domenica 22 maggio 2016

La mia vita torinese: giorno 2, in cui rischio un infarto prima di colazione


Giorno 2
In cui rischio un infarto prima di colazione


COSE BELLE: lo specchio in camera, l'ospite francese esagitata per i croissant, i biscotti burrosi, il Salone del Libro, un incontro speciale, la Van Gogh Alive Experience.

COSE INQUIETANTI: lo specchio in camera, la fluorescenza (che fa molto "la luccicanza" di Shining), la fila di Murphy, il passaggio repentino da 33° al diluvio con grandine e lamadonnadelfreddomortale.


Sono le 4.32 del mattino e penso che il cuore mi esploderà.
E dire che, fino a pochi minuti fa, mi crogiolavo nel tepore delle coperte cercando di soffocare l'impulso della mia vescica a voler fare pipì. Il dialogo era qualcosa del tipo:

"Pipì."
"Ma ho sonno..."
"Pipì!"
"Ma qui c'è un bel teporino, e poi è ancora presto, e poi potrei non addormentarmi più, e poi non mi scappa davvero, e poi..."
"PIPI'!!!"

Alla fine, ho dovuto cedere. Mi sono voltata, ho cercato la luce, non l'ho trovata, mi sono alzata comunque a sedere... ed è stato allora che li ho visti.
Mike, Henry e Georgia.



Per chi non sapesse di chi sto parlando, vi invito a leggere il mio precedente post sul mio primo giorno a Torino. Ma sono certa che molti di voi già sapete di Mike, Henry e Georgia, i miei tre inquietanti compagni di stanza umanoidi.
Qui li vedete alla luce del sole:


Mi ero quasi abituata a loro, ma non sapevo fossero anche fluorescenti. Mentre cerco di uscire dall'iperventilazione, trovo il tempo per ringraziare sentitamente la mia vescica per aver mantenuto gli ureteri saldi e mi fiondo in bagno.
Al mio ritorno, Mike, Henry e Georgia sono quasi invisibili, ma non oso accendere la luce per non rischiare di ricaricare la luminescenza della speciale vernice con cui qualcuno di molto, molto sadico, li ha dipinti sulla parete.

Supero più o meno indenne la notte e, al mio secondo risveglio, per fortuna la luce del giorno inonda già la stanza. Mi piacerebbe restarmene un po' qui a dormicchiare, ma poi ricordo che questo è Il Grande Giorno e nel giro di pochi minuti sono già vestita e truccata. Un piccolo inciso: mentre passo davanti allo specchio, mi rendo conto che non solo qui ci sono appendiabiti a forma di mano e alieni sulle pareti: anche lo specchio è magico, perché mi fa molto più magra di quanto io non sia. Cosa bella o inquietante? Non sono riuscita a categorizzarla.

Ah, una nota sulla colazione: qui i biscotti al burro sono buoni da paura. Anche i croissant, suppongo, perché a un certo punto un'altra ospite dell'hotel, di nazionalità francese, piomba nella sala della colazione e si mette a cinguettare in una sorta di parossismo estatico: "Les croissant! Les croissant!". Stavo per mettermi a canticchiare "Les poissons" da La Sirenetta, ma mi sono fermata in tempo.


Tè caldo, spazzolino, profumo, i sedili troppo duri della metropolitana. Riesco a pensare solo al Salone e al pianto sommesso del mio portafoglio nella borsa. Nel giro di pochi minuti arrivo alla stazione LINGOTTO e cerco di non annegare nella fiumana di gente che fuoriesce dalle porte della metro. Abbiamo tutti lo sguardo fiero e luminoso, un biglietto in mano e un sogno nel cuore.
Poche decine di metri più avanti, scorgo la meta: ACCREDITO STAMPA. E' il primo anno che mi dirigo lì per comprare il biglietto (grazie a voi lettori e a questo blog libroso), e devo ammettere che per me, anche se è una piccola cosa, è una grande emozione.


Emozione che scema subito, appena mi rendo conto che ci sono solo due operatori e che le due file sembrano non finire mai. Non faccio che saltellare da una colonna all'altra, sperimentando la celebre legge di Murphy secondo la quale la lunghezza di una fila è direttamente proporzionale al fatto che tu ti ci sia appena accodato.
Alla fine, dopo aver scoperto che avevo pure sbagliato sportello (quello giusto era ACCREDITO PROFESSIONISTI, che detto così fa molto figo), riesco finalmente a entrare e questo è ciò che vedo:




Bellissimo.
Un infinito di libri. L'eterno ritorno della cultura e della creatività, non solo come risorsa inesauribile e connaturata alla natura umana, ma anche come energia, flusso di idee e progetti. Un percorso trasversale che connette i grandi autori del passato a quelli contemporanei e, soprattutto, agli scrittori di domani.
Dopo essermi persa giusto 7-8 volte nel primo padiglione (non ero confusa per l'emozione, è che io mi perderei anche in un pozzo), riesco finalmente a sottrarre l'ultima mappa del Salone a una bambina troppo lenta che mi guarda con odio e mi dirigo verso l'area book.

