domenica 1 luglio 2018

Intervista all'Autore: Paolo Fumagalli

In genere, come scrittrice, attraverso sempre due fasi. La prima è quella della lucida follia visionaria, in cui vivo in una specie di "bolla" creativa che non permetto a nessuno, e a nulla, di maneggiare troppo, né di sottrarle tempo prezioso. In questa fase è difficile, se non impossibile, per me, occuparmi di qualsiasi altro progetto: dalla gestione del blog, alla lettura, al cucinarmi qualcosa di diverso da pile di toast carbonizzati per colazione. E per pranzo. E per cena.
La fase numero due, quella in cui mi trovo adesso, è quella che io chiamo "bagno di realtà". E che odio, se posso dirlo francamente, anche perché in genere dura mesi e mesi. Non riesco a scrivere, anzi, ho il terrore di scrivere, ma in compenso funziono piuttosto bene su progetti più concreti: scodello articoli per il blog, spadello anatre all'arancia - ma, soprattutto, leggo. Parecchio. Tipo, un libro al giorno.
E' grazie a ciò se, di recente, sono incappata in "Bucaneve nel Regno Sotterraneo", libro molto ma molto figo di cui ho chiacchierato qui, edito da Dark Zone e uscito dalla penna di uno degli Autori più talentuosi, umili e gentili che io abbia mai conosciuto: Paolo Fumagalli.
Non vi dico altro. Lascio che sia lui, con le sue parole, a presentarsi e raccontarvi qualcosa di sé, rispondendo alle mie strampalate domande.
Pronti? Via.


Una piccola presentazione: chi è Paolo Fumagalli?
Una persona tranquilla, che ha la testa nei libri e nei sogni a occhi aperti anche quando non sta scrivendo. Sono laureato in Lettere, la narrativa e le storie sono sempre state la mia più grande passione e credo che questo influenzi profondamente il mio modo di vedere il mondo. Amo molto anche il cinema, la musica, le passeggiate in mezzo alla natura… Sono tutte cose che mi rilassano, ma mi danno anche idee per i miei romanzi e racconti. 

Quand'è che ti sei detto "beh, potrei fare lo scrittore"? E cosa consiglieresti agli aspiranti scrittori che ci leggono?
Per prima cosa è arrivato il momento in cui mi sono detto “ho voglia di scrivere”, quando ormai avevo capito che non ero molto portato per le materie scientifiche e che invece ero più bravo in quelle umanistiche. Durante i primi anni degli studi universitari mi è venuta voglia di provare a scrivere seriamente racconti, una cosa che per semplice divertimento avevo già fatto quando ero un ragazzo e perfino un bambino. Dopo un po’ di tentativi ho iniziato a essere soddisfatto dei risultati e ho pensato che forse un giorno sarei riuscito a pubblicare. Da allora ho continuato a impegnarmi, ho iniziato a scrivere anche romanzi, ho cercato di scoprire il mondo editoriale… e non mi sono più fermato. 

Metti in atto dei rituali scaramantici, quando ti siedi a scrivere?
No, nessuno. In realtà per la stesura vera e propria non mi occorre molto: bastano un tavolo, una penna e un quaderno. L’unica cosa che cerco di fare prima di mettermi al lavoro è isolarmi, perché scrivo meglio quando sono circondato dal silenzio.

Ci sono mai stati momenti di sconforto o di blocco in cui hai creduto che la Musa ti avesse abbandonato? Se sì, come li hai superati?
È capitato qualche volta, ma ho risolto evitando di dare troppa importanza alla cosa. Non erano blocchi veri e propri, piuttosto momenti in cui ero un po’ stanco e sfiduciato e avevo solo bisogno di fare una pausa e di ritrovare l’entusiasmo. Oppure per un po’ non avevo voglia di occuparmi di un certo testo, allora interrompevo il lavoro su quello, mi dedicavo a un altro per qualche settimana, e poi tornavo a finire il primo.

