domenica 17 giugno 2018

Per il ciclo recensioni librose: Le streghe di Atripalda di T. Lorenzo


Ci sono libri che ci arrivano per scelta: andiamo in libreria con il preciso intento di acquistare un nuovo amico di carta, spulciamo quelli sugli scaffali, e alla fine ne compriamo uno (o più di uno) e ce lo portiamo a casa, nascosto dentro la falda del cappotto, proprio sopra il cuore.
Ma non sempre va così. Ci sono storie che giungono a noi nei modi più disparati, per vie traverse e poco battute, suggerimenti, richieste, consigli.
E' il caso di "Le streghe di Atripalda" di Teodoro Lorenzo (2017, Collana Arcadinoè, Bradipo Libri Editore), una raccolta di racconti che forse non avrei avuto l'occasione di leggere, se non fosse stato l'Autore a chiedermi un parere diretto. Lì per lì, non vi nascondo che, aprendo il pdf e scoprendo che si trattava di racconti sportivi, ho rischiato di farmi venire un colpo: per quanto io non sia il prototipo della ragazza che non sopporta il calcio e gli altri sport, non è esattamente un'area di mio interesse... o in cui riesca particolarmente. O che capisca. Tipo, il fuorigioco. Lo so, ho detto che non sono quel prototipo di donna, ma che diamine, il tizio che ha inventato la regola del fuorigioco doveva stare male forte. Oppure il baseball. Prima base, seconda base. Strike. Altra roba di cui non ricordo il nome. Cioè, perché? Perché?
Alla fine, comunque, mi sono messa il cuore in pace e mi sono ripromessa di leggerli, questi racconti. Perché dovevo, perché era giusto che lo facessi - ma, soprattutto, perché le sorprese possono nascondersi ovunque, anche nei posticini più angusti e insospettabili; e poi, adoro leggere storie, e qui ce n'erano ben quattordici. Sono una dannata golosa. Sono una peccatrice.

E per fortuna, perché questa raccolta ha sì come denominatore comune quello dello sport, ma non parla solo di questo. Anzi, lo sport sembra quasi essere un pretesto, o meglio, un veicolo per trasmettere emozioni e speranze che ci accomunano tutti: amore, vendetta, ingiustizia, desiderio di rivalsa, passione, ambizione di raggiungere un obiettivo, fatica, onestà, fede, lealtà. Tutti gli sport presentati (dal ciclismo al pugilato, dal calcio all'hockey, alla pallavolo, al tiro con l'arco, e molti altri) sono descritti in modo avvincente e, soprattutto, con grande perizia, come se l'Autore, che non conosco personalmente, avesse non solo fatto delle ricerche in merito, ma li avesse anche esercitati tutti, e per anni, succhiando da ciascuno la linfa con la quale, poi, scrivere questa raccolta. Che non è esente da difetti, ma prima di passare a quelli vorrei spendere due parole sui suoi numerosi lati positivi.

Ambientazione: è forte, intensa, vivida, è come se trasudasse da ogni racconto. Avete presente l'odore di fatica, polvere e scarpe delle palestre? Beh, io l'ho sentito di nuovo, leggendo questo libro, e mi è piaciuto. Ma non solo. Leggendo questi racconti non si può fare a meno di sentirsi parte di quei paesini di provincia dove il circolino sportivo è il cuore pulsante di tutte le attività, le curiosità e le ambizioni del paese. Il circolo sportivo e/o la palestra diventa metafora di fucina di vita, in cui i giovani possono venire ancora forgiati nello spirito, oltre che nel corpo, e trovare figure paterne 
sostitutive, nuovi amici, le prime competizioni, alleati, ma soprattutto se stessi.

Personaggi: sono ben delineati, alcuni molto forti, come Ivo del Fuoco, protagonista di uno dei racconti che ho più apprezzato; il loro DNA è fuso con quello dello sport, ma non in maniera forzata o fastidiosa; le loro storie sono naturali, autogenerate. Sono le vostre storie, e anche le mie, perché in ciascuna disciplina sportiva, e in ciascun racconto, si nasconde un messaggio importante, un insegnamento che i personaggi applicheranno non solo per vincere le competizioni, ma anche per risolvere, o almeno capire, i loro problemi. Lo sport diventa un rifugio, un luogo in cui stare in silenzio e piangere, come il protagonista di "Un ring in Paradiso", che si nasconde, dopo ogni incontro di pugilato, negli spogliatoi a soffrire per il dolore dei colpi ricevuti, ma anche per quello emotivo per il fatto che la moglie lo tradisce con qualcuno di meno introverso di lui. Personaggi a tutto tondo, quindi, che sì vivono attraverso lo sport, ma lo piegano anche alle loro esigenze, talvolta abbandonandolo, altre ponendo addirittura fine alla propria vita attraverso di esso, in un prisma variegato di situazioni e finali che alzano il livello dell'intera raccolta.

