venerdì 29 giugno 2018

Cuore di Tufo - Giuseppe Chiodi

A cosa pensate se dico Napoli?
Ok, quelli di voi che hanno pensato alla pizza riabbassino le mani, per favore. Oggi non parliamo di quella Napoli. Parliamo di una Napoli vera, fatta di persone e folclore. La Napoli di "Cuore di Tufo", scritto da Giuseppe Chiodi.





TitoloCuore di Tufo


AutoreGiuseppe Chiodi

Casa editriceDark Zone edizioni

GenereDark/Urban fantasy

Pagine: 113



Partiamo da una premessa: io non conosco Napoli. Ci sono stata una volta sola, per un colloquio di lavoro. Una toccata e fuga di un paio d’ore che mi ha vista tornare a casa assonnata e frastornata per il lungo viaggio senza essermi goduta niente (nemmeno un trancio di pizza!). Dunque, è chiaro: non conosco affatto questa città e probabilmente è per questo se, nell’avventurarmi tra le pagine di Giuseppe Chiodi, mi è sembrato di affacciarmi su un mondo completamente nuovo. Sì, perché "Cuore di Tufo" non racconta solo la storia di Pietro, e di come costui cerchi in ogni modo di salvare sua figlia dalle grinfie della Bella ‘Mbriana, ma racconta Napoli, trascinandovi dentro i suoi misteri e dentro le sue più profonde introspezioni.

Vi riassumo brevemente la trama. Pietro Cimmino, proprietario di un negozio di antiquariato, è un uomo superstizioso, caduto in un vortice di ossessione e magia nera. Ancora turbato dalla separazione recente con sua moglie, vive con la piccola Sonia, sua figlia, che per lui rappresenta l’universo intero. Nelle prime pagine del romanzo, però, Pietro incontra Dafne, una bella studentessa beneventana, che riaccende in lui una scintilla di speranza. Forse può di nuovo essere felice. Forse, può ancora amare. Sarà proprio questa scintilla, e la stessa Dafne, a scatenare le ire della Bella ‘Mbriana, lo spirito protettore della casa a cui Pietro è devoto, e a mettere in pericolo Sonia. Per salvarla, Pietro varca finalmente la linea che separa la realtà dall’immaginazione. Si avventura, così, nella Napoli del sottosuolo, alla ricerca dello spirito del monacello, l’unico in grado di aiutarlo a sconfiggere la Bella ‘Mbriana e a salvare sua figlia.

Insomma, una storia lineare, piacevole, però mai scontata. Un romanzo che, a mio avviso, non solo racconta l’amore disperato di un padre ma, come Pietro che si avventura nelle catacombe, scende a esplorare le sfaccettature più profonde della solitudine. Quella di un uomo devastato da un amore finito, disposto a credere agli spiriti — e ad apparecchiare per loro, come vuole la tradizione napoletana — pur di non sentirsi solo. Una storia il cui protagonista non è il classico eroe disposto a morire pur di salvare un amico, ma un uomo vero, uno per cui la propria sopravvivenza viene prima di quella altrui.



Un serpeverde, insomma! E qui devo fare una nota di merito a Giuseppe Chiodi: fantastici i richiami alla Rowling, da brava fanatica di Harry Potter, li ho apprezzati tantissimo!

Ottima la prosa. Pulita e mai troppo verbosa, spinge affinché il lettore proceda con la lettura senza mai annoiarsi. L’unico appunto che mi sento di fare, in merito, riguarda i dialoghi. Approvo la scelta stilistica di rendere i personaggi ancora più reali attraverso l’uso del dialetto napoletano, tuttavia una nota a fondo pagina, di traduzione, mi avrebbe fatto davvero comodo, specie sul finale - che, personalmente, avrei diluito e allungato ancora un po', data l'alta concentrazione di azione e combattimenti.

In conclusione, se amate l’urban fantasy, mi sento di consigliarvene la lettura, sia che siate napoletani doc, e cerchiate qualcosa di diverso, che parli proprio della vostra città, sia che non la conosciate affatto e vogliate tuffarvici dentro per la prima volta, come ho fatto io.

Ora, però, devo salutarvi. Sarà meglio che mi metta a fare le pulizie, se non voglio fare arrabbiare la ‘Mbriana ;)


- Francesca

lunedì 25 giugno 2018

Nel salotto dello scrittore: scrittori russi

Buonasera a tutti e benvenuti a una nuova puntata della rubrica "Nel salotto dello scrittore". Questa volta parleremo di letteratura russa e di alcuni dei più importanti Autori a livello internazionale, quali Tolstoj, Nabokov e... beh, per saperlo non vi resta che leggere. Dal canto mio, i mausolei che state per esplorare mi hanno già incantata, tra tetti verdi, spessi muri rossi e il profumo bianco della neve nei boschi.


Lev Tolstoj


Lo scrittore, dalla cui penna nacquero opere immortali come "Guerra e pace" e il tragico "Anna Karenina", crebbe in una meravigliosa e grande casa col tetto verde (Jàsnaja Poljàna), dove trascorse anche la maggior parte della propria esistenza. E’ la sola dimora che lo scrittore abbia mai amato e dove faceva ritorno nei momenti particolarmente difficili della sua vita. Sull'orlo di un dirupo nelle vicinanze è situato l'umile sepolcro di Tolstoj, privo di croce e di epitaffio e sommerso interamente dall'erba, così come lo scrittore desiderava che fosse.

Curiosità: Tolstoj, conformemente a un'usanza propiziatoria russa, si dedicò personalmente alla realizzazione di un frutteto di 8.550 esemplari all'interno della tenuta. Allo scopo, lo scrittore utilizzò 7.900 alberi di melo dell'Alto Adige, regione allora inclusa nell'impero austro-ungarico, una varietà corrispondente a quella della Val di Non.


Vladimir Nabokov



La tenuta "Rozhdestveno Memorial", a Siverskaya, Russia, è stata una delle case d'infanzia di Nabokov, il celebre autore di "Lolita". Egli nacque in una delle famiglie più ricche dell'epoca, ma non poté mai godersi appieno le case che tanto amava: la sua famiglia seguì la Rivoluzione quando lui era appena sedicenne e, da quel momento, non poté mai più tornare in Russia né nella casa natale, che è stata poi riconvertita in museo e attualmente ospita i suoi effetti e i suoi scritti.