Fiaba dark fantasy: un genere che in Italia fa fatica a sfondare. Secondo te quali sono le motivazioni? Vedi qualche spiraglio?
Forse in Italia tendiamo ad avere un po’ di pregiudizi verso la letteratura fantastica in generale e quindi non sappiamo bene che cosa aspettarci dai libri che mischiano generi diversi. È una cosa un po’ assurda, in realtà, perché le unioni di questo tipo aiutano proprio a essere originali e innovativi, quindi dovrebbero essere amate in una nazione che spesso guarda il fantastico dall’alto in basso e teme che sia piatto e ripetitivo. Penso che in particolare le fiabe dovrebbero piacere a tutti, anche a chi non ama il fantasy o l’horror. Non so, sarà perché io sono cresciuto leggendone molte, guardando film come “Labyrinth” o i classici della Disney, ma le sento dentro di me, non importa quanti anni passino. Gli spiragli li vedo quando mi accorgo che, comunque, ci sono anche qui molte persone davvero appassionate di narrativa fantastica, quando sento l’entusiasmo di tanti lettori per questo genere di storie.

Nella prefazione a "Bucaneve nel Regno Sotterraneo" racconti di averlo ideato come una rilettura in chiave dark/gotica dei romanzi di Lewis Carroll. Quanto tempo è passato dalla scintilla dell'ispirazione all'effettiva stesura del libro?
A dire il vero non riesco a misurarlo con precisione, ci sono state varie fasi. Dopo aver avuto l’idea iniziale, ho steso un elenco, usando gli spunti dati dai libri di Carroll e modificandoli profondamente per creare nuovi luoghi e personaggi. Era una semplice serie di appunti, in cui ad esempio ipotizzavo che il Cappellaio Matto potesse diventare un Becchino e poi assegnavo a questo mio personaggio un dato ruolo nella trama e un certo modo di comportarsi. Poi ho organizzato questa serie di ambientazioni e figure, le ho unite tutte a formare una storia, ho creato l’inizio e soprattutto la fine. A quel punto ho cominciato la stesura vera e propria, che si è svolta piuttosto in fretta e non è durata più di due mesi.

Si dice che tutte le storie si basino su tre pilastri: personaggi, trama e ambientazione. Per te qual è il più importante, come scrittore? E come lettore?
Spesso parto da un’idea che riguarda la trama e mi impegno molto per elaborare una bella storia durante la fase di progettazione del testo. Se mancasse questo elemento, credo che mi annoierei durante la scrittura, non avrei una molla che mi spinge a continuare. Anche come lettore è soprattutto una trama originale e accattivante che mi fa apprezzare un libro. Devo ammettere però che, scrivendo storie fantastiche, l’ambientazione e i personaggi sono comunque importantissimi, perché è fondamentale che il mondo alternativo che invento sembri vivo, sia a me che ai lettori.

I dialoghi del tuo libro ricalcano lo stile di Carroll, specialmente per il nonsense che, però, nasconde grandi insegnamenti. E' stata dura idearli? Hai dovuto strutturarli o li hai scritti di getto?
No, non è stata dura. Credo sia andata così perché sentivo dentro di me molti elementi dello stile di Carroll, mi veniva naturale scrivere il libro in quel modo per farlo risultare buffo e surreale come lo volevo. Non ho pianificato molto i dialoghi, infatti. Avevo deciso quali informazioni sul Regno Sotterraneo e sulla condizione di Bucaneve dovessero essere fornite da ogni personaggio, in modo da far procedere la storia, ma tutto il resto mi è venuto in mente mentre scrivevo, soprattutto le parti nonsense. Mi divertivo a creare quei ragionamenti che, a seconda del punto di vista, possono sembrare del tutto assurdi oppure causati da una logica troppo rigorosa e pedante. Era interessante usare i paradossi per riflettere su tante cose della vita e della morte.

Parliamo della tua eroina. Cosa farebbe Bucaneve che Alice non farebbe mai?
Alice riesce ad affrontare tante cose strane, dimostra coraggio e anche capacità di crescere, ma credo che Bucaneve sia più forte di lei come carattere, perché si ritrova in un mondo tenebroso, che potrebbe far davvero molta paura a una bambina. Inoltre deve combattere di più per tornare alla realtà. Quindi in definitiva penso che Bucaneve riuscirebbe a guardare più a fondo in se stessa, saprebbe fronteggiare aspetti più problematici della sua vita e della sua condizione.

