Coucou.
Ultimamente mi è capitato di sentirmi dire che l’editoria è in crisi.
“È inutile scrivere libri, se tanto la gente non li legge.”
“Le librerie faranno la fine delle agenzie di viaggi.”
“È inutile cercare di farsi pubblicare da piccole case editrici se tanto rischiano il tracollo ogni due minuti a causa di amazon ed e-reader.” (Ma, sempre a sentire le voci, è inutile anche cercare di farsi pubblicare dai big, perché non considerano gli autori emergenti, ndr).
“Il mondo sta andando avanti e, presto, nessuno leggerà più. Si limiteranno tutti a restare incollati davanti agli schermi della televisione, fremendo all’idea di vedere l’intro di una nuova serie tv.”
“Le librerie faranno la fine delle agenzie di viaggi.”
“È inutile cercare di farsi pubblicare da piccole case editrici se tanto rischiano il tracollo ogni due minuti a causa di amazon ed e-reader.” (Ma, sempre a sentire le voci, è inutile anche cercare di farsi pubblicare dai big, perché non considerano gli autori emergenti, ndr).
“Il mondo sta andando avanti e, presto, nessuno leggerà più. Si limiteranno tutti a restare incollati davanti agli schermi della televisione, fremendo all’idea di vedere l’intro di una nuova serie tv.”
Lasciatemi dire una cosa: non concordo.
Sì, forse è vero, con l’avvento degli e-reader le vendite del cartaceo possono essersi ridotte. Secondo i dati dell'Associazioni Italiana Editori, se nel 2014 a leggere in digitale erano solo il 28% dei lettori, nel 2017 la percentuale è salita al 40. Questo può sembrare spaventoso. Un incremento del 12% potrebbe far sospettare un effettivo decadimento dei sistemi di vendita tradizionali. Io stessa ammetto di avere un e-reader e mi piace. È piccolo, comodo. Ci puoi scaricare anteprime e leggere un numero discreto di pagine prima di procedere all’acquisto del romanzo. Lo ficchi in borsa, aspetti di salire sul bus, poi lo accendi e scegli la lettura che più ti aggrada. Semplice, veloce. Apparentemente perfetto. Eppure, se dovessi scegliere di acquistare un titolo opterei per il cartaceo. Perché? Beh, innanzitutto perché lo leggo meglio. Esiste un importante studio che ha dimostrato che, leggendo su un e-reader, in media si perde una parola su 10 durante la lettura. Una lettura più disattenta, quindi, ma anche come esperienza meno avvolgente: mancando il rumore delle pagine, il loro odore e la sensazione tattile nello sfogliarle, il cervello registra la lettura a schermo come una esperienza che alla lunga rimane meno impressa rispetto a quella concreta di leggere un libro fisico. In poche parole, tendiamo a dimenticare ciò che leggiamo su schermo e a ricordare ciò che leggiamo sulla carta.
Secondariamente, sceglierei un cartaceo perché mi piace finire un libro e trovargli un posticino in libreria. È un po’ come dire “ok, piccolino, ti ho letto. Sei diventato parte della mia vita. Ora puoi diventare parte anche della mia casa, come una coppa su una mensola.”
Secondariamente, sceglierei un cartaceo perché mi piace finire un libro e trovargli un posticino in libreria. È un po’ come dire “ok, piccolino, ti ho letto. Sei diventato parte della mia vita. Ora puoi diventare parte anche della mia casa, come una coppa su una mensola.”
Lo so, può suonare folle, eppure non credo di essere l’unica a fare questo ragionamento. Amo il fruscio della carta. Adoro entrare in una libreria e respirare profumo di libri. Mi piace aggirarmi tra i titoli, come una vagante in cerca di una nuova terra, le persone che corrucciano la fronte e si siedono su una poltroncina per gustare una pagina o due del libro che hanno scelto, prima di dirigersi alla cassa. Amo agguantare qualche titolo e leggerne gli incipit. Amo l'idea stessa di avere a portata di mano migliaia di storie che si possono toccare e far proprie.