Anima: ce n'è parecchia, e ogni racconto contribuisce a disegnare quella mappa collettiva di memorie, emozioni, ricordi cui ho accennato qualche riga fa. Si parla di edifici scolastici da cui sono passati tutti i ragazzi del paese, diventando uomini; si parla di circoli sportivi, officine meccaniche, bar sport, piazze, vie, palestre, campi da pallavolo, fiumi, e ogni vittoria, ogni lotta dei personaggi risveglia nel lettore una sorta di antica memoria ancestrale, qualcosa che ha a che vedere con l'infanzia, con il gelato preso al bar dopo un pomeriggio a lezione di judo, con il borsone da palestra appeso alla spalla che ti sbatte contro la coscia mentre cammini verso casa, il sole a scottarti la testa, ma col sorriso sulle labbra per le belle parole che ti ha rivolto l'allenatore.

Nomi: diciamo che questo è sia un punto a favore che a sfavore, secondo il mio parere, ma immagino vada a gusti. Provo a spiegarvi cosa intendo. E' vero che io non sono un'appassionata di letteratura contemporanea italiana, ma qui i nomi dei vari personaggi suonano decisamente... "vecchia Italia": Aquilino, Dorina, Edilio, Vittorino, Vladimiro, e potrei continuare. Se da un lato questi nomi contribuiscono, insieme a quelli degli sconosciuti paesi che fanno da sfondo ad alcune delle vicende (non me ne vogliano gli abitanti; anche io abito in un paesino di provincia che sfido chiunque non sia della zona a conoscere) - come Arcinazzo, Atripalda, San Severino - a ricreare quell'atmosfera delle piccole comunità rimaste ferme nel tempo a qualche decennio fa, dall'altro rischiano di risultare pruriginosi e allontanare chi, come me, preferisce di gran lunga la letteratura estera e/o generi più dinamici e al cardiopalma. Ripeto: gusti.

In ultimo, menziono un paio di elementi che io, personalmente, ho trovato da migliorare. Nonostante la qualità dei racconti sia buona e diventi decisamente ottima da metà in poi, i primi li ho trovati un po' verbosi, infarciti di pagine in cui il medesimo concetto viene ripetuto parecchie volte, pur essendo poco utile ai fini della trama. Il che è un peccato, perché le storie sono tutte talmente interessanti che la voglia di andare avanti e scoprire cosa accade ti porta a saltare a piè pari interi paragrafi superflui, che in revisione io avrei tagliato o condensato in poche righe. Gusto personale, naturalmente.
Lo stesso processo di miglioramento progressivo ed esponenziale l'ho individuato anche nell'ortografia e nella punteggiatura: se all'inizio qualche refuso ed errorino si trova ("gli" al posto di "le", passato remoto al posto del trapassato prossimo quando un personaggio parla di un episodio passato della sua vita), mano a mano questi scompaiono, lasciando un testo pulito, di ottima fattura e molto emozionante. In più di un'occasione ("Lettera a Maria", "Ghiaccio e Fuoco", "Un ring in Paradiso") mi sono ritrovata con la lacrimuccia, per dire, tanta era la commozione che, nello spazio di poche pagine, queste storie sono state in grado di risvegliare dentro di me.

In definitiva, il mio giudizio è senz'altro positivo, specialmente da metà in poi. "Le streghe di Atripalda" è uno di quei rari libri che, pur con qualche imperfezione, si mette totalmente al servizio della comunità, della memoria collettiva, dell'umanità, dell'italianità, della provincialità, dell'anima, dei ricordi, della gentilezza, dei piccoli gesti, il tutto con grande umiltà. Un'umiltà che ho riscontrato anche nell'Autore, al quale faccio i miei complimenti e i miei migliori auguri di proseguire con la sua carriera di scrittore. Sempre di Teodoro Lorenzo, fra l'altro, potete trovare anche un'altra raccolta di racconti (sempre quattordici, sempre sportivi): "Saluti da Buenos Aires", anche questa edita da Bradipo Libri Editore. Quanto a me, ho già voglia di leggerla.


- Alice

10 commenti:

  1. Ciao, anch'io come te non gradisco molto questo tipo di lettura, pur seguendo con interesse diversi tipi di sport, quindi sicuramente se non avessi letto la tua recensione, non mi sarei mai avvicinata a questo libro.
    La positività che hai trovato in questi racconti, la tua lacrimuccia, e i complimenti all'autore, mi hanno fatto capire che " Le streghe di Atripalda" di T. Lorenzo, farà parte della mia libreria!