E' stato difficile proporre un libro ispirato a un mostro sacro come l'eroina di Lewis Carroll, cercando di distinguerti? 
Direi di no, mi sentivo spinto da un entusiasmo che metteva in secondo piano i rischi e le difficoltà. Penso che per me sarebbe stato più difficile proporre un sequel dei suoi libri, ma visto che l’ambientazione è così diversa e che i personaggi e gli eventi narrati sono del tutto nuovi, non avevo troppo timore del confronto. Vedevo il mio libro come un omaggio a Carroll e al tempo stesso come un modo per esprimere i miei gusti e interessi, non come una competizione. Infatti “Bucaneve nel Regno Sotterraneo” può essere letto anche da chi non conosce i libri su Alice, è una storia a sé stante.

Il tuo libro è una fiaba dark, eppure le creature classiche – streghe, vampiri, scheletri – non sono mostri, come si legge in genere, bensì personaggi gradevoli, positivi. Era tua intenzione offrire questa doppia chiave di rilettura?
Quando ho deciso di usare personaggi e ambientazioni horror e di conservare al tempo stesso un’atmosfera fiabesca e uno spirito leggero e surreale, mi è diventato subito chiaro che il tono finale avrebbe ricordato certi film di Tim Burton, con quella strana unione di elementi macabri e divertenti. Mi piaceva l’idea di rendere le tenebre tenere, di trovare il lato buffo e amichevole di creature solitamente considerate paurose. In effetti nei miei libri mi capita spesso di schierarmi dalla parte dei solitari, degli irregolari, dei diversi, è una cosa evidentissima anche nel mio romanzo fantasy “Scaccianeve”, ad esempio.

Al momento stai scrivendo un nuovo libro? Se sì (ti prego ti prego ti prego) ci puoi anticipare qualcosa?
In questo periodo sono impegnato nella rilettura e correzione di due romanzi fantasy: uno è ambientato in Lombardia e basato su tradizioni dei luoghi in cui vivo, l’altro è il secondo volume della saga iniziata con il libro “La strada verso Bosco Autunno”. Nei miei cassetti ci sono poi diverse opere già concluse, che ho scritto nel corso degli anni, e se tutto procede bene in autunno uscirà un romanzo fantastico per ragazzi. Visto che lavorando con loro a “Bucaneve” mi sono trovato benissimo, ho anche proposto un altro libro alla casa editrice Dark Zone, un urban fantasy dalle sfumature dark, devo solo aspettare per scoprire se sarà accettato e se rientrerà nelle pubblicazioni dell’anno prossimo.

Lewis Carroll a parte, quali sono gli autori che ti hanno "formato" come scrittore?
Non è una domanda facile, diversi hanno avuto una forte influenza su di me. Limitandomi all’ambito fantastico, direi Edgar Allan Poe e H. P. Lovecraft per la forza dell’immaginazione e la capacità di creare atmosfere particolari, George MacDonald e Lord Dunsany per la fantasia rigogliosa e deliziosamente fuori moda, il Tolkien più leggero e Terry Pratchett per le sfumature divertenti, e poi tutta una serie di fiabe antiche e moderne, che oltre a Lewis Carroll comprende anche opere come "Peter Pan" o "Il Mago di Oz".

Ultima domanda, oscura e cupa come la tua fiaba. Avevi paura della morte quando hai iniziato a scriverla? Se sì, è per questo motivo – senza fare spoiler – che hai deciso di proporre questo tipo di finale?
La morte mi spaventa di più quando riguarda le persone care, quando diventa perdita. Per quanto mi riguarda, so che forse avrò paura quando arriverà il mio momento, ma per ora non è un timore che mi ossessiona, non ci penso. È vero però che con il libro volevo dare un messaggio di speranza. Dopo aver mostrato il lato buffo e surreale dell’immaginario dark, non avrei potuto scegliere un finale di chiusura e sconfitta, mi sarebbe sembrato inadatto. C’erano altre riflessioni che volevo portare avanti, altre simbologie che si legavano al carattere di Bucaneve, al suo percorso di crescita, perfino al suo nome.


