venerdì 9 novembre 2018

Il ventaglio sulla pelle, di Barbara Sarri

Non sono mai stata un’amante degli harmony, ma mia madre sì. Uno dei primissimi ricordi della mia infanzia mi vede scalare la sua libreria bianca, quella della nostra prima casa, intenta a spulciare tra i suoi titoli in cerca di qualcosa di proibito, come il libro sul parto. Dio, quello non mi ha fatto dormire per giorni!



Ehm, stavamo dicendo? Sì, gli harmony di mamma.
Crescendo non posso dire di aver mai condiviso la sua passione. Non mi piacevano le storie d’amore. Preferivo quelle che parlavano di foreste, di lupi. Di bambine forti che non si lasciavano mai sconfiggere dalle crudeltà della vita. Poi la vita ha giocato un brutto scherzo anche a me e le cose sono cambiate. Avevo bisogno di costruirmi un mondo nuovo, uno non troppo crudele in cui le cose brutte non succedevano per davvero. Così ho iniziato a leggere fantasy, a immaginare storie nella mia testa bacata. Non ho più preso in mano un harmony, nemmeno per sbaglio. Li guardavo da lontano, ripensando alla libreria che scalavo da piccina. Ripensando a mia madre e a quanto si arrabbiava con me quando le fregavo i libri. Poi, qualche settimana fa, una ragazza estremamente gentile ci ha contattate. Ci ha chiesto di leggere il suo romanzo, perché aveva un messaggio da diffondere, qualcosa che parlava di violenza sulle donne e di rinascita. Sulle prime ero molto dubbiosa; il libro che ci era stato spedito era un harmony, quel genere da cui avevo preso le distanze da tempo. Tuttavia, per i temi trattati, mi ricordava in qualche modo "Rose Madder", uno dei miei romanzi preferiti, e per questo ho deciso di dargli una possibilità.




"Il ventaglio sulla pelle" parla di Isabel Blanco, un’investigatrice di origini spagnole con la passione per il flamenco, passione che l’ha portata a diventare insegnante presso un centro antiviolenza chiamato “Una rosa non un pugno”.
Sin dalle prime pagine capiamo subito che, come le ragazze che aiuta, anche Isabel nasconde un passato turbolento nel suo bagaglio personale. Qualcosa l'ha sconvolta, è chiaro, eppure questo non sembra abbatterla, almeno fino a quando un misterioso killer inizia ad assassinare delle ballerine di flamenco. Insieme a Romeo, commissario di polizia, Isabel scopre di essere coinvolta sin troppo da vicino in una vicenda di cui non vorrebbe fare parte, una vicenda che parla direttamente dal passato.

Devo dire che, nonostante i dubbi iniziali, la lettura è stata piacevole. Parliamo di un romanzo non  impegnativo, di appena 186 pagine. La trama è lineare, non troppo complessa ed è proprio questa sua immediatezza a trasmettere bene il messaggio dell’autrice: a volte ci innamoriamo delle persone sbagliate, quelle capaci di renderti la vita un inferno. Possiamo iniziare e rompere una relazione anche cento volte prima di capire di doverla chiudere sul serio e, purtroppo, spesso riuscirci non è semplice. Superarla, non è semplice. Ma con l’aiuto e il sostegno di una famiglia (in questo caso il centro antiviolenza) la strada da compiere può essere meno ripida.





Ottimi i riferimenti alla Spagna e al flamenco, un po' meno buoni l'antagonista, forse troppo stereotipato nel suo essere cattivo, e la protagonista, a volte vittima della troppa "perfezione" che in genere si tende ad affidare ai propri personaggi. Insomma, qualche difetto in più alla cara Isabel non mi sarebbe dispiaciuto, anche se devo ammettere di averla apprezzata nella parte quarta del libro (che non voglio spoilerare). In conclusione, parliamo di un romanzo che ho letto abbastanza volentieri, pur allontanandosi dal mio genere di lettura abituale. Un libro adatto a chi cerca qualcosa di leggero, ma foriero di un messaggio forte. Dunque sì, se sei un’amante del genere o senti di capire fin troppo da vicino i temi trattati da Barbara Sarri, te ne consiglio la lettura. Il primo passo per uscire dal vortice della violenza è realizzare di non essere sole, sapere che ci sono altre persone, là fuori, capaci di capirti e tenderti una mano.

- Francesca

venerdì 2 novembre 2018

Nuove realtà editoriali: Sad Dog Project, tra fantascienza, horror e glassa di zucchero


Immaginate un futuro distorto in cui la piccola e media editoria indipendente abbia, alla fine, perso la sua battaglia contro i colossi dei maggiori editori.
Fatto? Bene.
Ora fingete di essere un giovane autore esordiente, uno di quelli che non si caga nessuno. In tasca avete qualche spicciolo, fazzoletti accartocciati e un grande sogno: quello di pubblicare. Anzi, qualcosa di meglio: un manoscritto. Ci avete lavorato per anni, tra una tazza di caffè e l'altra alle due di notte, distrutti dalla stanchezza dopo l'ennesima, grigia giornata di lavoro, ma ora, finalmente, l'opera è pronta. Bisogna solo trovare qualcuno che ve la legga.
Peccato. Di cosa? Beh, che in questo mondo ipotetico non ci siano più editor, né concorsi letterari. Le agenzie letterarie free? Puff, scomparse. Esistono solo questi grossi colossi irraggiungibili, asserragliati nei loro grattacieli grigi, le cui vie d'accesso sono sbarrate da una durissima selezione indetta dalle agenzie letterarie rimaste. Agenzie gigantesche, mastodontiche, che hanno inglobato tutte le più piccole e ora chiedono cifre altissime agli esordienti solo per leggere il loro libro, senza alcuna garanzia di passarlo al big boss alle loro spalle. Cifre che voi non potete permettervi.
Cominciate a sentirvi scoraggiati e a disagio? E' normale, ragazzi: un mondo del genere è la morte della fantasia.
Ma non dell'editoria. Già, perché esistono progetti, anche ai giorni nostri, che riescono a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nel panorama culturale. Non sto alludendo al self-publishing, bensì a forme sperimentali editoriali che, anche in un futuro distopico, riuscirebbero comunque a sopravvivere e moltiplicarsi, diventando la nuova forma di aggregazione tra giovani autori decisi a difendere la libertà e l'universalità della scrittura.

Sto parlando di Sad Dog Project, un'interessantissima realtà editoriale nata pochi anni fa in risposta al self-publishing indiscriminato e alla decisione di molte case editrici di non dare spazio al racconto breve e lungo, soffocando un polmone verde della produzione letteraria di genere.
Ma perché non parlo chiaramente di casa editrice?
Beh, semplice: perché Sad Dog non la è. E non è nemmeno un luogo in cui trovare servizi editoriali. Il modo migliore per definirla è "un collettivo di autori emergenti indie", ossia indipendenti. Ma leggiamo insieme:


Geniale. Non posso definire in altro modo questo progetto, fondato da quattro autori di grande pregio: Diego Tonini, Lorenzo Sartori, Ilaria Pasqua e Mario Pacchiarotti, tutti provenienti da città diversissime sparse sul territorio italiano, riunitisi nell'ottica di ricucire il patrimonio nazionale in fatto di letteratura breve, di genere che spazia dall'horror, alla fantascienza, al fantastico, alla weird novel.
Di loro non avevo ancora avuto il piacere di leggere nulla, fino a quando io e la mia socia non siamo andate a Stranimondi 2018, a Milano, la più grossa fiera di fantascienza e letteratura di genere che ci sia in Italia. Posticino piccolo e non troppo ben servito dal punto di vista delle cibarie, va detto, ma non per questo inadatto a ospitare, da parte degli organizzatori (DelosEdizioni Hypnos e Zona 42), nomi di levatura spaventosa: Licia Troisi e Ian McDonald, tanto per citarne un paio. A proposito: Ian, anche se non leggerai mai questo blog, grazie. Per la splendida conferenza, per le fotografie, gli autografi, la tua incredibile gentilezza da orso buono. Ti voglio bene e sappi che le tue parole mi hanno davvero illuminata. 

Tornando a Sad Dog: il loro processo editoriale è unico, veloce e pronto a offrire risposte agili alle richieste del mercato. Ciascuno degli autori, infatti, verifica il lavoro degli altri in un processo di editing condiviso e in un confronto costante che accompagna l’intero work in progress della scrittura. Devo ammettere che qua e là qualche refuso ed erroruccio di punteggiatura si trova, ma i racconti sono talmente trascinanti da farli dimenticare.
La proposta di Sad Dog è mirata: "Abbiamo deciso di concentrarci sui racconti di genere, un prodotto che le case editrici non hanno interesse a pubblicare. Troppo lavoro a fronte di profitti minimi", spiega Lorenzo Sartori. "Ma noi in questo formato crediamo e riteniamo sia un peccato che storie avvincenti che si leggono in una o due serate o durante gli spostamenti sui mezzi pubblici non possano venire condivise", gli fa eco Ilaria Pasqua.

I racconti di genere pertanto non rappresentano un vincolo, ma sono una risorsa che caratterizza l’originalità di Sad Dog, aperta a storie brevi che spaziano dal noir al thriller, dalla fantascienza all’horror al giallo. "Sad Dog va a colmare quello spazio che le case editrici spesso non prendono in considerazione", dice Mario Pacchiarotti, "ma quando si tratta di romanzi e di formati più convenzionali, tutti noi pubblichiamo con altri editori."

