martedì 18 agosto 2015

Gli artisti e la loro eredità


Stieg Larsson.

Leggevo poco fa che la saga di Millennium tornerà dopo più di dieci anni dalla morte dell'autore, Stieg Larsson, con un nuovo sequel: "Quello che non uccide". Naturalmente, l'autore sarà un altro, tale David Lagercrantz, che devo dire di non conoscere.
Questo mi ha portata a riflettere. Con amarezza, e anche con nostalgia; ed è per questo che ho pensato di chiedere a voi cosa ne pensate.

Ed ecco il domandone: se voi foste gli autori (morti) di una saga milionaria, che ha appassionato tutto il mondo, e aveste la possibilità di tornare per un giorno sulla Terra e dire la vostra, come prendereste il fatto che un nuovo autore ha continuato la vostra saga? La sentireste come un'intrusione, una contaminazione della vostra creatura, oppure no?


David Lagercrantz.


Personalmente credo che l'unica cosa che conti sia la storia. Da scrittrice, mi ritengo legata a doppio filo con i miei personaggi, le situazioni in cui si vengono a trovare e il modo in cui ne descrivo le reazioni e le emozioni... e ho scritto "le situazioni in cui si vengono a trovare", badate bene, non "le situazioni in cui io li colloco". Perché? Beh, perché io non faccio un bel niente. Qualunque scrittore che vi dirà il contrario è un buffone contapalle, per citare Final Fantasy IX, uno dei miei videogiochi preferiti.
Lo scrittore è un medium: trascrive in un linguaggio comprensibile ai più qualcosa che esisteva già, sotto forma di sogno informe, nel luogo dove tutti gli scrittori vanno quando guardano nel vuoto, la testa inclinata ad ascoltare una voce udibile solo a loro. Per dirla alla Stephen King, è la storia, non colui che la racconta. Noi scrittori siamo tubi in cui l'acqua scorre, ma l'acqua continuerebbe a scorrere, anche se incontrollata e non capita, anche senza di noi.




Perciò, sì, mi farebbe piacere se un mio collega riprendesse in mano i miei personaggi per raccontarne nuove avventure. A patto però che quel collega li tratti con tutto il rispetto, l'amore e la passione con cui io li ho dipinti. Io amo i miei personaggi, anche i più abbietti; li amo disperatamente, follemente, di loro mi cibo giorno dopo giorno. Sono gli amici che mi attendono al ritorno dal lavoro, i nemici che mi fanno tremare di paura quando penso che non ce la farò mai a buttare giù tutte quelle pagine e farle piacere a qualcuno; sono mio padre, mia madre, mio fratello, il mio amante e anche, per dirla con le parole di un caro amico e poeta della mia zona, Carmelo Stelitano, "la donna più bella del mondo". Sono tutti, tutti quelli che potrei mai amare, conoscere e sopportare. E io voglio che se ne scriva, che se ne parli in ogni angolo del mondo; e voglio che le loro avventure restino immortali; se l'immortalità è un sogno troppo grande per sognarlo con una sola testa, allora sì, al diavolo, che un collega scrittore conduca i miei bambini a più alti lidi, e sogni con me al di là della morte; ma si ricordi che quei personaggi hanno un'anima e delle radici, e non dimentichi mai d'innaffiarle, perché non c'è chioma che sopravviva se le radici nella terra nera non sono bene irrorate.
Se volete scrivere di me, o dei miei personaggi, dopo di me, siete i benvenuti. Ma fatelo con le mie mani, i miei occhi, il mio cuore. Allora i personaggi si dipaneranno davanti a voi come hanno fatto con me.
Fidatevi di loro e questi danzeranno le loro strane danze e intoneranno i loro strani canti.
Lasciateli liberi e le vostre saranno le più deliziose catene che abbiate mai provato.
E' la storia, non colui che la racconta.