Concludo ringraziando Paolo per la disponibilità e per aver risposto a ogni mia domanda con tanto entusiasmo. Gli faccio i miei migliori auguri per i suoi futuri progetti e, che diamine, corro subito a reperire "Scaccianeve"!


- Alice

15 commenti:

  1. Ho appena terminato di leggere l'intervista a Paolo Fumagalli!
    Mi è sembrata una persona competente, sicura e ottimista!
    Sono rimasta colpita dal fatto che abbia scritto questo libro in soli due mesi,sicuramente ha del talento e le idee molto chiare!
    Ho apprezzato il fatto che lui sia cresciuto con film come "Labyrinth" e i meravigliosi Disney, che ogni tanto nella mia vita continuo a guardare senza stancarmi mai!
    Credo sia molto importante per noi lettori, conoscere gli autori dei libri che vogliamo leggere, e devo ringraziarti per avermi dato questa opportunità!
    Ora sono ancora più certa che acquisterò il libro, e che mi piacerà!
    Ciao! *_*

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    1. Concordo, anche per me "Labyrinth" e i film Disney sono fondamentali, ancor più in età adulta che da bambini ;)


      - Alice

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  2. Buonaserata a tutte!

    Non mi aveva preso molto, debbo confessarlo, questo Bucaneve, ma a questo punto me lo segno. Grazie sempre dei consigli.

    Alla domanda n. 13, non sbaglia un nome; sostanzialmente, ha elencato i maggiori autori fantastici di sempre (manca giusto Arthur Machen, lo avrà momentaneamente dimenticato ;). Tanto di cappello.

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    1. Secondo me potrebbe piacerti :) è una lettura comunque "leggera", ma molto scorrevole e ci sono diverse ottime idee, che personalmente ho trovato originali. Se lo leggerai, fammi sapere che ne pensi ;)

      Seppur il genere non mi intrighi particolarmente, conosco i nomi elencati e so che sono ottimi, come anche quello di Machen! Io ci aggiungerei anche Michael Ende :)

      Buona giornata!


      - Alice

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  3. Ciao!!

    Lo prenderò sicuramente, non subito ma me lo sono segnato!

    Confesso che, per una sorta di mia "filosofia di vita", fatico a capire, spesso, cosa altri/e intendano con "leggere" o "impegnative", in riferimento alle letture. Mi è capitato di conoscere persone molto intelligenti che reputavano leggere letture per me anche molto impegnative, e, viceversa, anche persone che consideravano impegnative storie che per me sono poco più che favoline (il libro più noto, in quest'ultimo caso, è Il Piccolo Principe, bello ma niente di che, dal punto di vista degli "insegnamenti". Sono ben altri i capolavori di Exupéry). Quindi vediamo, se questo Bucaneve (che, dal titolo, sembra ispirato più a Biancaneve che non all'Alice di Carrol...) è "leggero" come Pratchett o Jasper Fforde, mi sa che ne riparleremo ;)

    Ende è bravo, Momo lo fanno leggere nelle scuole e sbagliano, così spesso si finisce come con Gulliver - che è tante cose ma non un libro per ragazzini, per citare Charles Haynes-, tuttavia non ho mai letto la storia infinita, né visto il film, quindi mi riserbo di cambiare il parere :)

    (( P.s.; di Carroll non so se conosci un racconto, molto breve, intitolato "La caccia allo Snark" - The Hunting of the Snark -, molto bello, divertente e oltremodo satirico))

    Buona giornata a tutte.

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    1. Sì, capisco cosa intendi. Per alcuni, ad esempio, "Il cacciatore di draghi" di Tolkien può essere leggero, come in effetti è rispetto alle sue altre opere (trovi la recensione nella lista a sinistra), ma ci sono diversi fattori da prendere in considerazione: il primo, i gusti e le attitudini di genere del lettore. Il secondo, il fatto che è la "leggerezza" di un Tolkien, non di Fabio Volo. E' come se ogni autore avesse una sua pesantezza specifica percepita, o complessità percepita di base, a parer mio.