I tempi di incubazione e lavorazione dei racconti sono rapidi, perché Sad Dog riunisce figure differenti che si occupano della grafica, del marketing, della promozione e comunicazione, mescolando la competenza di un professionista con l’entusiasmo di un autore che cerca il meglio per il suo lavoro e fa di tutto per pubblicarlo senza lunghe attese. Flessibilità, ascolto e creatività sono le parole chiave di Sad Dog.

Concetti che ho ritrovato anche nei loro libri, perlopiù storie-lampo da leggere come uno shot, tutte in un sorso: di Ilaria Pasqua, "Danger", "Verso la barriera" e "Cecità bianca"; firmato invece da Diego Tonini ho avuto modo di gustarmi "Murder, she baked", una delle storie più deliziosamente horror e appiccicose di sangue e glassa di zucchero che io abbia mai letto. Dei tre della Pasqua mi è piaciuto specialmente "Verso la barriera", ma ho trovato interessante anche "Danger" e a dir poco entusiasmante i primi tre quarti di "Cecità bianca", che potrebbe benissimo diventare una sceneggiatura per uno dei prossimi episodi di Black Mirror. Dico tre quarti perché sia in "Danger" che in "Cecità bianca" ho trovato ottime premesse che poi ho fatto fatica a incastrare in maniera non dissonante con i finali proposti, ma che proprio per questa peculiarità mi hanno stregata, spingendomi a chiedermi quale fosse la corretta interpretazione della storia e se la chiave di lettura che ho trovato io fosse l'unica possibile.
Il prossimo che leggerò sarà "Home run" di Lorenzo Sartori, di cui ho acquistato anche "Lo strano caso di Michael Farner", edito da Nativi Digitali Edizioni. Fra l'altro, con Lorenzo ho avuto il piacere di chiacchierare per qualche minuto e posso dirvi che l'ho trovato una persona umile, gentile e davvero piacevole.

Non posso far altro che consigliarvi di sfogliare il catalogo Sad Dog, in cui stanno iniziando a figurare anche nuovi autori, qualche romanzo breve e tante, stuzzicanti novità.

E per quanto riguarda il nome?
Ve lo faccio spiegare direttamente da Diego Tonini: "stavo scrivendo un racconto e ho visto la mia cagnolina seduta lì vicino con la sua espressione triste e ho pensato: se avrò una casa editrice la chiamerò sad dog".


- Alice

giovedì 18 ottobre 2018

Sospiri e novità: in cui si parla di successi personali e di una valanga incontenibile di libri

E' parecchio che non scrivo. Sul blog, in generale. Lo so e me ne dispiaccio. Diamine: mi fa star male da morire. Ma immagino che siano i periodi della vita: fino a pochi mesi prima credevi di aver ingranato la quarta con la scrittura, e poi all'improvviso ti ritrovi a fissare il muro, con gli occhi gonfi di lacrime e il pavimento invaso da fogli accartocciati, e la cosa peggiore è che non sai nemmeno spiegarti il perché. Come è successo? Che cosa ti ha trasformato da un giovane esordiente che batteva con gusto sulla tastiera a questa... cosa?
Sì, lo so: vi sto deprimendo. Abbiate pazienza, miei cari. La vostra vecchia, buona Alice è giù di morale, oggi. Lasciatemi sfogare giusto qualche riga, prima di rimettermi in carreggiata e raccontarvi le novità dell'ultimo periodo. Perché ce ne sono, di notizie, nonostante il tono lugubre con cui ho iniziato questo post. Per l'esattezza, ne ho una buona, una pisciosamente buona e altre che sono notizie e basta, ma che avranno comunque un ottimo sapore, da accompagnare al nostro profumato tè pomeridiano.

Ordunque, partiamo dalla notizia molto buona. Francesca vi aveva già anticipato qualcosa in questo post: pochi giorni fa è uscito il mio primo racconto edito, "Quelli nei muri". Lo trovate in "Strane creature - vol. 1", edito da Watson Edizioni, una raccolta di dieci racconti che esprimono il lato più oscuro, straniante e animalesco della natura umana... e non solo.
Ecco la copertina:


Non è bellissima? Io non so come faccia, Marzio Mereggia, a realizzare illustrazioni simili! Il massimo che riesco a fare io con una matita è pulirmici un orecchio. Per fortuna, con la scrittura pare che me la cavi un po' meglio, motivo per cui in alto a destra, in copertina, leggete anche il mio cognome. Sì, lo so che i vostri occhi sono ancora strabuzzati su quello di Joe Hill, il figlio di Stephen King, più sotto, ma siate buoni e datemi questa soddisfazione.
Per me è stata enorme, devo ammetterlo. Non solo perché finalmente il mio sogno di pubblicare qualcosa di mio si è avverato, ma soprattutto perché Watson e il curatore della raccolta, Lorenzo Crescentini, che non ringrazierò mai abbastanza, hanno creduto nel mio racconto e mi hanno dato l'opportunità di figurare tra alcune delle penne più straordinarie del panorama fantascientifico italiano e internazionale. Un'emozione mica da poco.
Peraltro, come vi dicevo, il libro è disponibile, perciò, se siete curiosi di scoprire chi sono quelli nei muri e perché un gruppo di persone sembra sia stata imprigionata proprio da loro, potete acquistare una copia di "Strane creature" qui. A breve, comunque, sarà disponibile anche su Ibs, Amazon, varie piattaforme online e in libreria. Restate sintonizzati.

Notizia numero due, quella buona e basta: sono incinta.
No, non è vero, vi prendevo per il deretano.
La notizia è, in realtà, mescolata alle tante altre notizie che fanno da sfondo, ma che rendono comunque vivido e importante il periodo che sto vivendo. Tipo: ho un sacco di carne al fuoco con il mio romanzo, e si vedrà come andrà a finire (bene, Signore, ti prego, falla finire bene); ho iniziato, insieme a Francesca, a tenere il corso avanzato di scrittura creativa; ho un sacco di libri nuovi che non vedo l'ora di leggere; e però è un po' che non riesco a leggere; ma comunque mi sto sbloccando sul fronte ansie & paturnie in merito all'editoria e alle fiere del libro, motivo per cui, oltre a Stranimondi 2018, di cui in realtà ho un sacchissimo da narrare, qualche settimana prima sono stata anche al Bookpride di Genova, dove ho avuto l'onore di conoscere di persona Martino, il direttore editoriale di CasaSirio, e Antonella, la direttrice di Liberaria, due professionisti davvero eccezionali. Fra l'altro, diversi dei libri che mi fissano dalla pila accanto al letto provengono dai loro stand, perciò mi sento un po' in colpa a non essere ancora riuscita a recensirli, ma non temete: mi rifarò presto.

Anzi, visto che su Stranimondi vorrei scrivere un post a parte, intanto vi faccio una carrellata di tutti i libri che ho comprato/trovato/adottato/accettato al Bookpride:

1) "Elementare, Cowboy" di Steve Hockensmith (CasaSirio)
2) "Grande madre acqua" di Živko Čingo (CasaSirio)
3)  "Mucho Mojo Club - Lavoro sporco" di autori vari (CasaSirio; ho scritto una recensione entusiasta di uno dei racconti qui)
4) "Ti scriverò prima del confine" di Diego Barbera (CasaSirio; questo l'ho iniziato e mi sta piacendo un mucchio)
5) "Come ti scopro l'America" di Emanuela Crosetti (Exòrma; non vedo l'ora di leggerti, ragazzaccio)
6) "Fiabe così belle che non immaginerete mai" di Ivano Porpora (Liberaria; uno stile di scrittura che ti tiene incollato alle pagine fin dalla prima riga)
7) "Comportati da uomo" di Giovanni Battista Menzani (Liberaria)
8) "L'odore della plastica bruciata" di Giovanni Battista Menzani (Liberaria)

Ne conoscete qualcuno? Da quale mi consigliate di partire?

In verità, mi vergogno un po' a rileggere la lista. A parte questi, ho una valanga di libri in arretrato,
ma, come vi dicevo all'inizio del post, è un periodaccio. Non riesco a scrivere, perciò spero, a breve, di riuscire perlomeno a rimettermi a leggere. Perché così non può andare, baby, come diceva la canzone. Non va, non va, mi serve una fiala di felicità. Se solo l'avessi, la berrei tutta d'un fiato, tipo Felix Felicis. Poi mi siederei comoda, con gli occhi chiusi, per meglio assaporare il calore e il formicolio che sentirei salire dalla punta delle dita. Su, su, fino allo stomaco, alla gola, alle guance - finché, dorata e frizzante, la felicità non mi traboccherebbe dagli occhi, rigandomi il viso di lacrime di gioia.


- Alice

venerdì 5 ottobre 2018

StraniMondi e "Strane Creature": anteprima e una grande novità!

Ho sempre detestato la fantascienza.
Sì, è inutile che fate quella faccia. L'ho sempre odiata, non posso farci niente. La fantascienza e i viaggi interstellari. La fantascienza e la robotica. La fantascienza... e gli alieni.


(ATTENZIONE, IMMAGINI FORTI)


CAPITE IL MIO ODIO?