Curiosità: nonostante un terribile incendio abbia severamente danneggiato la struttura nel 1995, ancora oggi è possibile visitare il museo, restaurato, che commemora non solo Nabokov, ma anche la vita della nobiltà Russa e della gente comune autoctona dell'area durante gli ultimi anni della Russia imperiale.


Alexander Pushkin





Il Pushkin Memorial Museum si trova nella casa in cui il poeta russo ha vissuto tra il 1836 e il 1837, in una delle più belle vie di Mosca, vicino al fiume Moika. Pushkin, celebre per aver scritto alcune delle più importanti opere della letteratura russa, come "Evgenij Onegin" e "La dama di picche", entrambe successivamente musicate da Tchaikovsky, morì a seguito di una ferita riportata in duello proprio nel 1837. La ricca collezione della casa-museo (ritratti a olio e acquerello, preziose incisioni e litografie, arredi, oggetti in bronzo, libri rilegati in cuoio, pagine di giornali e annuali ingialliti dal tempo) permette agli ospiti di respirare l'atmosfera della vita a Mosca nel 1830. E' possibile ammirare anche numerose statue d'oro, splendide stufe in ceramica, tappezzeria pregiata e il giardino con le fontane e la statua dello scrittore.

Curiosità: durante tutta la visita in sottofondo si sentono melodie struggenti, che richiamano la triste morte dell'Autore, deceduto dopo due giorni di agonia e dolori strazianti.


Fëdor Dostoevskij




"Il giocatore", "Delitto e castigo", "Memorie dal sottosuolo", "L'idiota", "I demoni", "I fratelli Karamazov", "Memorie dalla casa dei morti", "Il sosia". Questi titoli vi dicono niente? Ebbene sì: tutti sono stati partoriti dalla mente geniale di Fëdor Dostoevskij, uno dei più grandi scrittori della storia della letteratura. Egli visse nel suo appartamento di San Pietroburgo dal 1878 al 1881, anno della sua morte. Nacque a Mosca il 30 ottobre 1821 da Mikhail e Maria Dostoevskij, impiegati ospedalieri. La famiglia viveva in un appartamento sul terreno dell'ospedale e proprio il rapporto e le interazioni fra l'Autore e i pazienti spinsero notevolmente il suo interesse verso le persone meno fortunate di lui. Oggi, nella sua casa-museo tutto è rimasto com'era, come congelato nel tempo. Qui l'Autore scrisse cinque delle sue opere più conosciute, compresa "I fratelli Karamazov". Nel museo è possibile visitare le stanze dove lo scrittore ha vissuto, ammirare il suo scrittorio, il suo cappello e numerosi effetti personali.

Curiosità: lo scrittore era solito scrivere di notte e la mattina riposava. Molto legato alla famiglia, amava i suoi figli, che chiamava "angeli", e cercava di dedicargli più tempo possibile, nonostante i tanti impegni. Molto toccante è il particolare delle quattro sigarette già pronte per essere riempite con il tabacco a fianco, sulla cui scatola la figlia ha annotato il giorno della morte del padre.


Anton Čechov



La sua casa-museo si trova a Jalta, nei locali della Dacia Bianca, un'abitazione fatta costruire dall'Autore stesso nel 1898. Dopo il successo de "Il gabbiano", Čechov si stabilì qui, per meglio far fronte alla tubercolosi grazie al favorevole clima della Crimea. Vi piantò diversi tipi di alberi, tra cui gelsi, ciliegi, mandorli, peschi, cipressi, agrumi, acacie e betulle, e vi allevò cani e gru. Dallo studio egli poteva vedere il lungomare, che gli ispirò "La signora con il cagnolino", e sul retro lo scenario che gli suggerì l'ambientazione per "Il giardino dei ciliegi". In questo luogo Čechov ha scritto inoltre "Tre sorelle" e "Il vescovo". Ospiti della dacia furono anche Tolstoj. Rachmaninov e Gor'kij.

Curiosità: dopo la morte di Čechov, avvenuta nel 1904, la casa fu curata dalla sorella Marija Pavlovna. Ella si rifiutò di lasciarla anche durante l'occupazione nazista, impedendo che venissero trafugati gli oggetti lì conservati. Durante la seconda guerra mondiale la casa fu tuttavia danneggiata da una delle ultime incursioni aeree della Luftwaffe nella zona.


Michail Bulgakov





Il celebre scrittore di capolavori come "Cuore di cane" e "Il maestro e Margherita" ha vissuto al numero 10 di Bolshaia Sadovaia, a Mosca, dove, da una ventina d'anni, la sua casa è stata trasformata in un museo che celebra le sue opere. Qui, tra il 1921 e il 1924, egli scrisse la prima stesura de "Il maestro e Margherita", nonostante lui e la moglie dovessero condividere l'appartamento, per ragioni economiche, con altre famiglie. Proprio queste stanze hanno fornito il modello dell'appartamento in cui si installa Voland insieme alla sua improbabile squadra di diavoli illusionisti, motivo per cui i curatori del museo hanno provveduto a ripristinare gli ambienti come erano all'epoca dell'Autore: nella dimora vi sono lo studio di Bulgakov, la sua scrivania, i suoi manoscritti originali e anche parecchi, inquietanti disegni ispirati al suo capolavoro appesi alle pareti. Nello splendido palazzo d'epoca è possibile anche assistere a rappresentazioni teatrali. Inoltre, d'estate vengono organizzati autobus rossi a bordo dei quali è possibile effettuare dei tour letterari a tema Bulgakov.

Curiosità: i visitatori possono addirittura avere a che fare con i personaggi del capolavoro di Bulgakov... telefonandogli. Nel salotto, infatti, è stato installato un antiquato apparecchio telefonico, accanto al quale campeggia una curiosa rubrica. Al suo interno c'è un elenco dei personaggi con i vari numeri di telefono e, componendoli, si possono avere belle sorprese. «Riaggancia il telefono, canaglia!» può capitare di sentirsi redarguire dal gatto nero Behemot. Se si prova a comporre il numero dello stesso Voland, però, si sentirà soltanto la voce della sua segretaria, la seducente strega Hella, che dice: «E' occupato e non può venire al telefono. Voland, però, l'aspetta in questa casa per il ballo di mezzanotte, ci saranno molti ospiti.» E se poi vi viene sete e chiamate un chiosco-bar agli
Stagni del Patriarca - il parco con laghetto a due passi della casa di Bulgakov dove Voland appare per la prima volta - vi sentirete rispondere: «Non c'è birra, l'acqua minerale non l'hanno portata, c'è solo succo di albicocca, ma non è fresco.»