      Comunque, "Bucaneve nel Regno Sotterraneo" si trova nell'ambito della leggerezza piacevole e avvolgente della fiaba dark fantasy.

      Di Ende io adoro "Le avventure di Jim Bottone", è stato il mio primo libro, quello che mi ha portata a scrivere e sdoganare la mia fantasia.

      Non conosco questo racconto di Carroll ma alla prima occasione cercherò di reperirlo! ;)

      Buona giornata a te!


      - Alice

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    2. È chiaro che i gusti influenzano sempre la percezione della difficoltà percepita a lettura, ma la persona realmente critica - cioè quella, citando ancora una volta HPL, che sa di avere le capacità adatte per verificare tra intenzionalità e risultato ottenuto, in questo caso da uno scrittore-, in teoria come in pratica, dovrebbe essere non solo il più oggettiva e imparziale possibile (e ci sarebbero da fare tonnellate di discorsi solo qui...) ma anche, e soprattutto, esperienza di lettura di vari generi, altrimenti, naturalmente, ci si costruisce un metro di paragone errato e fuorviante - che è una considerazione, quest'ultima, banale per chi sa davvero leggere, ma non altrettanto per chi crede che leggere significhi arrivare alla fine del libro...- ; pertanto, è corretto dire che i gusti e le attitudini di genere (prendendo anche quelle della vita quotidiana al di fuori della sfera meramente letteraria) influenzano un giudizio, a prescindere dal fatto che esso dia positivo o negativo, ma ciò, credo, accade perlopiù a persone che comunque non sono abituate a leggere generi non dico solo diversi tra loro, ma anche di epoche diverse (è il rischio di chi legge solo i "classici", così come quello di chi legge solo fabio volo).
      Certo, la difficoltà (o leggerezza) de Il Signore degli Anelli non è la stessa del Cacciatore di Draghi (del quale avevo già letto la tua rece ;) ma il fatto che i due libri appartengano a due modi e stili di narrare diversi, e che hanno oltretutto diversi livelli di profondità tra loro, li mette su due piani completamente diversi tra loro, è normale che la percezione che si avrà di tale "impegno" nella lettura sia diversa.

      Mi piace che "ogni autore ha una sua pesantezza specifica percepita", lo trovo vero, ma la complessità di un autore non credo sia "percepita" da un lettore. Al massimo, è "limitata" dal grado più o meno alto di ignoranza del lettore/lettrice (intendendo, ovviamente, con "ignoranza" il semplice rapporto tra quello che il lettore sa di un autore, un genere e della sua storia e delle chiavi di lettura di un libro, e ciò che invece non sa di queste e altre cose).

      Fiaba dark fantasy è un termine che non so come percepire, non perché non ho avuto modo di leggere libri di tal genere, ma perché si va da gaiman (nessundove, il figlio del cimitero etc.), a Francesco Dimitri (Alice nel paese della vaporità, giusto per rimanere in ambito Lewis Carroll ;), cioè dalla merda al genio. Come sempre, un genere non significa nulla, può essere, come un mezzo, male o bene impiegato. La leggerezza della fiaba dark, a volte, e purtroppo :( viene vanificata dai mal celati sottotesti pseudo intellettuali di alcuni autori/autrici.

      ((Meh, come al solito ho sparato un pippone di cose fuori post. È più forte di me, inutile...))

      Sai che Jim Bottone è uno dei pochi che ho letto? Molto carino, lo ricordo anche abbastanza scorrevole:) (ora capisco perché, poi, è anche nell'elenco dei libri "che ti rappresentano").

      Ciao a tutte!

