, nel cielo...

- Ho deciso che dall'anno prossimo mi iscriverò all'Università. Di nuovo e definitivamente: Antropologia, religioni e cultura delle civiltà orientali a Bologna. Sì, lo so che è lontanissima e dovrò dannarmi fra lavoro e studio, per non parlare degli esami e delle ore interminabili da passare in treno. Lo so, o forse credo di saperlo, ma ci tengo troppo e spero che anche questo progetto si concretizzerà presto.

Bene!
Direi che è tutto.
Spero taaanto tanto tanto di riuscire a seguire più stabilmente il blog e realizzare tanti dei miei sogni, specialmente quello di pubblicare le mie opere :)
Buona domenica a tutti!