Nikolaj Gogol'






Nel centro di Mosca, nel boulevard Nikìtskij, si trova un antico palazzo a due piani che sembra incassato nel fondo di un tranquillo cortile alberato. In questo luogo, l'Autore scrisse "Le anime morte" e, sempre qui, in un accesso di disperazione, bruciò la seconda stesura dell'opera nel camino, per poi crollare a piangere sul letto. Sempre qui, Gogol', lasciando pochissimi averi personali, morì nel 1852. Sono rimasti un unico ritratto a olio, eseguito da un pittore sconosciuto; il suo cappotto, reso celebre da una citazione di Dostoevskij ("Siamo tutti usciti dal cappotto di Gogol'"); la sua maschera mortuaria.

Curiosità: ogni stanza è caratterizzata da un diverso effetto sonoro in sottofondo, che si accorda a uno specifico stato d'animo di Gogol' o ricrea l'atmosfera in cui lui era solito leggere le sue opere agli spettatori. Nel giardino botanico sorge anche una statua che lo rappresenta nella sua consueta postura triste, circondata da bassorilievi dei suoi personaggi.


Maksim Gor'kij




L'Autore, considerato il padre del realismo socialista per via delle tematiche della lotta contro la miseria, l'ignoranza e la tirannia che attraversano trasversalmente tutte le sue opere, visse in estrema povertà, scegliendo il suo pseudonimo (Gor'kij significa "amaro"; il suo vero nome era Aleksej Maksimovič Peškov) proprio a causa delle sue condizioni di vita. In seguito al successo delle sue opere, una su tutte "I bassifondi", nel 1931 l'architetto Fyodor Shekhtel progettò questo affascinante palazzo in stile liberty e lo donò allo scrittore. La casa mostra portali scolpiti, affreschi sul soffitto, vetrate, una sinuosa scala in pietra e, all'esterno, decorazioni in piastrelle. Qui è possibile ammirare molti effetti personali dell'Autore, compresa un'ampia biblioteca e la sua collezione di statuine in avorio.

Curiosità: Shekhtel ha cercato di creare l'illusione di un mondo sottomarino all'interno del palazzo, giocando molto su linee sinuose simili a onde, per non parlare del lampadario sospeso in alto sopra la grande scalinata, che ricorda una medusa.


Ed eccoci giunti al termine della carrellata su alcuni dei maggiori scrittori russi... e su tutto ciò che potevamo esplorare senza salire su un aereo e attraversare l'oceano. Mio Dio. La sentite? Quell'aria minerale, frizzante, mentre volate sopra una distesa di un blu intenso, tremula all'orizzonte come un diamante alla luce del fuoco? Stiamo per arrivare, America. Il prossimo lunedì approderemo finalmente nelle terre al di là del mare.


- Alice

sabato 23 giugno 2018

Per il ciclo recensioni librose: Bucaneve nel Regno Sotterraneo di Paolo Fumagalli



Titolo: Bucaneve nel Regno Sotterraneo
Autore: Paolo Fumagalli
Genere: Fiaba dark fantasy
Editore: Dark Zone
Età di lettura consigliata: da 10 anni

Fra me e questo libro sussiste una storia d'amore a distanza che va avanti da quando, un paio di mesi fa, lo avevo adocchiato al Salone del Libro di Torino. Avrei già voluto comprarlo allora, ma un paio di dettagli me lo hanno impedito. Il primo: ero tragicamente in ritardo e rischiavo di perdere il treno. Motivo numero due: ero anche tragicamente povera.
Così, "Bucaneve nel Regno Sotterraneo" è dovuto rimanere sulla bancarella, scintillante e fresco di stampa, a gridarmi che mi amava, che mi avrebbe sempre amato, fino a quando, l'altro giorno, fra un principe nigeriano che mi prometteva ricchezze e pietre preziose se gli avessi inviato un milione di euro e un buono sconto di Sephora, ho trovato una mail in cui Paolo Fumagalli in persona mi chiedeva se avessi voluto leggere il suo romanzo e, nel caso lo avessi ritenuto buono, recensirlo. Vi risparmio le scene in cui ho iniziato a saltare per casa dalla gioia, anche perché non sono durate a lungo. Nel giro di mezz'ora ero già rapita dalla lettura, dimentica del mondo reale e immersa in quello surreale, weird e fantastico di Bucaneve...

«Cosa sai dirmi su quello che è sepolto qui?»
«Ce n’è più di uno, tanto per cominciare. È una tomba di famiglia e al momento due generazioni si trovano nella fossa. Riposano in un letto di marmo e legno. La cosa buffa è che, quando erano in vita, queste persone non andavano affatto d’accordo ed erano felici di stare l’una lontana dall’altra. Ora invece le usanze funebri e il prestigio del loro nome le fanno rimanere tutte vicine. Suppongo che in tutto questo potrebbe esserci una lezione, o almeno un commento ironico sul modo in cui vanno le cose.»
«Quale lezione?»
«A volte la morte riunisce ciò che la vita tende a separare.»
«E i defunti di quella famiglia sono contenti di essere qui?»
«Non direi, ricorda che sono morti.»
«Sì, hai ragione, ma intendevo dire: l’idea di venire sepolti tutti insieme non li infastidisce?»
«Io spesso tendo l’orecchio, ma non ho mai sentito nessuno lamentarsi», disse il teschio sghignazzando, facendo battere i denti in un modo piuttosto sinistro.

La sinossi è presto detta: Bucaneve, colpita da una misteriosa malattia che nessuno sa spiegare, è una bambina che ama le storie raccontate dalla madre e i sogni a occhi aperti. Una sera, rimasta sola nella sua stanza a contemplare il meraviglioso panorama notturno fuori dalla finestra, un'ombra dalle forme umane cala su di lei, piombandola in uno stato d'incoscienza. Quando la bimba si risveglia, si trova in una bara sottoterra, dalla quale cerca disperatamente di uscire, scavando cunicoli nella terra che la porteranno prima a incontrare un pipistrello parlante, poi altri strani personaggi, in un’avventura fantastica e cupa che la porterà a vagabondare per il Regno Sotterraneo, un mondo notturno e misterioso, abitato da bizzarre creature legate alle tenebre e all’occulto. Perché è finita lì? Riuscirà mai a tornare a casa? E dov'è "casa", dove sono i suoi genitori? Perché si trovava in una bara? È l’inizio di una serie di incontri con gatti e corvi parlanti, streghe che vivono nella foresta, solitari becchini, cavalieri senza testa, scheletri e altri personaggi tanto sinistri quanto buffi e stravaganti. Conoscendo meglio le atmosfere oscure e divertenti del Regno Sotterraneo, Bucaneve scoprirà che anche la Morte in persona può sognare e cercherà un modo per tornare alla realtà.