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    3. Guarda, concordo su tutto, ma sul discorso dell'ignoranza non saprei, più che altro perché ti faccio un esempio: io sono una persona che ignora molte cose, come tutti, ma, premesso questo, prendiamo, che ne so, Stephen King. Conosco anche il suo numero di scarpe. Ho letto decine di libri suoi, dai più ai meno tosti per numero di pagine, spaziando dall'horror, al thriller, al mainstream, al drammatico. Rose Madder non è La bambina che amava Tom Gordon che non è La storia di Lisey che non è La torre nera che non è Mr. Mercedes, per intenderci. Conosco piuttosto bene anche l'autore, la sua storia, i suoi trascorsi, ciò che ha patito, il contesto sociale, perché e da quali ispirazioni ha scritto alcuni dei suoi libri, eccetera. Bene. Nonostante ciò, e i vari tentativi che ho fatto di leggerlo, IT rimane per me un pippone verboso, pesantissimo, che somiglia a una prima stesura nemmeno revisionata, illeggibile. Idem (o quasi) altri suoi libri ritenuti capolavori, tipo L'ombra dello scorpione o Il miglio verde. E lo dico a malincuore, perché io a King voglio bene. E tanto. Ma la pesantezza indigeribile di IT non proviene dalla mia ignoranza su King, bensì da una mia percezione personale. In più, non ci vedo nulla di speciale. Un clown nei tombini? Gente sospesa per aria? Wow. Cioè, boh. Lo trovo proprio poco interessante, non si perché. Per Francesca ad esempio è pesante e noioso Misery. Per me è un capolavoro e scorre via in un baleno. E via discorrendo. Alcuni libri entrano semplicemente in risonanza con noi, credo, altri no, e penso che il fattore ignoranza non sempre giochi un ruolo fondamentale. Così come un libro posso divorarlo oggi e sembrarmi illeggibile fra tre anni, cosa che mi è successa molte volte, ad esempio con Wilde e, talvolta, la Woolf.

      A me Gaiman non piace per niente, ma Coraline l'ho apprezzato. Sinceramente ho trovato Bucaneve decisamente superiore, ma sono gusti miei personali. ;-)

      Ciao!

      - Alice

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  4. fintanto che si prendono libri "semplici" (non "leggeri"), es. Geronimo stilton o giù di lì, la difficoltà di comprensione è pressoché nulla, direi.I contenuti si capiscono, senza margini di errore o incomprensioni.A causa di della mia ignoranza nei confronti di King, qualora dovessi leggere un suo nuovo libro, e non capirlo o, peggio, trovarlo inutile, devo domandarmi sostanzialmente 2 cose;
    1) che cosa mi aspetto da questo libro, ed è il requisito più semplice da soddisfare: tutti/e ci aspettiamo, anche solo inconsciamente, qualcosa da un determinato autore, anche se già sappiamo che, per dirne una, ha cambiato genere, o stile, o è depresso etc. La rowling ha pubblicato alcuni libri più recenti sotto pseudonimo per un motivo, non a caso, così il figlio di Stefano Re; una non voleva essere riconosciuta, non tanto per non essere associata a "quella di HP"-che non avrebbe avuto senso, dato che sarebbe stata una mossa commerciale buona, come si è poi visto quando si è venuto a sapere che era lei la scrittrice misteriosa-, ma perché non voleva che la gran parte dei suoi lettori non venisse anche involontariamente "condizionata" dal fatto che a scrivere dei gialli fosse la mamma di HP (e ciò non significa che tutti fanno così; Sophie Kinsella non lo fa, per esempio), l'altro invece per non essere associato alla figura del padre, per varie ragioni a noi ignote. In entrambi i casi, gli scrittori, consapevoli che non pochi lettori/lettrici amano fare paragoni, anche, spesso, assurdi, con "l'altra rowling" o con il "babbo Stefano Re", hanno così preferito, a scapito di vendite immediate.
    È quindi necessario chiedersi, nel caso di un libro di King-per fare un esempio-, cosa so e cosa non so preliminarmente e poi,, successivamente, durante la lettura, constatare man mano se ciò che sto leggendo rispecchia l'idea più o meno precisa che ho dell'autore, delle sue tematiche, del suo stile, personaggi etc. (È in questo modo, analizzando cioè lo stile, che molti si sono accorti che a scrivere quei gialli sotto pseudonimo fosse proprio J.K.R.) e se ciò non combacia per qualsiasi motivo, significa che devo aggiornare il mio pensiero sull'autore, e spesso fare ulteriori ricerche. Siccome King libri "importanti" al di là della buona letteratura d'intrattenimento non ne ha scritti, a parte appunto Il miglio verde e 11 63, che tratta dell'omicidio di J.F.K., con questo autore non dovrò cambiare spesso idea. Ciò, naturalmente, non significa che tutto ciò che scrive sia ugualmente bello o brutto, ma che comunque ogni suo libro, sebbene non particolarmente impegnato, è diversamente impegnativo, a seconda di temi e stile ( che cambia anche nel corso del tempo) ;
    2) stabilire a che livello di profondità di lettura intendo arrivare; cosa che in realtà richiederebbe più riletture, ma che già a metà di una lettura si può percepire quanto ce la si sente di andare "a fondo"; quando lessi Kafka, prendendo uno non proprio dello stesso tipo di "letteratura" di King, la prima volta, non ci capì assolutamente nulla; rileggendolo mi resi conto che la mia ignoranza tanto dell'autore quanto di una gran parte dei contenuti di un suo libro o racconto, mi erano ignoti. Informatomi in merito, ero già meno ignorante e compresi più cose; così via di un tot di tempo in tot di tempo, ohni anno in più imparo qualcosa. Non perché gli anni precedenti non sono stato attento, ma perché poi leggo anche altro, e faccio lo stesso lavoro; il livello di difficoltà di lettura non cambia, sono io che "diminuisco" tale livello "acculturandomi": a un me a 15 anni Kafka diceva poco, ora a un me a quasi 21 anni dice tanto; e Kafka è bello che morto, non è lui che è cambiato ;)