Tutto è nato quando avevo tre anni, forse quattro, il giorno in cui mio padre ha pensato di comprare un videoregistratore, qualcosa che i ragazzi nati nel nuovo millennio forse non hanno mai visto. Mi dispiace per voi, ragazzi. Era bello avere un videoregistratore. Io ne ho rotti almeno due, a suon di ficcarci le matite dentro, ma che ci posso fare? Volevo scoprire come funzionavano.
Ma non è per un videoregistratore che ho sempre odiato la fantascienza. No. È per quel "genio" di mio padre. Scusa, pa', lo sai che ti voglio bene, ma tra tutti i film che potevi scegliere dovevi per forza prendere ET l'extraterrestre? Voglio dire, c'erano Terminator, C'era una volta in America, Stand by me... Labyrinth! Ma no, tu hai dovuto prendere quello. Dio santo.

E comunque l'ha fatto. Si era giustificato dicendo che era un film adatto a me, che ero piccola, perché parlava di bambini. Tsk. Ancora mi ricordo ingenua e speranzosa mentre appoggiavo le mie sudicie manine sullo schermo del televisore, in attesa di vedere ET, il bambino (secondo la balla cosmica di mio padre) che si era smarrito sulla Terra e ora doveva far di tutto per tornare a casa.
Ma quando il film è partito, con un sospiro stupito dei miei, e i cani hanno iniziato ad abbaiare, ho capito che qualcosa non andava e il "bambino" si è rivelato per quello che era: un mostro.

Il mio mostro.

Immaginate ET al posto dello struzzo. La reazione è calzante.

Da allora è nata la mia negazione per la fantascienza.
Ogni volta che vedevo un trailer di qualche nuova uscita, non appena l'inquadratura si spostava sullo spazio o qualcuno parlava di viaggi nel tempo, io spegnevo la televisione o abbassavo il volume. Avevo paura che facessero vedere ET, capite? Una paura maniacale, tipo veri e propri attacchi di panico. Pensate che una volta avevo fatto una festicciola a casa. Avevo vent'anni e fra i miei ospiti c'era anche il mio ex fidanzato. Naturalmente volevo farmi vedere bella, precisa... perfetta. Una fantastica padrona di casa. E ci stavo anche riuscendo, finché non è successo... 

Alla TV, è iniziato il trailer di ET.

È partita una musica, quella musica, e mi sono voltata. ET era là e mi guardava sollevando quel suo dannatissimo dito luminoso. Sono certa che lo sapesse, che io ero là e lo stavo fissando. Lo sentiva. 
Tralasciando i dettagli sulla mia imminente reazione, vi dico solo che ho trascorso almeno una mezz'ora nascosta dietro l'armadio, a piangere mentre mi tappavo le orecchie perché temevo di sentire ancora quella musica. Pochi mesi dopo il fidanzato mi ha piantata.


Insomma, capite dove voglio arrivare? Non avrei mai pensato di poter cambiare idea. Un po' come con i fagioli. Merda, quanto odiavo i fagioli, da bambina. Invece eccomi qua. Non solo mangio i fagioli, non solo sto scrivendo una saga fantascientifica (e sono anche riuscita a farle vedere Rogue One, by Alice), ma domani andrò allo StraniMondi, a Milano. Per quelli di voi che non ne hanno sentito parlare (molto male), si tratta di una specie di fiera del libro. Dico "una specie" perché in realtà è molto di più: un evento librario spalmato su due giorni a cui parteciperanno editori, autori e (naturalmente) lettori. Ci saranno presentazioni, officine, laboratori, incontri, lezioni e la possibilità di prendere un caffè con autori di eccellenza, come Ian McDonald, Bruno Bozzetto e Licia Troisi. Sì, proprio lei. Licia Troisi. Ma la cosa ancora più fantastica è il tema della fiera. E voi riuscite a immaginare quale sia?
Esatto, fantascienza e fantastico. Qui il programma completo.

Ho aspettato questo evento per mesi, nella speranza di potermi addentrare tra gli stand dei vari editori e trovare qualcosa che facesse al caso mio. Non parlo di viaggi nello spazio (per quelli non sono ancora pronta), ma di distopie, ucronie... un sacco di ie. Poi, da semplice meta, questa fiera è diventata qualcos'altro. Poche settimane fa è successa una cosa. Non una cosa brutta, stranamente, ma una vera e propria notizia, un colpo al cuore.
Un racconto scritto da Alice, intitolato "Quelli nei muri", è stato scelto e inserito all'interno di "Strane creature - vol. 1", un'antologia di racconti fantascientifici/weird/fanta-horror curata da Lorenzo Crescentini e edita da Watson Edizioni, una delle più interessanti case indipendenti del panorama editoriale italiano. Nella raccolta, oltre al suo, potrete leggere le opere di alcuni autori molto talentuosi, come Giovanna Repetto, Davide Schito, Andrea Viscusi... e addirittura Joe Hill, il figlio di Stephen King.
Sì. Sto urlando internamente *_*

Ed ecco la copertina in anteprima:
TA DAAAN!!!
Non è splendida? Opera di Marzio Mereggia, autore anche delle illustrazioni dei singoli racconti. Purtroppo io non ho ancora avuto l'opportunità di leggerli tutti (ma domani sera potrò); in compenso, ho avuto l'occasione di leggere in anteprima quello della Ali. Ragazzi, non è perché è mia amica, ma è roba che spacca! Non vedo l'ora di potermi gustare anche gli altri, magari dopo aver fatto incetta di autografi, perciò, che ve lo dico a fare?


NON PERDETEVELO!


Se ne avrete l'occasione, vi invito a raggiungerci allo StraniMondi, a Milano, dove la Watson Edizioni presenterà le sue prossime uscite, tra cui "Strane Creature" (la presentazione si terrà sabato alle ore 11.00). Noi saremo lì entrambe le giornate, fra una conferenza e l'altra, ma se verrete a trovarci potremo prendere un caffè insieme, conoscerci e consigliarci libri a vicenda.

Fateci sapere cosa ne pensate e seguiteci sui social! Vi terremo costantemente aggiornati per tutta la durata della fiera ;-)

Un abbraccio, a domani!

- Francesca

PS: so di essere scomparsa per delle settimane, ma purtroppo è stato un periodo denso di impegni e imprevisti. Però non siate arrabbiati. Sappiate che mentre stavo cercando quell'immagine degli alieni mi è comparso ET e il suo ditone luminoso. Sono già stata punita a sufficienza. 

lunedì 24 settembre 2018

"The outsider", il nuovo thriller di Stephen King: ecco la copertina

Sapete, io non sono una patita delle date. Ce ne sono un paio di importanti attorno alle quali gravitano alcuni dei miei impegni, è vero, ma succede solo un paio di volte l'anno.
La prima, quella da cui dipende la mia quota di felicità autunnale, è la data del Lucca Comics & Games. Capitemi: ci sono così poche occasioni in cui poter uscire per la città travestiti da personaggi dei cartoni (senza venire internati, s'intende) che al Lucca Comics non posso proprio resistere.
E poi c'è una seconda data, e questa cambia ogni anno: quella di uscita di un nuovo libro di Stephen King.

Ve ne do atto: gli ultimi non mi hanno fatta impazzire. "La scatola dei bottoni di Gwendy", scritto a quattro mani con Richard Chizmar, era poco più di un racconto lungo un po' all'acqua di rose, sulla falsariga di un film horror - in verità, piuttosto figo - che ho visto ultimamente, "Wish upon". Ve lo consiglio, se non siete particolarmente schizzinosi. O affezionati ai cani. Non so ancora come ho fatto a non spegnere la TV.
Ma sono sempre pronta a dare una nuova possibilità a Zio Steve, soprattutto con una copertina del genere. Sì, lo so che volete vederla, ma dovrete attendere ancora qualche riga. Poche poche, lo giuro.

Prima, il titolo: "The outsider", edito da Sperling & Kupfer.

Data della release: 23 ottobre 2018 (in America il libro è uscito il 22 maggio scorso. I soliti fortunati).

Poi, due parole sulla trama: "Il cadavere di un ragazzino di undici anni viene ritrovato in un parco cittadino. I testimoni e le impronte digitali riconducono senza dubbio a uno degli abitanti più noti della città di Flint: Terry Maitland, allenatore della Little League locale di baseball, marito e padre di due figlie. Il detective Ralph Anderson, il cui figlio è allenato da Maitland, ordina un arresto pubblico immediato. Maitland ha un alibi, ma Anderson e il procuratore distrettuale aggiungono il DNA come prova schiacciante.
Mentre l'indagine si espande ed emergono risposte raccapriccianti, la storia di King genera una tensione e una suspense sempre maggiori. Terry Maitland sembra una brava persona. Indossa forse una doppia faccia?"

Ok, ammetto che preferisco il King in versione horror rispetto a quello thriller, ma sembra comunque una quarta stuzzicante. Ed ecco a voi, finalmente, la copertina che vedremo in libreria:


Spettacolo. Non posso dire altro. Dettaglio interessante: è stata mantenuta la stessa grafica della versione americana dell'editore Scribner. Un'ottima scelta.