Una fiaba dark fantasy, quindi, dichiaratamente ispirata ad "Alice nel Paese delle Meraviglie" e "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò" di Lewis Carroll, libri che l'Autore ha conosciuto a vent'anni e che, da allora, non hanno mai smesso di affascinarlo. E per fortuna, perché ciò che Fumagalli è riuscito a ricreare non è solo l'atmosfera surreale di Carroll, né lo stampo marcatamente nonsense dei dialoghi; il mondo di Bucaneve è quello di Alice e non lo è, gli somiglia eppure ne è il negativo. I personaggi sono sì stravaganti e simpatici, talvolta ovvi omaggi a quelli originali, ma hanno anche un'anima indipendente dark, cupa, e sono attraversati da una consapevolezza profonda che rappresenta la maggiore chiave di lettura del romanzo. Simili alle Regine, alle carte, allo Stregatto e a tutti gli altri personaggi del romanzo originale, eppure opposti, come il Joker di Heath Ledger lo è rispetto al Joker di Jack Nicholson.

Da tutto ciò scaturisce una storia leggera ma anche intensa, nostalgica, vibrante, di quelle che non riesci a smettere di leggere fino a quando non vedi la parola fine. Si parte da un inizio classico, comodo come un vecchio paio di pantofole, con una bimba malata e allettata che supplica la madre di leggere ancora un po', e si prosegue attraverso incontri strampalati e strani personaggi, ciascuno dei quali serba un dettaglio necessario a Bucaneve per ricostruire il puzzle della realtà. Il finale, poi, è qualcosa di veramente originale: non vi spoilero nulla, ma per quanto riguarda me mi ha presa veramente alla sprovvista. A essere onesta, forse avrei preferito un finale forse più scontato ma anche profondamente amaro, ma mi rendo conto che, forse, non sarebbe stato adatto all'età consigliata per la lettura del libro. E poi, il nome della protagonista sarebbe dovuto cambiare, con il finale ipotizzato da me. Una bambina che si chiama Bucaneve, come il primo fiore che spezza l'inverno e si fa strada spaccando la terra e il ghiaccio fino all'aria, si merita un finale da Bucaneve... pur se con i petali macchiati di sangue.

In definitiva, un libro più che consigliato, e non solo agli appassionati dei romanzi di Carroll. E' vero che la protagonista ricorda molto Alice, specialmente per la caratteristica di fare monologhi a voce alta ogniqualvolta si ritrova nella necessità di cercare di razionalizzare un aspetto privo di senso del Regno Sotterraneo, ma queste sono pagine adatte a tutti, senza distinzione. L'importante è che abbiate fame, come Bucaneve. Che vi sentiate stanchi delle solite storie e bisognosi di essere rinvigoriti, come lei. Che vi poniate domande. Che crediate alle cose impossibili, e che siate disposti a lasciarvi rapire da un mondo dipinto con parole precise e sognanti come colpi di pennello.
Quanto a me, il Regno Sotterraneo mi manca già. Proprio come il Re di quel bizzarro luogo, non posso farci niente: per quanto ci provi, non riesco a smettere di sognarlo.


- Alice

venerdì 22 giugno 2018

Cose che possono succedere quando si entra in libreria

L'altro giorno ero depressa. Cioè, non è che la ero solo l'altro giorno, io sono tipo Stuart di The big bang theory, ma l'altro giorno marcava male. Molto male. Sarei riuscita comunque a cavarmela (e il mio portafoglio mi avrebbe ringraziata) se avessi avuto della cioccolata in casa, ma era finita. Pure il gelato era finito. Neanche un cornetto, mi avevano lasciato. Bastardi.
Dunque, non ho potuto far altro che uscire. Se sono giù di morale, non c'è niente di meglio di una capatina in libreria per tirarmi su. Cioè, anche un vichingo biondo con gli occhi blu che s'innamori perdutamente di me e mi voglia sposare non è che sarebbe da buttare, eh, ma data la mia condizione sola-come-un'oliva-in-fondo-a-un-Martini ho dovuto accontentarmi della libreria.
Salto temporale: sto camminando per la città con la mia borsetta di libri che mi sbatte contro la coscia. Il cuore mi batte forte. Dietro di me, l'insegna della libreria che si allontana. Sì, li ho pagati, 'sti libri, non è che il cuore mi batte forte per quello. Sono semplicemente felice per i titoli che ho trovato, alcuni dei quali così particolari che non vedo l'ora di arrivare a casa per sfogliarli. Intanto che aspetto che passi il bus, mi siedo sotto la pensilina coi libri in grembo, maledico il caldo, m'infilo le cuffie nelle orecchie, maledico di nuovo il caldo e mi metto comoda a scrivere questo post.


Eccoli qui. Non sono belli? Eh? Eh?
Dio, quanto mi servirebbe un vichingo.
Anyway, ecco i titoli che ho acquistato. Sono un po' felice *-*


1) "Cento racconti" di Ray Bradbury (Mondadori)

Aaaaaaaaaaaah! Sì, era tipo un urletto da tredicenne al concerto della sua boy band preferita. Questo è uno di quei libri che si trovavano nella mia wishlist da secoli e che, complice il prezzo, non ero mai riuscita ad acquistare. Grazie al cielo, di recente la Mondadori si è sintonizzata sulle mie suppliche telepatiche e ha rieditato questo tomo, in cui è possibile trovare racconti tratti dalle più celebri raccolte di fantascienza firmate Bradbury: "L'uomo illustrato", "Cronache marziane", "Paese d'ottobre", "Il popolo dell'autunno" e altre. Alcuni li conoscevo già, ma altri sono del tutto nuovi per me e non vedo l'ora di iniziare a leggerli. Anche se, a essere sincera, per ora preferisco lasciarli ancora un po' lì, al sicuro sul mio comodino. E' l'unico modo che ho per fingere che il vecchio Ray sia ancora vivo, e per immaginare che stia ancora cantando, dal suo letto sotterraneo dove giace con la bocca piena di terra.