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    1. In una scena del film Schindler's List, un ebreo deportato stacca dallo stipite della porta della propria abitazione un cardine. Scena che, detta così, per chi, come il me di 12 anni che vide per la prima volta il film, come a chi ignora le usanze e le tradizioni ebraiche, non ha senso. In realtà il suo significato la scena ce lo ha, uno che non lo capisce è solo perché non conosce ;)

      Sempre più fuori post.
      Buonanotte a tutte!!

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    2. Capisco ciò che intendi, ma per indole ed esperienza personali resto su un'idea meno "matematica" e più spirituale, non volermene a male. Non trovo che i libri di King siano necessariamente poco impegnativi, meno che mai impegnati. Un lettore che non ha sofferto orribilmente per via del bullismo, ad esempio, o che - peggio che mai - sia egli stesso un bullo, dedito solo a cercare il modo più sottile e sadico per fare del male e tentare di svergognare gli innocenti - non può accedere ai più viscerali contenuti di Carrie; non perché non conosca King, ma perché non conosce gli abissi di se stesso. E del dolore. E della malvagità umana. E della disperazione. Opinione mia, naturalmente, ma del resto se non ci fossero opinioni diverse il concetto stesso di "chiave di lettura" non esisterebbe. Anche se io fossi andata anche a letto con Dostoevskij, conoscendolo a fondo, non riuscirei comunque a leggere mezza riga dei suoi libri. Per me (so di star per scrivere un abominio, ma me ne farò una ragione) scriveva veramente male, con una prosa illeggibile, che ti fa desiderare una rapida morte per scioglimento dei bulbi oculari dopo poche righe. Oh, sarò blasfema ma per me è così. Non devo essere io a spellarmi viva per riuscire a comprendere o ad apprezzare un libro; da scrittrice, penso che sia l'autore a doversi spellare vivo, trovando un giusto compromesso fra ciò che lui è, ciò che sente di essere stato chiamato a esprimere e ciò che desidera far arrivare ai lettori, decidendone un ipotetico target. Dato che io intendo la scrittura sostanzialmente come un'opera di traduzione dalla lingua del mondo delle idee, a cui solo gli scrittori hanno accesso, a quella umana, sono gli scrittori/traduttori a doversi impegnare affinché le emozioni, i sentimenti, le immagini che traducono risveglino e rievochino la memoria collettiva ancestrale, cosicché possano assumere una connotazione il più possibile universale. La letteratura la vedo come una mano tesa, non come un criptico enigma, soprattutto se i concetti che intende eaprimere sono complicati o alchemici. Ma, di nuovo, è una mia opinione e in ogni caso stiamo andando decisamente OT. Preferirei rimanessimo in tema di Paolo, è lui il protagonista del post ;-)

      Grazie e buona notte.