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    1. Mi fa molto piacere! In effetti esistono tantissimi libri, in particolare editi da Case Editrici indipendenti, che, senza un'adeguata promozione/distribuzione o comunque senza che qualcuno, anche un libraio, ce li consigli, sono difficili da sentir nominare in giro! Ed è un peccato, perché così rischiamo di perderci un sacco di chicche della letteratura, come "Le streghe di Atripalda"! :)

      Alla prossima e grazie per il commento!


      - Alice

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  2. Buongiorno a tutte!

    Ai lettori e lettrici non appassionati, lo sport sembra roba di altri, un concetto alieno tanto è distante dalla nostra quotidianità (in questo momento me ne sto spaparanzato sulla sedia a dondolo più vecchia di me, con una gamba sul bracciolo destro, quasi tutto piegato a sinistra sommerso di cuscini con il gatto... più sportivo di così :)

    Scherzi(?)a parte, nei libri per ragazzi spesso lo sport viene usato come metafora della vita (a prescindere dallo sport scelto), per creare quel racconto di formazione fin troppo abusato in questi ultimi anni. Non mi riferisco a serie per ragazzini (GOL!, la tribù del pallone, Stelle sul ghiaccio...), ma a libri come La stella nel pugno, Mishä corre etc., e lo trovo normale giacché è proprio da ragazzi/e che si comincia a praticare sport, solitamente.

    Non mi fanno impazzire questo genere di racconti, anche per alcuni punti da te espressi (tipo i nomi "itagliani" di paesini/cose/persone, effettivamente sanno di "vecchio", per non parlare di casi in cui il libro è praticamente in dialetto (camilleri). Comunque, potrebbe essere che alcuni errori (come il "gli" al posto del "le") siano voluti dall'autore, se questi errori sono nei dialoghi dei personaggi (spesso nel parlato si commettono codesti errori, come anche "più completo", "finalissima", "cigliegie" etc.).

    Personalmente non digerisco spesso la letteratura "sportiva", e neanche a livello cinematografico (giusto Warrior, Rocky e Da qui all'eternità), però sembra interessante.

    (Ma la regola del fuorigioco è probabilmente la regola più sensata del calcio, senza di quella metà squadra starebbe solo in attacco a due metri dal portiere avversario e la difesa sarebbe costretta a tallonare, col risultato che i 4/5 del campo da calcio, nella zona centrale, sarebbero "spopolati"... una regola davvero stupida - tra le tante...- è quella che conta l'arbitro come "palo" se, per errore, il pallone gli finisce contro e, grazie a questa deviazione, va in rete...e si conta come gol... -_- ) ;)

    Buon pomeriggio!

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    1. Ciao!

      Ma sicuramente la regola del fuorigioco è sensata... ne sono certa... solo che anche provando a leggere le tre righe che hai scritto sull'argomento mi si sono intrecciati gli occhi. Forse è un caso di dislessia per le regole sportive. Non lo so. Comunque, ti credo sulla parola xD

      Neanche io sono un'appassionata di questo genere di racconti (e nemmeno di film, non mi piace neanche Rocky, né altri famosi e anche drammatici, tipo Million Dollar Baby), ma devo dire che questi mi sono piaciuti. Non ho troppo presenti i libri per ragazzi da te citati proprio perché non mi sono mai interessati, però posso dirti che qui lo sport come metafora di vita è espresso in maniera molto sottile e autogenerata dalla trama, non c'è una corrispondenza forzata o artificiosa fra le due cose. Poi, ripeto, alcuni racconti mi sono piaciuti meno di altri, ma alcuni mi hanno davvero emozionata. Anche "Il colibrì", che ho dimenticato di citare nella recensione, mi ha colpita positivamente.

      Comunque, no, il discorso di "gli" al posto di "le" si trova nel sommario e non nel discorso diretto, pertanto non è un caso di verismo alla Verga, per intenderci. Comunque, bella riflessione :)

      Buon pomeriggio a te!


      - Alice

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    2. AHAHAHA!!! ;) è abbastanza comune non capire il fuorigioco, anche se ad altre persone risulta facile.

      Sai che di C. Eastwood ho visto quasi tutto tranne gli ultimissimi (Sully, Hereafter), Il texano dagli occhi di ghiaccio e, appunto, Million Dollar Baby, che mi sono ripromesso di recuperare. Non so se lo hai visto, ma in un cartone (o film d'animazione) intitolato Rango il buon vecchio Clint compare in un cameo... :)

      Verga interessante, pesante ma per forza, verrebbe da dire...

      E la Nazionale Italiana femminile è tornata al mondiale dopo 20 anni. :) (non seguo sport, ma il calcio e la pallamano femminili talvolta sì).