2) "Il matrimonio dei fiammiferi" di Jonathan Carroll (Fazi)

Questa è stata una scoperta che ho fatto chiedendo consiglio direttamente alla libraia. Peraltro, una gran libraia, nel senso che molto spesso (non a causa loro) nelle librerie di catena si assiste a una spersonalizzazione dei commessi, ridotti a venditori e promotori di titoli imposti dall'alto; ed è un peccato, perché sono convinta che parecchi di loro avrebbero voglia, e anche bisogno, di recuperare un rapporto intimo con gli acquirenti, consigliandogli e chiacchierando con loro di trame, stili di scrittura, gusti personali. Sì, lo so che sto tratteggiando una sorta di Paese delle Meraviglie, ma chiamandomi Alice non è che possiate aspettarvi altro, eh. Voglio dire, anche voi. E poi, nelle librerie indipendenti questo rapporto esiste già: non quello, freddo e calcolatore, tra venditori/promoter e potenziali acquirenti, bensì il dialogo stimolante che si instaura fra libraio e lettore.
Chiusa questa piccola parentesi, e tornando al libro in questione, vi narro due parole sulla trama. Miranda Romanac è una giovane donna di successo che vive a Manhattan. A trent'anni comincia il tempo dei primi bilanci: si sente sola e persa, sensazione che cresce dopo una riunione con i vecchi compagni del liceo ("L'orrore! L'ORRORE!", ndr), occasione di una sconvolgente scoperta. Quando incontra l'irresistibile Hugh Oakley, Miranda capisce finalmente che è arrivata per lei la possibilità di essere felice. Il loro è un amore folle, che spinge Hugh a lasciare la sua famiglia. Insieme decidono di trasferirsi in una casa di campagna sulle rive del fiume Hudson, ma proprio quando il sogno di una perfetta convivenza sembra potersi realizzare, e Miranda varca la porta della nuova casa, la speranza di una vita felice svanisce improvvisamente. E' perseguitata da visioni sconvolgenti e terribili, fantasmi di altri tempi e altri luoghi, ricordi rimossi di un passato molto doloroso. Sarà solo l'inizio dell'odissea della protagonista, perché altri avvenimenti sono in agguato.
Beh, beh. Non l'ho ancora letto, a parte qualche riga per sincerarmi dello stile di scrittura, ma dalla quarta di copertina sembra parecchio interessante. Proprio lo stile è ciò che mi ha spinta all'acquisto: il motivo per cui avevo chiesto consiglio alla libraia era che cercavo qualcosa che somigliasse a Vlautin nello stile, scarno, prosaico, semplice ed emotivo. Devo dire che in quello ho notato delle somiglianze, perciò non aspetto altro che di leggerlo.


3) "La Terra morente" di Jack Vance (Fanucci)

E va beh, qui c'è poco da dire. Jack è Jack. Punto. Dalla sua penna sono uscite alcune delle più interessanti saghe di fantascienza, come il "Ciclo di Tschai" e il "Ciclo della Terra morente", appunto, di cui quello che vedete in foto è il primo di una quadrilogia. Non che si tratti del mio autore di fantascienza preferito, ma una caratteristica peculiare di Vance, che manca a molti altri, secondo il mio parere, è la capacità di delineare con poche, secche parole complesse società aliene, il più delle volte tanto assurde proprio perché intimamente umane, come se Vance le avesse descritte con l'intento di rovesciare la lente d'ingrandimento e mostrarci per vie traverse la nostra società e la nostra natura.
Anche qui, due parole sulla trama: il primo capitolo del ciclo "La Terra morente" è ambientato in un futuro remoto in cui il crepuscolo della Terra ormai giunta alla sua fine pervade ogni cosa, anche la mente degli uomini, condizionandone emozioni e sentimenti. In una realtà cupa e corrosa dal tempo, la popolazione umana si riduce ogni giorno sempre di più, sopravvivendo in strutture un tempo lussuose e ora decadenti. Strane figure ormai indistinguibili si muovono come zombie: avventurieri e stregoni, esseri umani e non umani, mostri grotteschi terreni e soprannaturali. La scienza è stata sostituita da un miscuglio di magia e tecnologia, con regole, formule e leggi tutte nuove. Il passato è un ricordo tenebroso che pochi cercano di riscoprire, occupati a vivere un tempo che scorre lento ma inesorabile.


4) "The enemy" di Charlie Higson (DeA)

Ok, lo ammetto: di Higson non conoscevo assolutamente nulla. Mai letto né sentito, il che mi ha portata a questa felice scoperta: in un angolino polveroso della libreria, che cercava di fare lo gnorri tra due grossi tomi, ho reperito questo titolo risalente al 2009. Strano che mi fosse sfuggito per tutto questo tempo, ma sono stata comunque ben felice di strapparlo alla sua indolente sonnolenza sullo scaffale e aggiungerlo alla pila dei suoi fratellini adottivi. A parte la copertina molto figa, per quanto essenziale, non solo lo stile di scrittura è buono, scorrevole e puntuale, ma anche la trama sembra interessante: è trascorso un anno da quando l'epidemia ha fatto scomparire gli adulti dalla faccia del mondo. Londra è solo lo spettro della città di un tempo. Per le strade vagano bande di ragazzini che tentano di arrivare vivi alla fine di ogni giornata, evitando i Grandi, corpi putrescenti alla ricerca di carne umana. La lotta è dura, cruda, selvaggia. Arran sa che presto le mura del supermercato non basteranno più a proteggere lui e i suoi compagni. La speranza di un luogo sicuro lo spinge a mettersi in marcia. Ma il cammino attraverso la capitale è lungo e pieno di nemici pronti ad attaccare.
Beh, cosa c'è di più classico? Un po' "Il signore delle mosche", un po' "28 giorni dopo", un po' "The last days", film spagnolo molto ma molto carino e originale dei fratelli Pastor, un po' "La ragazza che sapeva troppo", film (dal titolo tradotto in modo atroce; l'originale è "The girl with all the gifts", ndr) firmato Netflix, un po' serie (sempre Netflix) ispirata a "The mist", questo libro mi trasmette ottime vibrazioni. Per ora ho letto solo la prima pagina per decidere se acquistarlo o meno, ma devo dire che già da lì si nota l'originalità con cui Higson ha introdotto la storia, affidando le prime righe a un punto di vista insolito. Bello bello.