Arrivarci è sorprendentemente facile: mi basta camminare diritta per meno di cinque minuti e, d'un tratto, davanti a me si apre la zona del Salone in cui centinaia di Editori espongono i loro gioielli: dappertutto s'innalzano piramidi di libri, laghi di borse di stoffa, scrigni ricolmi di segnalibri gratis. Anche le borse di stoffa sono in regalo e nel giro di pochi minuti ne colleziono una sciccosissima di Kent Haruf allo stand della NNE, una delle mie Case Editrici preferite. Qualcuno me ne aggancia un'altra alla spalla, ma non vedo chi. Mi sento come una turista appena arrivata alle Hawaii alla quale infilino una collana di fiori al collo.

Passo una mattinata magnifica in compagnia di Erica (La Leggivendola) e, per brevi ma intensi attimi, anche di Nereia (LibrAngolo Acuto), entrambe blogger eccezionali. In realtà ci sono anche altre amiche con noi, ed è magnifico gironzolare con loro mentre tento di non cedere a tutte le tentazioni del Salone... tranne una.
Lo vedo, laggiù, in perfetto abito scuro e sorriso cordiale: Giuseppe Russo, il direttore editoriale di Neri Pozza, che sono davvero felice di poter incontrare di nuovo. Colgo l'occasione per sfogliare anche "Dentro soffia il vento" di Francesca Diotallevi, che ha vinto la sezione Under 35 del Premio Letterario Nazionale Neri Pozza 2015, in cui io sono arrivata seconda. La copertina è fantastica e Francesca è davvero piena di talento: sono contenta che abbia potuto realizzare il suo sogno di pubblicare con Neri Pozza e le auguro, sinceramente, ogni bene.


Beh, ci voleva una mia foto del tutto inutile e superflua, no?
No. Ma io l'ho messa comunque.
Dopo un pranzo veloce a base di riso al curry cucinato dall'amorevole Erica, decido di scombinare definitivamente tutti i miei piani: invece di andare alla mostra "Society, you're a crazy breed" di Botto&Bruno, andrò al Museo di Antropologia Criminale di C. Lombroso. Purtroppo non è concesso fare foto, nemmeno senza flash, ma posso dirvi che, anche se le teorie di Lombroso sono superate, questo è un piccolo museo che ha almeno due aspetti positivi: costa solo 3 € con la riduzione e, secondariamente, contiene un rispettabilissimo numero di teschi umani. E' stato un po' triste leggere che di molti di quei teschi non si conosce nemmeno la provenienza, ma immagino che non ci si possa fare molto. Non posso fare a meno, però, di contemplare tutte quelle orbite vuote, cercando disperatamente, ma senza successo, di cogliere cosa mi stanno supplicando di fare. Aiutarli? Ricordarmi di loro? Oh, lo farò.
Lo farò.

All'uscita, mi dirigo verso il Parco del Valentino, dove la Promotrice delle Belle Arti ospita la mostra "Van Gogh Alive Experience", che è praticamente il motivo principale del fatto che sono qui, Salone a parte. Ci tengo un sacco a vederla e per questo mi metto in marcia piena di aspettativa.
Qualcosa inizia ad andare storto verso Viale Medaglie d'Oro, ma lì per lì non capisco bene cosa sia. So solo che sto camminando, che ho caldo e che la strada s'inerpica per una spiacevole salita sotto un sole cocente. Ecco cos'era! La temperatura! Sì, perché nell'ultima mezz'ora sembra aumentata di parecchi gradi. Guardo in su: un cielo blu con al centro una palla di fuoco che, spietata, mi tira su con l'amo ogni singola stilla di sudore dalla pelle. Fa troppo caldo anche per gli scoiattoli, che rifiutano sistematicamente prima i pinoli, poi le mandorle e infine, a tradimento, perfino i pistacchi che gli offro.
Finalmente, dopo i miei 40 giorni (in realtà saranno stati venti minuti, ma son dettagli) nel deserto arrivo alla Promotrice delle Belle Arti, per cui mi fiondo dentro e acquisto un biglietto per quella che, per ora, non so ancora essere una delle esperienze più belle che farò in tutta la mia vita.