Una curiosità sul traduttore: dopo un glorioso passato in cui King veniva tradotto da Tullio Dobner (se udite un sospiro sconsolato, sono io), e una parentesi firmata Wu Ming 1, più qualche altra sporadica collaborazione, questo nuovo gioiellino sarà tradotto nientemeno che da Luca Briasco, attualmente editor di narrativa straniera per Minimum Fax. Inutile dire che sono molto incuriosita e che non vedo l'ora di scoprire se la sua interpretazione dello stile kinghiano mi appassionerà più di quella, forse un po' fredda, a mio parere, offerte dal gruppo Wu Ming.

Beh, che ne pensate? Io sono praticamente già in fila davanti alla libreria. Se volete farmi compagnia, siete i benvenuti. Nel frattempo, possiamo ingannare i giorni guardando e riguardando il booktrailer del libro, che potete trovare qui.
Non solo: se vi va di ammazzare il tempo in un modo particolarmente gustoso, vi consiglio di leggere il nuovo racconto che King ha fatto uscire in occasione del suo 71esimo compleanno, dal titolo "Laurie", scaricabile gratuitamente da qui. Un assaggio della trama: "Lloyd Sunderland ha perso la moglie da sei mesi. Un giorno la sorella Beth va a trovarlo e si presenta con una cagnolina, un incrocio tra un border collie e un mudi. Lloyd è all'inizio contrario all'idea di occuparsi di un animale, ma tra lui e Laurie - così Lloyd decide di chiamare la cagnetta - sboccerà un tenerissimo legame..."

Non mi resta che augurarvi una buona visione, una buona lettura... e una buona attesa.

- Alice

martedì 11 settembre 2018

"Kid Cooper e l'uomo scimmia di Blackwood" di Adam Howe

11 settembre. Sono passati quasi vent'anni, eppure nella giornata di oggi è impossibile far mordere la briglia ai ricordi. Tutti noi abbiamo impresso nella memoria che cosa stavamo facendo in quell'esatto momento di diciassette anni fa. Io ero in salotto e stavo per uscire con una mia amica dark di cui i miei non sapevano granché. Mi piaceva fare le cose di nascosto. Mi faceva sentire furba, potente, invincibile. Addosso avevo un paio di jeans e una maglietta, ma nello zaino avevo ficcato una t-shirt goth a rete e un rossetto nero trovato su non so più quale numero di Cioè. Mi sarei cambiata a qualche centinaio di metri da casa, sotto un portico o roba simile, e poi avrei incontrato la mia amica. Non pensavo ad altro che a dove avrei potuto nascondermi per cambiarmi quando, all'improvviso, mio padre, seduto sul divano a guardare la TV, urlò a mia madre che un aereo si era appena schiantato su una delle Torri Gemelle. Ricordo che rimasi perplessa, ma allungai comunque la mano verso la maniglia... finché mio padre non gridò di nuovo.
C'era stato un secondo aereo.
Che aveva colpito la seconda Torre.
Che aveva dato inizio al crollo.

Ebbene, voi direte: ma come si connette tutto questo a Adam Howe? Lasciate che ci arrivi. Ho detto che so dove ero quel giorno, ma non posso dire lo stesso del 1994, quando in tutte le vetrine delle librerie del mondo qualche migliaio di librai posizionò "Mucho Mojo", firmato dalla penna di Joe R. Lansdale. Ed è un peccato, perché so che, anche se all'epoca ero solo una bambina, il titolo e la copertina di quel libro mi avrebbero colpita. Sarebbero rimasti marchiati a fuoco nelle mie memorie fino al 2016, quando CasaSirio ha pubblicato "Mucho Mojo Club", una raccolta spietata di racconti firmati dagli "scrittori più cattivi del panorama internazionale". Protagonisti - richiamando il concetto sporco, crudo e graffiante del mojo di Lansdale - erano homeless, prostitute, assassini, ladri, tagliagole - tutto ciò che striscia e si muove nell'oscurità, insomma. Come avrebbe detto la nonna di Florida: "magia nera", tribale, africana, creola, allo stato puro. Ma non conoscevo Lansdale, nel 2016, e così non mi sono accorta di questa uscita imperdibile di CasaSirio. Per fortuna, però, lo sporco era ancora troppo. Si era annidato ovunque e così, quest'anno, il 21 settembre uscirà un nuovo capitolo della famiglia del mojo: "Mucho Mojo Club - lavoro sporco". Altra antologia, altri rivoli neri di luridume da ripulire.

Il lato positivo è che, questa volta, parte del lavoraccio è toccata anche a me. Sì, perché il racconto disponibile in anteprima, "Kid Cooper e l'uomo scimmia di Blackwood" di Adam Howe, mi è finito tra le mani per caso, come le cose migliori, e io non ho potuto fare a meno di leggerlo. Amarlo. Divorarlo. Rotolarmi e ansimare nel fango di cui è imbrattato.
Ma andiamo con ordine.

America, quella brutale, povera, che non fa sconti. Kid Cooper e suo padre si fanno una cittadina sperduta dopo l'altra, sfidando a pugni il campione del posto, per poi ripulire le tasche degli scommettitori e proseguire verso la tappa successiva. Non che combattano entrambi: è solo Kid a rischiare di venire massacrato, mentre suo padre resta a guardare. Non hanno avuto una vita semplice, e di certo il loro passato non è esente da macchie di dolore, come quella per la morte della madre di Kid. Ma i due vanno avanti, e una sera arrivano a Blackwood, dove ad accoglierli, nella bettola dell'accampamento, non trovano un gruppo di ubriaconi che ha voglia di veder menare pugni. Lì li attende Boss Taggart, un individuo losco, grasso e spregiudicato che obbliga il ragazzo, tenendo suo padre sotto scacco, a non sfidare un uomo qualunque, bensì l'uomo scimmia, uno scimpanzé che vive in un buco fetido e pieno di verdure marce e liquami. Kid si ritrova a dover affrontare la bestia in questo ring allucinante e ben presto si rende conto che, se vuole sperare di uscire vivo da lì con suo padre, dovrà versare fino all'ultima goccia di sangue.

Adam Howe è stato in grado di costruire un racconto breve, semplice e folgorante, che mi ha tenuta avvinta fino all'ultima pagina. Stile giusto, scorrevole ma imbevuto di dettagli luridi, paura e sudore che mi hanno dato l'impressione di aver visto un film, più che di aver letto delle parole nere su una pagina bianca. E non un film qualunque: impossibile non notare i richiami allo scontro animalesco di Luke Skywalker contro il Rancor in "Episodio VI: Il ritorno dello Jedi", richiamato poi anche dalla lotta di Han Solo contro Chewbecca in "Solo: a Star Wars story", ma il concept è stato del tutto rielaborato, infangato, adattato allo sfondo del lavoro sporco. In questo racconto funziona tutto, ogni singola parola si trova in equilibrio e in proporzione perfetta rispetto alle altre. Una traduzione magistrale, editing da paura. Inutile dirlo: CasaSirio si riconferma una delle case editrici indipendenti più interessanti del panorama editoriale, con una particolare attenzione a tutto ciò che è pop, noir, intenso e bollente come caffè amaro.

Se non avete paura di sporcarvi, consiglio anche a voi di leggere questo racconto. Come? Semplice: potete trovarlo qui, cliccando in fondo alla pagina su "Leggi KID COOPER di Adam Howe". Non solo. A quel link potete anche preordinare l'antologia di racconti in uscita il 21 settembre, così da assicurarvi di riceverla insieme alla borsa shopper in edizione limitata. Fossi in voi, non ci penserei due volte. Io, per conto mio, ho già fatto il mio pre-ordine e ora sono qui, a mordermi le labbra mentre pregusto gli altri racconti dell'antologia, sperando che siano intrisi di quel mucho mojo che qui mi ha stregata.


- Alice

martedì 28 agosto 2018

Gocce d'inchiostro #19: in cui sbarchiamo su Instagram e finiamo sbattute dalle onde su uno scoglio

Quant'era che non scrivevo uno di questi post a goccia d'inchiostro, eh? Sembra trascorsa un'eternità, e non solo dal punto di vista temporale. Parecchie cose sono successe dietro le quinte, negli ultimi mesi; e, anche se raramente io e la mia socia ne abbiamo chiacchierato in queste pagine, capita che, prima o poi, si debba fare i conti anche con quelle. Perché...
Ma no, cosa dite! Nessuna di noi è incinta. Diamine, come siete sospettosi! Siamo solo staaaaaanche (in lettura inserite pure tutte le "a" che ritenete opportune, ndr), un po' abbattute per alcune questioni personali e bisognose di relax, almeno per qualche giorno. Perciò, ecco le news:

1. Staaaaaanchezza (vedi sopra). Ne abbiamo addosso tantissima, quindi ecco svelato il perché della nostra latitanza delle ultime settimane: stiamo cercando di prendere le cose con un po' di calma, e poi abbiamo anche altri progetti nel calderone. Volete conoscerne uno? Sì? No? Manco per il piripillo? E invece ve lo beccate lo stesso. Dovete sapere che già l'anno scorso io e Francesca abbiamo tenuto un corso di scrittura creativa nella nostra città: un'esperienza magnifica, frizzante, che non vediamo l'ora (nonostante la staaaaaaanchezza) di riproporre. Siccome accadrà a breve (in autunno terremo un corso di scrittura avanzata, mentre in inverno rifaremo quello base), ci sono tante cose - dalle lezioni, agli esercizi da ideare - che reclamano la nostra attenzione. A proposito: per chiunque fosse interessato e vivesse a La Spezia e dintorni, può scriverci un messaggio qui o per e-mail.