5) "Mary e il fiore della strega" di Mary Stewart (Rizzoli)

E dopo tutta 'sta ansia terribile, finiamo in scioltezza con un titolo privo (stranamente e anche un filino inquietantemente) di zombie, ansia, roba di paura, insomma, una cosetta leggera, tipo sorbetto fra uno stinco al forno e un profiterole, per intenderci. Almeno, l'idea temporanea che mi sono fatta di questo libro, non avendolo ancora letto, è questa. Mary Smith non si è mai annoiata così tanto in vita sua. I genitori l'hanno spedita a passare le vacanze in campagna, a casa della prozia Charlotte, dove non accade mai niente di divertente. Un giorno più noioso degli altri, Mary si mette a seguire un gattino nero, si inoltra nel bosco e trova un fiore viola mai visto prima, così bello da sembrare magico. La bambina non ci mette molto a scoprire che le basta sfregare i petali del fiore su un manico di scopa per prendere il volo (cioè, io penso ci avrei messo tipo un milione di anni, voglio dire, quante diamine di probabilità c'erano?, ndr); da quel momento per Mary la vacanza in campagna si trasforma in un'avventura da brividi, che la porterà in una misteriosa scuola di stregoneria, tra lezioni di incantesimi, laboratori di magia e segreti molto pericolosi.
Sì, va beh, ok, ci sarà pure qualche mistero, ma parliamo comunque di un libro per bambini e giovani adolescenti, quindi non penso si tratterà di nulla di mortale... forse. In realtà, spero un po' di sì. In ogni caso, mortali o no, i segreti promessi dalla trama mi inspirano un sacco, almeno quanto la bellissima copertina e gli inserti interni, che fanno somigliare il libro a una piccola opera d'arte in tessuto. Per non parlare del fatto che proprio in questi giorni (naturalmente, dove sto io non lo trasmettono, ma ehi, è questo il bello di vivere in un paesino disperso nella brughiera) è nelle sale il film omonimo, di Hiromasa Yonebayashi, che già da un po' non vedo l'ora di gustarmi *_* spero esca presto in DVD, ma intanto mi godrò l'incanto di queste pagine.



Bene, ora mi sento un po' meglio. Ho dei nuovi libri da leggere, la voglia di leggerli e il caldo mefitico mi ammazzerebbe se provassi a uscire, quindi ho anche l'occasione per tumularmi viva in casa, circondata dai ventilatori e da impacchi di ghiaccio, a leggere. Se solo sapessi decidermi da quale partire... consigli? ;)


- Alice

mercoledì 20 giugno 2018

Berserkr - Alessio Del Debbio


Titolo: Berserkr
Autore: Alessio Del Debbio
Genere: Urban fantasy
Editore: Dark Zone

C’è una cosa che dovete sapere sul mio conto ed è che tengo a vedere un pezzetto di me in chiunque io incontri. Forse è per questo se sabato, essendo venuta a conoscenza dello stand di Alessio Del Debbio a Nicola di Luni (SP), mi sono prodigata per raggiungere la fiera medievale di Mikauria, trascinando la paziente Alice con me. Perché in Alessio, che non conoscevo e non posso dire di conoscere adesso, vedevo un po’ di me. Forse per il fatto che siamo entrambi delle stesse zone, oppure per il fatto che non appena ho cercato qualche informazione sul suo libro sono rimasta abbagliata per la somiglianza di alcuni dettagli con il mio. Nulla di esagerato, eh, giusto qualche nome e qualche particolare sull’ambientazione. Così mi sono detta che avrei dovuto dargli una possibilità, che avrei preso quel bus infernale che si inerpicava su per le colline di Luni, togliendomi il fiato a ogni curva, e avrei comprato il suo libro. E volete saperla una cosa? Ho fatto bene.

L’impressione che ho avuto di Alessio è sicuramente positiva. Si è dimostrato gentile fin da subito. Ha raccontato ad Alice e me qualcosa in merito ai suoi libri, ma senza vantarsi. L’ha fatto con umiltà e affetto sincero verso le sue storie. Credo sia questo ad avermi colpita: la genuinità, che poi è quella che ho ritrovato tra le sue pagine. Uno stile di scrittura pulito, che ti porta a proseguire la lettura tranquillamente e a finire il libro in breve tempo.

La storia è ambientata nella Berlino del terzo millennio. Non una Berlino come la conosciamo noi, ma una divisa in sette zone in seguito alle vicende della Guerra Calda (quanto ho apprezzato questo riferimento!) che hanno visto assegnare ogni zona a ciascuna delle antiche stirpi, quali umani, mannari, vampiri, streghe e coboldi, una specie di “folletti” logorroici. In questo clima di equilibrio precario, Ulrik Von Schreiber, membro della Divisione incaricata di mantenere la pace e impedire sconfinamenti e scontri tra le stirpi, deve indagare su alcuni misteriosi omicidi provocati da creature sovrannaturali ancora sconosciute, nella speranza di riuscire a placarle prima che il delicato equilibrio venga distrutto. Ma Ulrik non è soltanto un cacciatore della Divisione, incarna lo Spirito Protettore della città, l’Orso di Berlino, che non attende altro che liberare la propria furia.

o-ok, scusa.
La storia, già di per sé interessante per chi ama l’urban fantasy, viene caratterizzata dalla presenza di personaggi a tutto tondo e qui direi che Alessio ha fatto un ottimo lavoro!
Partiamo da Ulrik. Lui non è il classico protagonista - eroe. Pur incarnando lo spirito dell’Orso, si dimostra un uomo normale. Anche lui cade. Anche lui sbaglia. Anche lui è stempiato! È un eterno indeciso, tanto che nel suo letto entrano sia donne che uomini. E dio, sì! Finalmente un protagonista bisessuale! Insomma, sicuramente qualcosa di diverso dal solito, che mi è piaciuto molto, così come mi sono piaciute le comparse “peccaminose” che puntualmente finivano vittima delle creature sconosciute.
Una nota di merito devo farla anche per la conclusione dei vari capitoli. Avvincenti, spingono a girare pagina ogni volta e a leggere qualche altra riga. Ben fatto!