      - Alice

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  5. Buongiorno a tutte!

    Non me ne voglia Paolo, ma un ultimo commento lo lascio, poi lascio a lui il palcoscenico XD

    Concordo in toto su Carrie, che resta il suo libro migliore; con non impegnati, intendevo non impegnati da un punto di vista non delle tematiche in sé, ma dell'originalità dei suoi libri. Senza girarci tanto intorno)e forse qui, per te, pra sarò io a bestemmiare) di libri che affrontano tematiche simili, ma anche in modo migliore, a Carrie ce ne sono diversi. Naturalmente, l'originalità non è un requisito fondamentale (anche perché cose realmente "nuove" non si scrivono più da 2000 anni) ma una tematica sì profonda, come il bullismo in genere, ma anche molto discussa, la reputo poco impegnativa da affrontare. Certo è più difficile insegnare determinate tematiche a scuola (come anche le discussioni sul mondo lgbt+ o le droghe, il cyberbullismo etc.), e qui si sfocia in un discorso più pedagogico che letterario, ma sarai d'accordo che, capita la stronzata che è il bullizzare persone più deboli, e non è difficile capirla, il tutto assume le connotazioni di un discorso giusto da fare ma che si esaurisce in breve tempo. Senza banalizzare, o voler rendere più o meno importanti certi temi a scapito di altri, personalmente sono altre le tematiche che reputo "impegnative". Ma anche qui, non intendo convincere nessuno/a.

    Non mi trovo per niente d'accordo sulla questione delle opinioni diverse, del fatto che se non esistessero "il concetto stesso di chiave di lettura non esisterebbe". Somiglia - ma correggimi se sbaglio!- ai discorsi di chi dice che in un quadro ognuno può vederci ciò che vuole e farsi la sua idea del mondo. Frase carina, ma secondo me equivale a fraintendere.

    Trovo che né lo scrittore/scrittrice debba spellarsi vivo per essere comprensibile, né il lettore /lettrice debba fare ciò. La letteratura non deve essere faticosa. Comunque, ho già risposto nella prima parte del 7° commento dall'alto sotto questo post, la definizione di persona critica data da HPL.

    Ciao, e buon pomeriggio! :)

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    1. Data la mia vita e il mio passato non posso in alcun modo concordare sull'idea che il bullismo sia una tematica poco impegnata o impegnativa, per il resto in ogni caso è giusto che ciascuno abbia la propria idea. Non trovo che avere opinioni diverse sia un concetto all'acqua di rose, altrimenti vivremmo in un mondo distopico in cui un'unica opinione è ritenuta quella inviolabilmente e matematicamente giusta, mentre tutti quelli che la pensano diversamente vengono additati come ignoranti. Potrebbe essere un'idea carina per un libro, però ;-)
      L'arte, poi, è il regno della libertà espressiva e, quindi, anche, almeno in parte, interpretativa. Non nel senso che dovremmo sentirci liberi di sparare a caso su ciò che secondo noi voleva dire l'autore, ma possiamo sicuramente dire cosa quell'opera significa per noi, cosa dice alla nostra anima.

      Detto questo, ti ringrazio per lo scambio di vedute e invito entrambi, me compresa, a non uscire più dal topic. Se desideri proseguire la conversazione, sei più che benvenuto ma ti invito a scrivermi via e-mail all'indirizzo che trovi nella home. Grazie per la comprensione e buona giornata a te!


      - Alice

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  6. Gran bell'intervista! E fiaba che sembra veramente interessante! Complimenti

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    Risposte
    1. Grazie! Per me è stato un onore intervistare Paolo, è davvero una persona d'oro, oltre che un bravo scrittore. Se ti capita di imbatterti in questo libro, non te lo lasciar scappare ;-)


      - Alice

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Tu.
Sì, proprio tu.
Ti trovi in un luogo fra lo spazio e il tempo, dove l'educazione e il rispetto sono la regola internazionale. Se ciò che stai scrivendo è offensivo, sei pregata/o di contare fino a dieci e ricordarti che nell'eternità siderale la stupidità non ha luogo.