2. Instagram! Ebbene sì: pochi giorni fa abbiamo fatto fare al blog il salto della quaglia, facendolo sbarcare in versione bookstagrammer su Instagram. Se avete voglia di sfogliare i nostri primi, maldestri tentativi di realizzare foto artistiche a tema libroso, e scoprire le chicche che dedicheremo solo a questo social network, correte a trovarci a questo indirizzo :D

3. Ero tentata di scrivere di nuovo staaaaaanchezza, ma poi mi sono fermata. Cioè, più o meno. In realtà, i problemi dietro le quinte sono parecchi e non è questa la sede per parlarne. Parlo per me, sicuramente mi sentirei meglio se avessi un buon libro a cui affidare i miei occhi un po' spenti e segnati, la sera, invece non c'è niente che mi appassioni. Ho un sacco di libri da iniziare, molti dei quali fanno proprio capo al mio genere (romanzo americano da una parte, fantascienza postapocalittica e/o pandemica dall'altra), eppure non riesco proprio a trovare qualcosa che... beh, che abbia un sapore.
Che aggiunga non solo sale alla mia vita, ma che me la strappi a mani nude di dosso e faccia riemergere la mia fantasia, la febbre della lettura, il desiderio. La curiosità. Quello che cerco è un libro che mi raccolga da questo grigiore e mi sbatta con violenza sullo scoglio di un altro mondo, mi schiaffeggi, mi faccia reagire; ho bisogno di una storia che mi impedisca di tornare alla vita reale e mi costringa a girare una pagina dopo l'altra, come solo la saga di "Hunger Games" della Collins, negli ultimi due anni, è riuscita a fare. Considerando che ho già letto "Battle Royale", la saga di "Divergent", "The giver", "Maze Runner" e il primo di "Osama game"... consigli?

Bene, anche queste striminzite gocce d'inchiostro sono terminate. Ce ne sono così poche che colano dalla mia penna, ormai. Non riesco a scrivere, non riesco nemmeno a pensare. Beh, sarà solo un momento. Un lungo momento, ma passerà. Mi è già capitato e, dopo la tempesta, tutto è stato molto più bello. Quieto, ripulito, brulicante di nuove idee, come la spiaggia dopo un temporale.
Il casino è quando ci sei in mezzo. E' allora che fa veramente schifo. Ma tant'è.
Tant'è.


- Alice

venerdì 17 agosto 2018

Cose che possono succedere quando si entra in libreria #2

Ok, vi ricordate il risultato disastroso di quando sono entrata in libreria l'ultima volta? Disastroso per il mio portafoglio, eh, mica per me. Ebbene, questa volta ho fatto anche di peggio, come potete ammirare nella foto sottostante, ma c'è un barbatrucco: non ho comprato queste meraviglie in una botta sola, perché leggere mi piace, certo, ma anche mangiare. No, questi gioiellini li ho accumulati in mesi di binge letterar compulsion episodi depress ponderati acquisti. E li amo. Dio, quanto li amo.


Belli, eh? Eh? Eh?
Dio santo, devo trovarmi un fidanzato.
Comunque, vi lascio qualche riga sulle varie trame, perché secondo me meritano. In particolare "Un uomo da marciapiede" di Herlihy, ma andiamo con ordine.

1) "L'ultima stagione" di Don Robertson (Nutrimenti)

Ci sono due cose che rimangono impresse nell'anima, quando toccate questo libro: la prima è la consistenza porosa della copertina (ah, Nutrimenti, quanto amo questa Casa Editrice), come se per le mani avessimo un manoscritto antico, caldo, polveroso, rinvenuto nella soffitta dei nonni; e poi, naturalmente, c'è la frase riportata sul retro:
"Il mondo reale può anche sfuggirci, ma il nostro mondo no."
Il nostro mondo. Non è strano? Anche io parlo spesso del mio mondo, quella particolare versione personale in cui apro le persiane, un bel mattino, e d'un tratto mi accorgo che era tutto un errore, solo un brutto sogno, perché il mio vero corpo era un altro, e la mia vera casa era sulla strada,  e la strada conduce sempre verso ovest.
Proprio di questo parla "L'ultima stagione", la storia del "viaggio on the road di una coppia di anziani nel cuore dell'America, alla ricerca del significato di un'intera esistenza. La storia di un amore che ha attraversato i decenni, una straordinaria celebrazione del senso della vita". Inutile dire che mi ha subito colpita, anche perché Don Robertson è uno degli Autori più amati da Stephen King.

2) "Un uomo da marciapiede" di James Leo Herlihy (Beat)

Tutti conosciamo il film. Tutti abbiamo ben presente il volto di Dustin Hoffman, stanco, solitario,Percorso creativo. Un viaggio chiamato scrittura" di Laura Scaramozzino. E per fortuna che l'ho letto, perché questo romanzo si presenta, sulla carta, come il potenziale mio nuovo libro preferito. Sì, è del filone del romanzo americano. Sì, sono fissata. Fatevene una ragione. Vi voglio bene.
mentre fuma una sigaretta nella grigia e crudele New York. O meglio, forse lo conoscete voi, perché io questo film non lo avevo mai sentito nominare, prima di leggere un gran bel manuale di scrittura creativa, "
"Il giovane texano Joe Buck, stanco della sua noiosa e insoddisfacente vita e del suo lavoro di lavapiatti in una tavola calda, decide di partire per New York. Nella Grande Mela, Joe, nelle vesti d'un cowboy da rodeo, spera di guadagnarsi da vivere facendo il gigolò in quanto, per sua stessa ammissione, l'unica cosa che gli riesce bene è fare l'amore. I primi tempi a New York si rivelano, fallimentari, crudeli, spietati. Solo l'incontro con il ladruncolo Rico, un italo-americano zoppo, figlio d'un lustrascarpe, che tira avanti riuscendo a malapena a non morire di fame e della malattia che lo sta consumando, permetterà a Joe di capire se stesso e riscoprire il valore dell'amicizia, di cercare di salvare l'altro nonostante la propria miseria."
Ho già detto che questo ha le potenzialità per diventare il mio nuovo libro preferito?

3) "L'ultimo serpente" di A. B. Guthrie (Mattioli 1885)

So che non è il suo romanzo più celebre - o meglio, il libro, dato che questa è una raccolta di racconti; ma mi hanno colpita, vuoi per lo stile, vuoi per l'ambientazione (qualcuno ha detto America?).
Sul retro della copertina leggiamo questo estratto:
"Non sono mai stata nell'ovest, prima", disse. "E'..." Fece un ampio gesto rassegnato mentre con la mano si sforzava inutilmente di trovare la parola giusta. "E' tutto così?" A est le colline nude, scure come la pelle di una pantera, risalivano fino a trasformarsi in lunghi altipiani che si perdevano a vista d'occhio. A ovest la catena principale delle Montagne Rocciose si stagliava in lontananza, blu e viola, e con le sue pietre e i pini sempreverdi."
Dai, non si può non comprare un libro scritto così. E poi, parla dell'Ovest, e di tutto ciò che riguarda la "condizione umana, il rapporto dell'uomo con la natura, la violenza e l'amore per il mondo, il senso dell'avventura e del tempo che passa e divora le forze degli uomini, il viaggio e la libertà." Tredici piccoli classici della letteratura americana mai tradotti prima, proprio come piace a me.

4) "Mi chiamo Lucy Barton" di Elizabeth Strout (Einaudi)

"In una stanza d'ospedale nel cuore di Manhattan, davanti allo scintillio del grattacielo Chrysler che si staglia oltre la finestra, per cinque giorni e cinque notti due donne parlano con intensità. Non si vedono da molti anni, ma il flusso delle parole sembra poter cancellare il tempo e coprire l'assordante rumore del non detto. In quella stanza d'ospedale, per cinque giorni e cinque notti, le due donne non sono altro che la cosa più antica e pericolosa e struggente: una madre e una figlia che ricordano di amarsi."
D'accordo, questo non è proprio il mio genere. A costo di venire linciata pubblicamente, qui lo dico e non lo nego: è molto raro che mi piaccia un libro scritto da una donna, o che abbia protagoniste femminili, per tutta una serie di motivi che non mi sento di dover spiegare in questa sede. Il fatto è, attenendoci all'aspetto letterario, che la stragrande maggioranza di Autrici ha il vizio di scrivere con uno stile femminile, che non coincide con il parlare d'amore, matrimoni o frivolezze, bensì proprio con una metrica in genere lenta, ponderata, con ritmi cantilenanti e frasi infarcite di dubbi, immagini, riflessioni. Sì, sono una donna anch'io, lo so, grazie per avermelo ricordato. Ma anche Suzanne Collins la è, eppure il suo stile di scrittura è secco, scattante, crudo, sanguinolento, urticante. Come il suo personaggio - donna, sì, ma donna aspra, amara, disposta a scuoiare vivo un animale se questo può dare da mangiare alla sua sorellina. Una donna d'azione.
C'è da dire che anche alcuni uomini hanno uno stile di scrittura femminile (proprio come la Collins ne ha uno maschile), quindi il genere dell'Autore non è detto che si rifletta su quello che traspare dallo stile, ma spesso capita che sia così.
E comunque, gusti a parte, ho deciso lo stesso di dare una possibilità alla Strout. Perché il suo modo di scrivere, per quanto trapunto di quella - scusatemi la franchezza - noiosità tipica dello stile femminile, contiene anche pennellate vivide e oggetti che restano impressi. E anche perché ne hanno parlato bene troppi lettori perché questo libro non contenga, almeno in parte, qualcosa che streghi anche me.