Ora veniamo ai lati dolenti. No, non sono molti, tranquilli. Solo due.
Una cosa che mi ha un po’ confusa è stato il salto temporale in cui si raccontava una parte del passato di Ulrik. Personalmente, avrei precisato sin da subito che si trattava di un ricordo, magari mettendo “tot anni prima” sotto al titolo del capitolo.
Un’altra cosa che mi ha fatto storcere il naso è che dopo un inizio avvincente, il ritmo è andato un po’ calando verso la fine. Ecco, forse ho trovato troppi dialoghi in una parte dove non avrebbero dovuto essercene, dove, anzi, il ritmo avrebbe dovuto essere ancora più veloce, essendo giunti al climax della storia. Ma questo non ne pregiudica comunque la lettura.

In conclusione, il libro mi è piaciuto. Credo che Alessio abbia voluto evidenziare una problematica molto attuale, che è quella della libertà. La libertà di poter scegliere. La libertà di poter essere se stessi in una società ostile, dove tutti si somigliano. Dove se sei diverso allora sei sbagliato. E sì, la libertà di potersi lasciare andare e tirar fuori, talvolta, anche la parte peggiore di sé.

Se siete amanti dell’urban fantasy, non perdetevelo. Io, di mio, proverò a scavare dentro la mia anima e a tirarne fuori l’orso che ci si nasconde dentro. Perché forse non tutti saremo i Protettori di Berlino, ma possiamo essere i protettori di noi stessi.


- Francesca

lunedì 18 giugno 2018

Nel salotto dello scrittore: scrittori europei

Ed eccoci arrivati a una nuova puntata della rubrica "Nel salotto dello scrittore" :)
Questa volta parleremo di alcuni dei più celebri autori europei, da Kafka a Frank, a Hesse, a Cervantes, passando per Musil, Mann e Goethe. Se siete curiosi di leggere come e dove vivevano gli scrittori francesi e inglesi, vi ricordiamo che ne abbiamo parlato rispettivamente qui per i francesi, mentre quiqui e qui ci siamo dedicati agli autori anglosassoni. Abbiamo parlato anche dei nostri connazionali in questo post, seguito da quest'altro.
Bene, dopo questa carrellata di ricordi meravigliosi, allacciatevi le cinture: si parte!


Franz Kafka


A Praga, al numero 22 del famoso e pittoresco Vicolo d'Oro (o strada degli Alchimisti), è possibile visitare la casa del grande scrittore Franz Kafka: oggi l'abitazione, una piccola chicca azzurra tra le tante facciate colorate a tinte vivaci del Vicolo, è diventata un negozio di souvenir, oggetti e libri relativi all'autore. Kafka visse qui negli ultimi mesi del 1916 insieme alla sorella Ottla, beneficiando della tranquillità del posto (rispetto alla rumorosissima residenza precedente, “Al luccio d’oro”) per scrivere molte delle sue opere come "Il cacciatore Gracco", "In galleria", "Un medico condotto", "Il messaggio dell’imperatore" e "Il cruccio del padre di famiglia".

Curiosità: il Vicolo d’Oro, durante il regno di Rodolfo II, nel XVI secolo, ospitava 24 arcieri del regno con le proprie famiglie. Durante il secolo successivo vi si trasferirono gli orafi, motivo per cui la via prese il suo aureo nome. Secondo la leggenda, però, ai tempi di Rodolfo II in questa misteriosa via abitavano gli alchimisti, che cercavano la ricetta per l‘elisir di lunga vita e la formula per trasformare metalli comuni in oro. Da qui il fascino che questo vicolo possiede tuttora. Qui inoltre abitò anche lo scrittore premio Nobel Jaroslav Seifert.


Anna Frank





Nel centro di Amsterdam, Paesi Bassi, si trova la casa in cui Anna Frank scrisse il suo famoso diario durante la seconda guerra mondiale. Anna Frank nacque nel 1929 a Francoforte sul Meno, in Germania. Nel 1933, il partito Nazista antisemita guidato da Hitler salì al potere. La vita di Anna venne allora sempre più limitata dalle leggi razziali contro gli ebrei, leggi che la portarono a dover scrivere il suo diario, al quale affidò i suoi dubbi, il suo coraggio e le sue paure di giovane ragazza, durante i due anni (1942-1944) trascorsi in un nascondiglio segreto la cui entrata era protetta - per ironia - proprio da una libreria. Nel mese di Agosto del 1944 il nascondiglio venne scoperto: sia la famiglia di Anna, sia quella dei Van Daan, con cui i Frank condividevano il nascondiglio, vennero arrestate e deportate. Anna venne condotta nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, dove morì nel Marzo del 1945. L'unico a salvarsi dell'intero nucleo famigliare fu solo il padre, Otto, che si adoperò per far pubblicare il diario della figlia.
Il diario originale è in mostra nell'esposizione permanente allestita nella casa-museo di Anna Frank.

Curiosità: nella stanza di Anna le pareti sono ricoperte di foto di attrici famose collezionate dalla ragazza. 


Miguel de Cervantes



La casa che diede i natali allo scrittore si trova a Madrid, in Calle Mayor. Si tratta di una tipica dimora madrilena del sedicesimo secolo in cui è possibile visitare un museo che ricostruisce la vita ai tempi del “Don Chisciotte”. Il piano terra era quello dove si svolgeva la vita quotidiana della famiglia e si divideva in stanza del cucito, cucina, sala da pranzo, salotto delle dame e lo studio del chirurgo, la professione che esercitava il padre di Cervantes. Il piano superiore era destinato a saloni e a camere da letto. Attualmente ospita un'importante collezione di mobili, ceramiche, incisioni e quadri dell'epoca, oltre a un importante fondo bibliografico.

Curiosità: davanti ai cancelli della casa vi è una panchina con le statue di Sancho Panza e Don Chisciotte intenti a parlare. Una foto è d'obbligo!