Ho preferito lasciar parlare le immagini.
Tutto il museo è un enorme schermo che cambia continuamente "canale" tra le centinaia di quadri di Van Gogh, quadri che quel povero diavolo non vendette mai. Se non ricordo male, riuscì a venderne giusto un paio, ma Vincent morì nella disperazione e nell'indigenza: nessuno gli riconobbe mai il suo genio, tranne forse, a modo suo, il fratello Theo, con il quale intrattenne una fitta corrispondenza postale. Il monologo che appariva sulle pareti era tratto proprio da quelle lettere.
Vincent non si creò una carriera, una famiglia, una realtà professionale, né un gruppo di amici; pian piano, crollò in una depressione gravissima che lo portò all'internamento nel manicomio di Saint Rémy, all'automutilazione, all'alcolismo e perfino all'ingestione delle tempere con le quali dipingeva... fino all'atto estremo del suicidio, che compì sparandosi al petto in un campo di grano reso celebre dal quadro che aveva dipinto poche ore prima. Tornò poi nella sua stanza, dove venne trovato dopo diverse ore, sofferente e in un lago di sangue.
Al dottor Gachet, che tentò di salvarlo, egli disse che, anche se fosse sopravvissuto, avrebbe tentato di nuovo il suicidio. A Theo, accorso la mattina dopo, disse che la sua "tristezza non avrà mai fine". Ho imparato da Wikipedia che le sue ultime parole sembra siano state: "ora vorrei ritornare".
Poco dopo, morì. In tasca gli trovarono una lettera per il fratello che non aveva fatto in tempo a spedire, in cui c'era scritto: "Vorrei scriverti molte cose ma ne sento l'inutilità [...] per il mio lavoro io rischio la vita e ho compromesso a metà la mia ragione".







Ho fotografato tutti i suoi sguardi, i suoi occhi tristi, tragici, disperati. Io stessa ho pianto dall'inizio alla fine della mostra. Pensate che, quando ormai stavano per parlare della sua morte, è apparso sugli schermi il suo celebre "Campo di grano con volo di corvi":



Dopo qualche secondo, si è udito uno sparo e i corvi si sono animati e sono volati via. Ho pianto come una vite tagliata, sul serio.
Più avanti, c'era anche la ricostruzione di  uno dei suoi dipinti più famosi, la sua stanza a Auvers:



E' stata una vera emozione... anche se non quanto la COSA INQUIETANTE che mi attendeva all'esterno. Non i 33° per cui già ero in ansia, né il sole a picco che mi aveva bruciato la nuca mentre salivo faticosamente fino al museo.
Diluviava.
Naturalmente, non avevo un ombrello.

Diciamo che non serve che io vi dica in quale deprimente e fradicia condizione sono arrivata nuovamente in hotel. Mike, Henry e Georgia cercano subito di tirarmi su il morale, ma nulla riesce ad aiutarmi quanto un bel bagno bollente, seguito dalla foto riepilogativa di questa folle giornata di acquisti librosi:


Quando, tre ore più tardi, spengo la luce, mi volto verso i miei tre nuovi amici alieni e sorrido. Ho passato una giornata strana ma magnifica, tra stand di NNE, Corbaccio, il Libraccio, Marcos Y Marcos e tanti altri; anche se ieri mi sentivo un po' in ansia per il fatto di essere da sola in una città lontana, oggi Torino mi ha mostrato il suo lato migliore, quello degli scoiattoli e della cultura e della mano calda e asciutta del signor Russo, che spero, un giorno, di rincontrare.
Per adesso non posso che chiudere gli occhi e pensare a ciò che mi attende domani. Sicuramente Mike, Henry e Georgia veglieranno sul mio sonno.
Almeno fino al risveglio... un risveglio che, anche se per ora non ne ho idea, sarà ancora più traumatico di quello di oggi.

Fine seconda parte

6 commenti:

  1. Ehy:),ti ho appena nominata nel liebster award 2016^^ ti aspetto!

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    1. Ehy, ciao! :D A dire il vero è la mia seconda nomina in due giorni, non posso più dire di non avere mai 'na gioia! :P Grazie infinite!

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  2. Questa seconda parte è stata ancora più bella della prima, e quando hai parlato della mostra su Van Gogh mi stavo commuovendo anch'io! D: Che bastardata, quella del quadro col campo di grano e poi il colpo di sparo. Se l'avessi visto dal vivo sarei morta. Attendo la terza parte con impazienza! *-*

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    1. Wow, grazie infinite! In realtà devo ammettere che mi sto divertendo alquanto scrivendo questo resoconto, ma la cosa più incredibile è che è tutto vero!
      Per quanto riguarda Van Gogh, se ti trovi nelle vicinanze di Torino ti consiglio di andare a vedere quella mostra, anche perché ci sarà ancora fino a metà giugno, se non erro, e poi non so dove altro verrà allestita.
      A breve scriverò anche la terza parte del diario, comunque, e risponderò anche alle tue domande del Liebster Award <3

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  3. >>contiene un rispettabilissimo numero di teschi umani.

    Questa è una signora motivazione per adorare il museo Lombroso ù_ù

    (il mio riso era mediocre. però ho appena fatto dei biscotti birra&zenzero interessanti.)

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    1. "Interessante" è un aggettivo curioso per definire del cibo, ma vorrei provarli u.u/ peraltro, stanotte è uscita anche la terza e ultima parte del mio diario torinese, se ti va di leggiucchiarlo!

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Tu.
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