5) "Il messaggero" e "Il figlio" di Lois Lowry (Giunti)

Questi sono gli ultimi due capitoli della saga dedicata a "The giver", celeberrima serie distopica dalla quale è stato tratto - perlomeno, dal primo libro - l'omonimo film. Film che, nei primi dieci minuti, mi stava facendo montare il criste, come dicono a Torino, perché sembrava un minestrone di "Divergent" misto a "Ember - la città di luce". Poi, però, ha cambiato rotta e devo dire che, specialmente verso la fine, è stato davvero capace di emozionarmi. E non è facile riuscirci, ma la Lowry (sì, è una donna, e sì, ricordo perfettamente ciò che ho scritto poche righe fa) applica il suo essere donna non allo stile di scrittura, che resta molto fluido e scorrevole, bensì per rovesciare i classici canoni della donna puericultrice e dell'uomo rigido capo della famiglia.


Jonas, il protagonista di questi libri, ha un lato materno molto sviluppato, che lo porta a rischiare la propria vita pur di salvare un neonato innocente, Gabriel, e abbandonare il mondo che conosceva fin dall'infanzia. A proposito, due righe su "The giver": "Jonas ha dodici anni e vive in un mondo perfetto. Nella sua Comunità non esistono più guerre, differenze sociali o sofferenze. Tutto quello che può causare dolore o disturbo è stato abolito, compresi gli impulsi sessuali, le stagioni e i colori. Le regole da rispettare sono ferree ma tutti i membri della Comunità si adeguano al modello di controllo governativo che non lascia spazio a scelte o profondità emotive, ma neppure a incertezze o rischi. Ogni unità familiare è formata da un uomo e una donna a cui vengono assegnati un figlio maschio e una femmina. Ogni membro della Comunità svolge la professione che gli viene affidata dal Consiglio degli Anziani nella Cerimonia annuale di dicembre. E per Jonas quel momento sta arrivando...".

6) "L'ultimo spettacolo" di Larry McMurtry (Mattioli 1885)

Ok, questo Autore non lo avevo mai sentito nominare prima di scovarlo su uno scaffale piuttosto nascosto della libreria, ma una volta letta qualche riga non ho potuto fare a meno di stringere forte questo libro e portarlo al sicuro con me.
Vi riporto un estratto:
"A volte Sonny si sentiva l'unico essere umano in città. Non era una bella sensazione e in genere gli capitava al mattino presto, quando le strade erano completamente deserte, proprio come quel sabato di tardo novembre. La sera prima, Sonny aveva disputato l'ultima partita del campionato di football con la squadra della scuola superiore di Thalia, ma non era quello a farlo sentire così strano e solo. Era l'aspetto della città."
Ebbene, forse alcuni di voi ricorderanno questo romanzo dall'omonimo film di Peter Bogdanovich con i giovanissimi Jeff Bridges, Cybill Shepherd e Timothy Bottoms. La storia è ambientata in America (strano, nevvero?) e precisamente in Texas, negli anni '50: in una piccola città di provincia, tre adolescenti muovono i primi passi nel mondo adulto. Non che abbiano molto spazio in cui sgambare: gli echi del mondo arrivano attraverso la radio e il cinema è l'unico divertimento. E ciò è particolarmente pericoloso, perché, fra tre giovani allo sbando, il confine tra noi e dramma è pericolosamente labile.
Beh, che dire? Non vedo l'ora di iniziarlo, anche se credo che darò la precedenza ad altri.

7) "Nessuno scompare davvero" di Catherine Lacey (BigSur)

Altra scrittrice femminile, altro consiglio da parte di un'amica, altro rischio. Su questo romanzo posso dirvi due cose: la prima, che la copertina è veramente magnifica. E' come se fosse la pagina di un fumetto, in cui una donna, sdraiata sull'acqua, si immerge sempre di più fino a quando, al terzo fotogramma, non è completamente sommersa. Tentativo di suicidio? Simpatica burla?
Andiamo a scoprirlo.
"Elyria, ventotto anni, ha un lavoro stabile e un marito a New York: ma un giorno, senza dare spiegazioni, molla tutto e parte con un volo di sola andata per la Nuova Zelanda. Passerà mesi a vagare in autostop fra le campagne di quel paese sconosciuto, incrociando le vite di altre persone e tentando di dare un po' di pace alla sua. Scopriamo che Elyria ha un passato difficile (una madre alcolizzata, una sorella adottiva suicida, allieva del professore che è poi diventato suo marito), ma la fuga non è causata da crimini o violenze: nasce da un malessere esistenziale tanto profondo quanto difficile da definire; e il romanzo è, di fatto, un viaggio nella mente della narratrice, capace di osservazioni acutissime sul mondo, ma anche preda di improvvisi squilibri; dentro di lei, dice, si muove un bufalo riottoso che non riesce a placare."
Ora capite perché mi ha incuriosita? Il tema è uno di quelli a me più cari: la fuga, il viaggio verso l'ignoto, la riscoperta di sé, l'incisione di una ferita purulenta che, se non fossimo partiti, ci avrebbe infettati completamente, portandoci alla morte. E' uno dei temi che affronto anche nel romanzo che sto tentando di scrivere, un grandissimo bastardo che mi sta dando un mucchio di problemi e per il quale ho già buttato via qualcosa come 800 pagine. A oggi, dopo mesi, sono inchiodata come non mai, a fissare il muro e chiedermi se ne sono davvero capace. Dove sia finito l'estro del primo libro, o del secondo. Dove sia finita io.
Beh, sfogo a parte - scusate, ma ci sto dannatamente male -, il romanzo della Lacey mi incuriosisce non poco. Anche qui, lo stile di scrittura mi sembra godibile. Vi riporto un estratto:
"Il rumore sconosciuto non era altro che il fruscio delle pecore nell'erba, ma quelle scapparono via, e io non potevo certo biasimarle perché anch'io sarei fuggita se fossi stata una pecora invece che me stessa, e anzi alcune mattine, pur essendo me stessa, vorrei comunque essere una cosa che fugge lontano da me piuttosto che quella cosa cucita dentro di me per sempre."
Bene, fantastico. Solo trascrivendo questa frase mi è uscita la lacrimuccia. Mi sa che questo romanzo lo leggerò prima di tutti gli altri.


Ordunque!
Che ne pensate di questa carrellata? Conoscete qualcuno di questi romanzi? Volete uccidermi per ciò che ho detto sulle scrittrici femminili? Sono qui a disposizione. Si accettano mutilazioni.
Anche perché - zan zan ZAAAN - ho ancora una cosa da dirvi. E, cioè, che io e la mia collega saremo un pochino meno attive, nei prossimi giorni, per via di qualche giorno di ferie che abbiamo deciso di prenderci. Quindi, potrete continuare a seguirci sia qui che sulla pagina Facebook, noi ci siamo, solo che saremo un tantino più lente nel rispondere. Abbiamo bisogno di recuperare le forze, le idee e le energie non solo per il blog, ma anche per i nostri libri, al momento entrambi in marcia d'arresto, e per i corsi di scrittura creativa che stiamo imbastendo. A proposito, se qualcuno di voi è di La Spezia o territori limitrofi e desidera partecipare, qui potete trovare qualche info e recensione sul corso dell'anno scorso, oltre a novità che piano piano riportiamo sui corsi (base e avanzato) che abbiamo in programma per questo autunno/inverno.
Buone ferie a tutti! :)


- Alice

giovedì 9 agosto 2018

Per il ciclo recensioni librose: "New York 14a" di Alessandro Barbero

Quante volte vi sarà capitato? E' pomeriggio, tutti i vostri amici sono impegnati, e voi vi state annoiando da morire. Fate zapping, ma dato che da giugno a settembre in TV non passano altro che repliche, non trovate niente che vi sfizi. Il frigo è vuoto. Insomma, 'na chiavica. In una giornata così, ciascuno reagisce a modo proprio: alcuni si vestono e filano a comprare una vaschetta di gelato al cioccolato (io), qualcun altro si spara le cuffie nelle orecchie per ascoltare musica deprimente (ancora io), e poi ci sono quelli che decidono di rifugiarsi nella prima libreria a dar fondo ai propri risparmi (sempre io).
Ebbene, si dà il caso che l'altro giorno mi stessi annoiando, e in più avessi qualche risparmio da parte; così, ho fatto quello che, parafrasando il famoso slogan, un vero uomo deve fare.

La libreria vicino a casa mia è una piccola perla. Non è di catena, perciò non è fornitissima, ma in compenso è fresca, tranquilla, ed è possibile soffermarsi a frugare tra gli scaffali per tutto il tempo che si vuole. Dicono che leggere romanzi è il modo che abbiamo per riportare equilibrio e linearità nell'imprevedibilità delle nostre vite; ebbene, se è vero, e lo è, allora anche questa libreria è una specie di romanzo. Lì nessuno ti obbliga a comprare, o ti disturba, perciò capita di entrare con l'animo in subbuglio e uscirne con le idee chiare. O, perlomeno, con una busta di plastica piena di libri strani, dimenticati, chicche della letteratura che sarebbe impossibile scovare altrove.