Johann Wolfgang von Goethe






Uno degli scrittori e pensatori europei più grandi e versatili dell'età moderna, Johann Wolfgang von Goethe ha influenzato profondamente lo sviluppo del romanticismo letterario. Fu indiscutibilmente una delle figure più grandi della cultura tedesca, compenetrando le sue opere di considerazioni sulla letteratura, la scienza, la musica e la filosofia. I suoi poemi e i suoi romanzi anticipano le caratteristiche del movimento Sturm und Drang; il suo ultimo lavoro culmina nel "Faust", una superba sintesi di filosofia e arte.
Goethe nacque "al dodicesimo rintocco delle campane", come narrò lui stesso, del 28 agosto 1749 e visse a Francoforte fino all'adolescenza. Arrivato a Weimar nel 1775, mostrò subito interesse per una casa in vendita con terreno nella parte est del fiume Ilm. La casa, risalente al sedicesimo secolo, era assai probabilmente abitata da vignaioli. Il giardino si trovava in condizioni disastrose, per cui lo scrittore si impegnò molto nel suo rinnovamento, per realizzare il quale si ispirò ai giardini inglesi. La casa era però piccola e modesta e, a lungo andare, inadeguata alla carica e alla posizione sociale del suo proprietario e inadatta a ospitare la sua grande biblioteca e le sue collezioni. Per questo nel 1782 Goethe si trasferì in città, nella grande casa nel Frauenplan, dove sarebbe morto esattamente cinquant'anni dopo. La casa-giardino restò tuttavia il suo luogo preferito per soggiornare: pur essendosi trasferito in città, continuò a tornare regolarmente nella sua vecchia casa. La sua ultima visita ebbe luogo il 20 febbraio 1832.

Curiosità: nella casa-giardino Goethe scrisse alcune delle sue principali opere: parti della sua "Ifigenia in Tauride", l'"Egmont" e il "Torquato Tasso". Tra le poesie più famose nate qui ricordiamo "An den Mond", "Rastlose Liebe" e "Jägers Abendlied". "Götz von Berlichingen", la prima parte del "Faust" e "I dolori del giovane Werther" vennero invece composti nella sua residenza natale.


Hermann Hesse



Hermann Hesse nacque il 2 Luglio 1877 e visse a Calw (Germania) la maggior parte della sua giovinezza.
E' lo scrittore di lingua tedesca maggiormente letto in tutto il mondo: le sue opere sono state tradotte in 60 lingue e sono pubblicate in oltre 100 milioni di esemplari. Egli giunse a Montagnola (Svizzera) nel 1919 all’età di 42 anni e si stabilì in un modesto appartamento nella Casa Camuzzi. Dopo un periodo di crisi, qui egli ricominciò a scrivere e scoprì nella pittura una fonte di pace e tranquilla serenità. Qui nacquero le opere "L’ultima estate di Klingsor", "Siddharta", "Narciso e Boccadoro", "Il lupo della steppa", poesie e racconti come pure diversi acquerelli. Dopo il trasloco nella Casa Rossa nel 1931 vennero pubblicati "Ore nell'orto" e la sua più grande opera senile, "Il gioco delle perle di vetro", per la quale egli nel 1946 fu insignito del premio Nobel.

Curiosità: nella Casa Camuzzi, oggi adibita a museo, è possibile ritrovare molte delle opere originali possedute dallo scrittore e diversi suoi effetti personali, come la sua macchina da scrivere, l'ombrello, il cappello, gli occhiali. Non solo: è anche possibile ristorarsi nel vicino Caffè Letterario "Boccadoro", ammirando dall'alto il magnifico Lago di Lugano, e poi rivolgere un estremo saluto davanti alla tomba in cui Hesse riposa nel vicino cimitero.


Robert Musil


Lo scrittore austriaco Robert Musil (1880-1942), celebre soprattutto per "L'uomo senza qualità" e "I turbamenti del giovane Toerless", è stato uno degli scrittori più importanti di questo secolo. La caratteristica delle opere di Musil è la sua ironia, la precisione di un matematico (quale egli era), i punti di vista sempre diversi, l'influenza dell'età moderna e della tecnica sull'uomo di oggi. Un uso coscienzioso della lingua per esprimere i suoi pensieri (nei suoi diari si è definito Monsieur le Vivisecteur) è abbinato a una conoscenza enciclopedica della cultura.
La sua casa-museo a Klagenfurt contiene le mostre permanenti non solo di Robert Musil, ma anche di Christine Lavant e Ingeborg Bachmann. Nell'esibizione è possibile ammirare foto, lettere, vestiti, valigie, testimonianze e foto di amici di Musil, quali Franz Kafka e Thomas Mann.

Curiosità: all'interno della casa troverete la prima edizione de "L'uomo senza qualità" e la camera da letto originale di Christine Levant, poetessa carinziana.


Thomas Mann


L'autore, celebre per alcuni dei più conosciuti scritti della storia della letteratura, come "I Buddenbrook", "La montagna incantata" e "Morte a Venezia", per citarne alcuni, visse dal 1841 al 1891 nella dimora di famiglia Buddenbrookhaus (Lubecca), alla quale lui stesso diede il nome, ambientando proprio tra le sue mura gran parte del suo romanzo. Romanzo che gli valse il premio Nobel nel 1929.
L'edificio, caratterizzato da una facciata bianca in stile rococò, venne adibito negli anni venti a libreria, inaugurata nel 1922 alla presenza di Thomas Mann. La libreria cessò la propria attività nel 1933, con l'avvento del nazismo. Purtroppo, nel corso della seconda guerra mondiale la casa fu distrutta dai bombardamenti (lo stesso Thomas Mann si fece ritrarre 11 anni dopo assieme alla moglie in una fotografia fatta davanti a quel che rimaneva dell'edificio), ma nel 1993 venne acquistata dalla città di Lubecca che, nel 2000, vi stabilì un museo dedicato alla famiglia Mann. Il museo, suddiviso su 5 piani, illustra, attraverso foto, film, la vita di Heinrich e Thomas Mann e dei loro discendenti (Erika, Klaus, Golo, Michael, Elisabeth e Monika).

Curiosità: il museo è strutturato in ordine cronologico e suddiviso in sei sezioni: si parte dalle origini della famiglia Mann (nella sezione Herkunt, "Origini") per arrivare infine alle tracce lasciate ai posteri dalla stessa (nella sezione Spuren, "Tracce"). Le altre sezioni sono intitolate: "Partenza" (Abbruch; sezione che traccia la partenza da Lubecca dei fratelli Mann), "Percorsi di vita" (Lebenswege), "Sofferenza per la Germania" (Leiden an Deutschland) e "Addii" (Abschiede).


Spero che il viaggio sia stato di vostro gradimento e che, come ogni volta, vi abbia condotti in terre e fantasie lontane. La prossima volta esploreremo luoghi ancora più distanti da noi, aspri e selvaggi... ma non voglio rivelarvi di più. Almeno per ora.
Alla prossima puntata :)


- Alice