      Buon proseguimento di pomeriggio meriggio a tutte.

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    3. Purtroppo Eastwood lo conosco meglio come attore che come regista, anche se so che ha realizzato film davvero eccezionali. So che anche "Gran Torino" è stato molto ben recensito, ma qui si esauriscono le mie conoscenze sull'argomento.

      Verga a me è piaciuto e non l'ho trovato pesante, ma so che è raro sentirlo dire, come nel caso di Italo Svevo (a me è piaciuto pure lui). In compenso, non capisco la regola del fuorigioco. Che ci posso fare? XD

      Tornando in topic, ho letto anch'io questa notizia sulla Nazionale e ne sono orgogliosa :)

      Buon proseguimento a te!


      - Alice

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    4. Gran Torino è una Gran Fi... è molto bello, e il finale si riconosce che è "di Clint" ;)

      Anche a me Verga piace (decisamente meno svevo, ma son gusti), il "pesante" è, naturalmente, riferito al suo stile Verista, realistico, estremamente concreto di raccontare storie quotidiane del proprio tempo (La Lupa è solo il racconto più famoso, sebbene uno dei migliori), ma mi aspetto ormai che tu me sappia anche più di me ;) e comunque, meglio capire Verga che la regola del fuorigioco (anche se è facile dai... se un giocatore, spesso attaccante, di una squadra che sta andando all'attacco, su contropiede, si trova oltre l'ultimo difensore dell'altra squadra al momento del cross (cioè del passaggio) di un compagno ed è quindi da solo contro il portiere è fuorigioco. In altre parole, deve SEMPRE esserci almeno un giocatore di una squadra davanti al proprio portiere e, quindi, davanti al giocatore (spesso attaccante) più avanzato dell'altra squadra. Se così non è, allora è fuorigioco. :)

      In realtà non essendo sportivo né particolarmente patriottico (ringrazio giusto di avere a disposizione una cultura enorme da approfondire, lascito degli italiani passati) non tifo granché...

      Buonaserata a voi!

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    5. Il tuo commento per me era chiaro fino a Verga, poi c'è stato un borbottio incomprensibile e poi è tornato chiaro... mi spiace xD ma grazie per avermi scritto la regola, magari un giorno riuscirò a capirla rileggendola tipo venti volte di fila. Nemmeml io sono patriottica; di contro, per via del mio primo romanzo amo moltissimo la Germania, pertanto tifo spesso per quella squadra. Sì, anche se gioca l'Italia. Mi dispiace. Cioè, no.

      A parte ciò, capisco cosa vuoi dire su Verga. Io adoro Rosso Malpelo come novella, la conosci? Il finale è qualcosa che spezza il cuore. Almeno, per i miei gusti.


      - Alice

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    6. Ok, mi arrendo, più di così... ;D

      Conosco Rosso Malpelo, splendida metafora sociale sulle imposizioni, spesso non giustificate, che la gente ti obbliga ad accettare, come il fatto che, pur non avendone motivo, la società odia Malpelo per il colore dei capelli, che in realtà è solo una specie di copertura, perché semplicemente odia l'uomo per il passato del padre e perciò stesso, a forza di essere disprezzato, Malpelo si convince di essere realmente "cattivo".

      Se è per questo io, per via dell'unico viaggio che mi abbia mai soddisfatto, a Riga, amo la Lettonia, ma purtroppo non posso tifare per lei perché ai mondiali non c'è (non ha una grande tradizione calcistica). A questi mondiali tifo Islanda, altro Paese che mi piace, anche se lo vincerà il Portogallo ;)

      Verga è, insieme a Pirandello e Ungaretti uno dei pochi italiani interessanti, tra quelli considerati maggiori, che si fanno a scuola (anche se di Pirandello più in là di Uno nessuno e centomila e i romanzi non si va, di solito...e è un peccato, data la rara qualità del teatro pirandelliano). Grazie per gli spunti.

      Buonanotte a tutte!

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    7. Concordo su Pirandello: io trovo eccezionale, ad esempio, "I quaderni di Serafino Gubbio", ma anche gran parte delle novelle, come quella, di rara bellezza, dal titolo "L'uomo dal fiore in bocca". Molto bella anche quella sul fischio del treno, mi pare si intitoli "Il treno ha fischiato"... giusto per citarne un paio. Purtroppo sono passati anni ed è dura ricordare tutto, ma Pirandello mi ha sempre appassionata. Uh, bellissimo anche l' "Enrico IV", un testo teatrale che esplora le varie sfaccettature della follia e della società contemporanea a Pirandello.

      Va bene, basta, siamo troppo fuori tema rispetto al post :P

      Vado a letto anch'io, buona notte e grazie per le conversazioni sempre stimolanti :)


      - Alice

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