No, non è lei.
Non ci ho pensato a fotografarla mentre ero lì, però ci somiglia.
O, almeno, somiglia a come la percepisco io.
Come "New York 14a", ad esempio, una breve raccolta di racconti firmata dalla penna di Alessandro Barbero, noto soprattutto per il suo romanzo d'esordio, "Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle e gentiluomo", vincitore del Premio Strega nel 1996, e per i suoi numerosi saggi, incentrati soprattutto sulla storia del Medioevo. Non è fantastico? Voglio dire, il fatto che in questa libreria non ci fosse nemmeno una delle opere più famose di Barbero. Solo questa minuscola raccolta di racconti, che in qualunque altro posto sarebbe stato impossibile da reperire anche ordinandola. E' una cosa che mi piace: avvicinarmi a un Autore con dolcezza, alle spalle, togliendogli la giacca di dosso come una moglie affettuosa. Adoro partire da storie che nessuno conosce, e poi, semmai, leggere anche il resto. Mi fa sentire in intimità con lo scrittore, e poi mi dà più opportunità di uscire silenziosamente, in punta di piedi, dalla stanza dove sta riposando, nel caso non mi piaccia, senza ferirlo troppo.

Qualcosa che non penso accadrà con Barbero, perché questi racconti sono, nella loro estrema brevità, una bomba. E sono tutti molto diversi tra loro, una cosa che apprezzo sempre, in una raccolta. Non sono contro le antologie tematiche, per carità, ma preferisco leggere gli scarti. Tutto ciò che l'Autore non sapeva dove inserire, i suoi ritagli, le folli crisi di rabbia, il bisogno impellente di sgravare una storia solo per il gusto di partorirla, anche se è figlia unica.

In "New York 14a", in realtà, i parti sono più d'uno, e tuttavia nessuna storia è solitaria. Le prime due hanno come protagoniste due ragazze allo sbando, scappate di casa solo per finire a fare le barbone rispettivamente a Torino e New York: Heidi Homeless, senzatetto anche nel nome, vive di stenti nella stazione torinese di Porta Nuova, e ogni giorno deve avere a che fare con le figure inquietanti che la popolano dopo un certo orario, alcune innocue, altre letali - soprattutto per una donna. E' da parecchio che tira avanti così, e infatti è sagace, smaliziata, e sa come sopravvivere in mezzo agli altri mendicanti; ma quella vita fatta di rifiuti, e di sentirsi un rifiuto, l'ha anche fatta marcire dentro, strappandole ciò che ci rende umani: il coraggio di aiutare un nostro simile. Di stampo diverso è la protagonista della seconda storia, Linda, che per disperazione arriva a mettere in vendita il proprio corpo in uno squallido seminterrato di New York per guadagnare cinquecento dollari e non morire di fame. Fra l'altro, questa seconda storia mi ha fatto salire il nervoso, perché avevo avuto un'idea molto simile qualche anno fa, e l'avevo anche iniziata a buttare giù; questo racconto mi ha dato la spinta per riprenderla in mano, ma già adesso che non è ancora conclusa mi rendo conto che i due testi rischiano di somigliarsi. Una cosa che non posso tollerare, ma spero di riuscire a diversificarli in fase di revisione. Staremo a vedere.

Tornando all'antologia, dopo queste due storie gemelle il libro cambia registro: il terzo racconto, quello che fa da anello fra i due sfondi tematici della raccolta - le città moderne e i nuovi poveri da una parte, la desolazione delle guerre del passato dall'altra - mette in scena il dramma di un'altra donna, Galja, costretta ad abbandonare il suo rifugio a Kabul per via dei bombardamenti. Sempre la guerra fa da timone conduttore per i brani successivi, davvero brevi, ma vividi, con protagonisti soldati buoni, altri cattivi, che si scambiano dialoghi brevi e taglienti come il freddo mostruoso del Tadzikistan, fino ad arrivare all'ultimo racconto, quello che chiude magistralmente la raccolta.
Protagonista è un importante ufficiale dell'esercito di cui non si conosce il nome fino alla fine, il quale, passando per Parigi negli anni '40, decide di fermarsi a farsi predire il futuro da una cartomante. Non è la prima volta che ricorre a una sensitiva, e fino a quel momento ogni previsione è stata un successo, così come la sua vita. Tronfio e sicuro di sé, l'uomo interroga l'indovina, ma lei gli rivela una realtà sconcertante: tra cinque anni, non solo lui, ma anche tutti i soldati del suo plotone, la moglie, l'amante, i bambini, saranno morti. Naturalmente lui comincia ad agitarsi e minacciare la donna, e anche noi lettori siamo portati a patteggiare per lui, finché il colpo di scena finale non ci trafigge come la lama di un pugnale, facendoci chiudere il libro con lo shock dipinto sul volto.

Bello. Ma bello bello, e soprattutto breve, un po' alla Raymond Carver, il maestro indiscusso della massima espressività compressa nel minor numero di parole. Se vi riesce, cercate di reperire questa antologia, perché vale veramente la pena di averla in casa, per consultarla, rileggerla e ritrovarvi nelle scelte di questi personaggi; decisioni viscide, o mosse dall'ira, o disperate, certo, ma anche profondamente umane.


- Alice



mercoledì 1 agosto 2018

Stroncature, rifiuti e due di picche

«Trovati un lavoro.»

Chi di voi scrive a tempo pieno saprà già di cosa sto parlando: delle persone che, quando scoprono la tua passione, ti guardano con un sopracciglio inarcato, un mezzo sorriso sulla faccia, e ti dicono: «Bello, sì. Ma trovarsi un vero lavoro no, eh?»
Simpatici, davvero. Eppure, nonostante io sia dalla parte di quelli che scrivono, c'è da dire che un po' li capisco. Scrivere - non tanto per hobby, o perché sei un calciatore o uno youtuber e ti viene commissionato un libro con tanto di ghostwriter in omaggio, ma perché per te è La Chiamata, la vocazione che senti dentro fin dalla nascita, e magari hai passato le estati della tua infanzia a scrivere storie sui quaderni invece di correre fuori a giocare - è arduo, e campare di scrittura è praticamente impossibile. La vita è cara, i soldi indispensabili. Quanti ragazzi conoscete che, scrivendo libri, riescono a pagarsi il mutuo? Non so voi, ma io non credo di conoscerne. In un paese dove, all'anno, escono circa 65000 nuovi titoli, sono pochi gli autori in grado di poter vivere solo di scrittura. E pensate a tutti gli altri scrittori che non riescono nemmeno a farsi pubblicare! Gente che magari ha speso anni nella stesura di un romanzo e poi continua a ricevere un rifiuto dopo l'altro. Non perché non sia bravo a scrivere, eh. Magari ha partorito qualcosa di nicchia, difficile da vendere. O magari è solo sfortunato.

Eh, sì. Scrivere mette a dura prova. Fare arte, generalmente, o perlomeno provarci, mette a dura prova. Pensate ai musicisti. Sin da ragazzini passano i pomeriggi a suonare, a cantare, a comporre... a spendere risparmi per quel bel microfono che sognano da un sacco. Partecipano a festival, talent show. Spendono soldi su soldi per iscriversi a quella bella scuola di musica che potrebbe dar loro una spinta nel mondo di cui sognano di far parte da una vita. Consumano fino all'ultimo centesimo per incidere cd, nella speranza che questo piaccia (e che non venga piratato). E poi? Personalmente, di ragazzi di questo tipo ne conosco parecchi. Volete sapere quanti di loro sono (già) arrivati? Neanche uno.


Eppure, noi sognatori continuiamo ad andare avanti, instancabili lottatori. Nonostante i dubbi, i pregiudizi e le paure continuiamo a pensare ai nostri personaggi, alle nostre canzoni. Continuiamo a sperare di riuscire a pubblicare le nostre storie, affinché altri possano leggerle. Continuiamo a suonare e cantare e creare, nella speranza che, prima o poi, qualcuno creda finalmente in noi e che ascoltando la nostra musica possa sentirsi meno solo. E no, non è per le ricchezze che lo facciamo. Nessuno di voi vuole (credo) diventare il nuovo riccone italiano, pronto a sollazzarsi tra ville e festini. Vogliamo solo raccontare storie. Vogliamo solo poter essere noi stessi. Comunicare. E, sì, magari cavar fuori anche due soldini di numero, ma questo solo perché scrivere E' un lavoro, e come tale è giusto che venga retribuito, anche se difficilmente sarà sufficiente a saldare il mutuo.

Quindi, sognatori, voglio rivolgervi un appello: non arrendetevi. A volte può essere dura andare avanti, quando tutto il mondo vi rema contro. Potrete credere di non valere niente, perché Tizio ha pubblicato e Caio ha vinto quel talent show, mentre voi siete ancora a casa, in pantofole, a chiedervi dove abbiate sbagliato. Non rinunciate nemmeno quando vi chiudono il portone in faccia o quando vi suggeriscono di cambiare mestiere. Continuate a credere nei vostri sogni, perché se non sarete voi a farlo, non lo farà nessun altro.