(Libreria del Mondo Offeso, via Cesare Cesariano 7, Milano.)
Beh, credo si sia capito… mi piacciono le librerie! E non sono la sola… Come faccio a dirlo? L’afferma sempre l’AIE, secondo cui le librerie continuano a essere il canale principale di acquisto, con una percentuale del 76% a fronte di un 29% di internet.
E se è vero che le grandi catene sono quelle che ottengono una media più alta di vendita (il 45% dei lettori sceglie di comprare in una grossa libreria, mentre il 27,8% si rifornisce dalle indipendenti) è vero anche che qualcosa si sta muovendo affinché le più piccole possano essere avvantaggiate. È il caso del decreto di agevolazione fiscale firmato nei giorni scorsi. Secondo tale provvedimento, le librerie potranno accedere a una fascia di credito nella misura massima di 20 mila euro per le indipendenti e 10 mila per le altre. Perché? Per favorire i centri, ovviamente, dove in genere si affacciano piccoli esercizi dotati di carattere e competenza. (Ora, non voglio fare nomi, ma c’è una libreria indipendente, qui dalle mie parti, che è eccezionale. Basta entrare al suo interno per sentirsi DAVVERO in un posto diverso. E, credetemi, non lo dico per la macchina da scrivere che tengono esposta in una teca nel pavimento!)
Sì, è tutto molto bello, direte voi, ma perché vi faccio questo discorso?
Vedete, a volte si ha la tendenza a dare per scontato le cose. Ci ostiniamo a credere che le persone che ci circondano siano contenitori vuoti, gente che passa i pomeriggi a guardare programmi trash in tv, messaggiando con il nuovo iPhone riguardo a pettegolezzi infondati. Gente incolore.
Ragazzi, cerchiamo di aprire gli occhi e di smetterla di etichettare gli altri. Anch’io ho un iPhone. Anch’io a volte sono così stanca da spalmarmi sul divano a guardare roba che è meglio non citare. Anch’io posso sbagliare una parola. Eppure questo non fa di me una persona incolore, o stupida.
Viviamo in una società frenetica, dove si sgobba giorno e notte, persino con la febbre, per non rischiare di perdere il posto di lavoro. Lavoriamo, corriamo a fare la spesa, torniamo a casa e cuciniamo. Tutte cose che Alice e io chiamiamo “bagni di realtà”. Aggiorniamo i nostri contatti sui social network, mettiamo like a qualche foto di sconosciuti che vivono a migliaia di chilometri da noi, poi ci stendiamo sul divano e guardiamo la tv senza più energie, addormentandoci venti minuti dopo senza aver visto quel bel film che volevamo vedere. Siamo talmente saturi di doveri da voler solo continuare a mangiare i giorni nella speranza di poter trarre un sospiro di sollievo.
È chiaro che un ritmo simile non aiuta la lettura (e neanche la scrittura). Non aiuta nemmeno a sognare. Certo, al mondo esiste anche gente che detesta i libri, che ne è annoiata, ma non sono tutti così. Per fortuna, esiste anche chi si nutre di storie. Persone che se private della lettura cadono in depressione, gente che ha un bisogno costante di vivere in un altro mondo, che sia Hogwarts o Westeros.
Bene, l’editoria VIVE per queste persone e gli scrittori VIVONO affinché loro possano sognare di VIVERE realmente, chi di avventure, chi di amore e chi di tensione.
Quindi, prima di dire che l’editoria è morta, aspettiamo. Prima di persuadere un vostro amico a mollare la scrittura, aspettate. Lasciamo che i lettori affezionati continuino a sognare e proviamo ad avvicinarci a coloro che hanno perso la forza di farlo. Diamogli un posto dove rifugiarsi, o un personaggio (Gatsby, ti amo Gatsby) da amare. Prendiamoli per mano e ficchiamogli il naso dentro alle pagine di un libro, dove potranno inebriarsi del profumo di carta. Vedrete che anche loro, un poco alla volta, diventeranno sognatori.
L’editoria non morirà, finché ci saranno dei lettori.
- Francesca
- Francesca