Vi lascio un piccolo elenco di artisti che nonostante le difficoltà, i rifiuti e le paure ce l’hanno fatta. Sia mai che la cosa possa ripetersi.


J.K. Rowling


Come non parlare di zia Rowling? Dopo aver perso sua madre per sclerosi multipla, sposa il giornalista televisivo Jorge Arantes, con cui ha una bambina. Purtroppo, le cose non vanno  bene e, ad appena un anno dal lieto evento, il matrimonio finisce (secondo voci non confermate, per sospetta violenza domestica). Zia Rowling fugge con la bambina a Edimburgo, dalla sorella, dove la storia di Harry Potter inizia a formarsi, tassello dopo tassello. Possiamo definire questo periodo come quello più oscuro della Rowling. Separata, disoccupata, con una figlia a carico e con un ex marito che la tormenta, arriva a pensare al suicidio. Fortunatamente non lo fa e continua a scrivere "Harry Potter". Dopo aver concluso il primo libro, contatta un agente letterario che prima la rifiuta, ritenendo il romanzo non vendibile, poi torna a cercarla dopo aver letto una recensione entusiasta di una delle sue collaboratrici. Lo stesso agente letterario riceverà poi 11 RIFIUTI dalle Case Editrici a cui proporrà il romanzo. La motivazione? "I libri per bambini non vendono". Quando ormai il destino fallimentare della Rowling sembra inevitabile, il presidente della Bloomsbury, una casa editrice piccola e poco conosciuta di Londra, prova a far leggere i primi capitoli di "Harry Potter e la pietra filosofale" alla figlioletta Alice (Dio, speriamo che questo nome porti bene anche a me), la quale chiede il seguito. La Bloomsbury, dunque, che aveva appena inaugurato una collana per bambini, emette una tiratura di sole mille copie e poiché i nomi femminili sulle copertine, di solito, respingono il lettore maschio, chiede alla Rowling di firmarsi con un vago J.K. (che richiama J.R.R. Tolkien). Nonostante la pubblicazione, l'Editore le consiglia comunque di trovarsi un lavoro redditizio con cui poter mantenere la bambina. Notate bene, il suo Editore! A discapito dei dubbi, quelle mille copie andarono a ruba e adesso valgono tra i 16 e i 25 mila euro. Oggi, quella giovane donna che pensava al suicidio è conosciuta in tutto il mondo ed è diventata più ricca della regina Elisabetta.


Stephen King


Che dire dell’uomo dalla mente più perversa d'America? Abbandonato da suo padre, che era uscito per andare a comprare le sigarette per non fare più ritorno, Stephen, il fratello e la madre iniziano a girovagare per gli Stati Uniti in cerca di fortuna. La madre, donna di carattere, accetta ogni lavoro che le capita ma, nonostante le assenze, riesce comunque a indirizzare i figli sulla strada della buona musica e della lettura dei classici della letteratura. Stephen comincia a leggere da solo tutto ciò che trova. A sette anni scopre nella soffitta i libri del padre, appassionato di Edgar Allan Poe, Lovecraft e Matheson. Scopre così che il padre non era solo un marinaio (come raccontato in casa), ma anche un aspirante scrittore, affascinato dalla fantascienza e dall’horror. Nel 1969, anno in cui sposa Tabitha Jane Spruce, Stephen inizia a occuparsi di uno spazio sulla rivista “The Maine Campus” e già qui si capisce il suo talento: è in grado di scrivere un racconto perfetto cinque minuti prima che il giornale vada in stampa. Mica come me, che quando realizzavo di aver dimenticato di fare i compiti mi ritrovavo a compilarli per metà, spulciando quelli della mia vicina di banco (che il più delle volte li sbagliava, ma almeno li faceva!).
Ma torniamo a King. Nel 1972 nasce il suo secondo figlio e il bilancio della famiglia comincia a farsi davvero problematico. King inizia a pensare che diventare uno scrittore sia un'utopia. Non riesce a pagare le bollette, e decide di rinunciare prima al telefono, poi all’automobile. E, si sa, quando le cose vanno male non possono che peggiorare. Inizia così a bere e, inevitabilmente, la situazione precipita. Sarà sua moglie a salvarlo, spingendolo a lavorare su “Carrie”, un manoscritto incompleto che aveva ritrovato per puro caso nella spazzatura. King, finita la revisione, sottoporrà il romanzo a svariate Case Editrici, che rifiuteranno il romanzo perché "la distopia non vende". Finalmente, il suo agente riesce a strappare alla Casa Editrice Doubleday un assegno di 2500 dollari come anticipo per la pubblicazione. Pochi mesi dopo, arriva la grandiosa notizia: la Casa Editrice ha venduto i diritti dell’opera alla NewAmerican Library per 400000 dollari, metà dei quali spettano a King. I problemi economici sono risolti e Stephen lascia immediatamente l’insegnamento per dedicarsi a tempo pieno alla professione di scrittore. Inutile dirvi dove sia arrivato oggi.


Kathryn Stockett


Scrittrice americana cresciuta a Jackson, in Mississipi. Sulla sua biografia ammetto di non saperne molto, ma so che il suo romanzo, “The Help”, da cui hanno tratto anche un film, ha ricevuto 60 rifiuti da parte di agenti letterari. Sì, avete letto bene. Sessanta rifiuti. Sessanta. Dopo il sessantesimo no, il romanzo è stato finalmente accettato da Susan Ramer. Oggi, il libro è diventato un bestseller ed è stato pubblicato in 35 Paesi e tradotto in tre lingue diverse.


Agatha Christie


Nemmeno i geni del giallo si salvano. Nata nel 1890, Agatha (il cui vero nome è Agatha Mary Clarissa Miller) è l’unica dei suoi fratelli a non frequentare una scuola, ma a essere istruita in casa dalla madre, dalla nonna e da numerose governanti. Si trasferisce a Parigi da ragazzina, per perfezionarsi in musica e canto nella speranza di diventare una cantante lirica, ma due anni dopo capisce di non averne la stoffa e inizia a dedicarsi alla scrittura. Grande scelta, Agatha! Sotto pseudonimo, riesce a pubblicare alcune poesie su “The Poetry Review”, ma ahimè i suoi racconti vengono puntualmente respinti. Sarà solo nel 1920, dopo aver prestato servizio come crocerossina durante la prima guerra mondiale ed essersi sposata con il tenente Archibald Christie, che Agatha pubblicherà finalmente il suo primo romanzo, “Poirot a Styles Court”, un giallo. In seguito, scrive altri romanzi, ma con risultati modesti, fino a quando, nel 1926, si avvia finalmente al successo con “L'assassinio di Roger Ackroyd”.
Nel 1971, a coronamento di una brillante carriera, Agatha Christie riceve la massima onorificenza concessa a una donna, quella di Dama dell’Impero Britannico. Dalla serie, preghi per anni affinché qualcuno pubblichi i tuoi racconti e poi ti ritrovi Dama. Mica male, eh?


Anna Frank


Già. Sembra impossibile che proprio lei e la sua opera, su cui tutti noi abbiamo studiato, siano state inizialmente rifiutate non da uno, ma da QUINDICI editori. Sì, ho detto quindici. 15. Tra le varie motivazioni: «Questa ragazza non ha, perlomeno dal mio punto di vista, un sentimento o una percezione della realtà tali da elevare il romanzo al di sopra della banale curiosità.» Ciononostante, nel 1947 la Contact di Amsterdam decise di pubblicare il libro, pur chiedendo al padre di Anna, Otto Frank, di rivedere il testo e tagliare i passaggi in cui Anna parlava della propria sessualità. Il romanzo non ottenne comunque un gran successo, fino a quando, con il passare del tempo, il pubblico venne a conoscenza dei fatti gravissimi della Shoah. Solo allora, il libro suscitò un vasto interesse. Ora ditemi, esiste qualcuno, tra voi, che non conosce il "Diario di Anna Frank"? Ne dubito fortemente.

Ma questi non sono gli unici casi. Pensiamo a C.S Lewis, l’Autore di “Le cronache di Narnia”, che prima di vendere un solo libro ha ottenuto il record di 800 stroncature. A George Orwell, al quale bocciarono “La fattoria degli animali” dicendo che sarebbe stato impossibile vendere storie di animali negli Stati Uniti. A Herman Melville, a cui Peter J. Bentley, della casa editrice Bentley & Son suggeriva di sostituire l’antagonista del Capitano, la balena, con lotta con la propria depravazione verso giovani e voluttuose signorine. Di conseguenza, come non citare "Lolita" di Vladimir Nabokov, rifiutato perché ritenuto nauseante?

Alla faccia dei no!

Questo ci insegna a non demordere mai, perché per quanto possa essere dura andare avanti, per quanto i muri che ci dividono dall’avercela fatta possano essere enormi e pieni di filo spinato, non è detta l’ultima parola.
Come direbbe Walt Disney (anche lui rifiutato in quanto “CARENTE in fantasia”) se puoi sognarlo, puoi farlo.

E voi? Conoscete scrittori (ma anche altri artisti) stroncati dalla critica prima di ottenere successo? Quale libro stronchereste? A quale avreste negato la pubblicazione?
Non dite il mio, o quello di Alice, o vengo a cercarvi.


- Francesca